Non profit

Cile, sotto i colpi del terremoto

La violenza inaudita del sisma, le difficoltà degli aiuti

di Franco Bomprezzi

Dopo Haiti, il Cile. Un terremoto di potenza tremenda, lo tsunami sulle coste povere, il paese sudamericano è messo a dura prova, e i giornali di oggi fanno il punto su questa nuova tragedia e sugli aiuti umanitari.

“Inghiottiti dal mare dopo il terremoto”, titola il CORRIERE DELLA SERA in taglio medio in prima pagina. All’interno i servizi occupano le pag 5 e 6. L’inviato Rocco Cotroneo scrive da Talca e a pag. 6 firma un reportage sui “Duecento desaparecidos dei campeggi spazzati via”. I campeggi di Lloca e Curanife, sul mare grigio e gelido dietro casa, sono le ferie semplici dei cileni che non hanno soldi per volare all’estero. Quindi tenda, o bungalow, l’auto parcheggiata a fianco, la tavola da surf sul portapacchi, scorte di viveri portati da casa per spendere meno. Da sabato notte il mare povero dei cileni non esiste più, spazzato via da un’onda che potrebbe aver raggiunto, dicono, un’altezza di 10 metri. Ha travolto la costa e una piccola isola davanti alla città di Concepcion, chiamata Orrego. Sabato all’alba, quando la presidente Michelle Bachelet convocava i giornalisti per smentire le voci di un catastrofico e imminente tsunami, l’oceano si era già abbattuto su questo pezzo di Cile, lontano dai palazzi non anni luce ma appena 300 chilometri. Solo mancanza di informazione? O un eccesso di hybris, da parte di un governo che diceva anche di voler fare a meno degli aiuti internazionali, un classico di qualsiasi terremoto?». Per leggere gli aggiornamenti dell’ultima ora sul bilancio della catastrofe occorre però affidarsi alla versione on line del giornale: mentre si scava per cercare di salvare le persone rimaste sepolte sotto le abitazioni crollate per il terremoto di 8,8 gradi Richter di sabato, sono salite a circa 140 le scosse di assestamento registrate in Cile di magnitudo Richter superiore a 4,5. Le repliche sismiche si sono verificate in una fascia estesa 500 km. Le vittime finora registrare sono 711, ma i soccorritori stanno raggiungendo le zone più vicine all’epicentro». Poi c’è il nodo degli sciacalli: «Il coprifuoco dalle 21 di sera alle 6 di mattina (le 10 in Italia) è entrato in vigore nella regione di Maule e a Concepcion, gravemente danneggiata dal sisma, dove centinaia di saccheggiatori hanno preso d’assalto i negozi in cerca di cibo e altri beni. Ma anche nella capitale Santiago ci sono stati episodi di saccheggio. «Nessuno si è presentato per portare aiuti e ci serve più polizia per mantenere l’ordine. Qui c’è troppa gente che sta rubando», ha testimoniato una donna di 78 anni a Talca, una delle città più colpite dal sisma.  A Concepcion i senzatetto accampati lungo le strade, hanno scatenato la loro ira contro i pompieri che stavano distribuendo acqua potabile in thermos  danneggiando i veicoli dei vigili del fuoco. In alcuni casi le forze dell’ordine sono intervenute con il lancio di lacrimogeni e l’utilizzo di idranti, mentre i supermercati per evitare il saccheggio hanno distribuito gratuitamente acqua e viveri». 

“Cile in ginocchio, altre cento scosse”: è il titolo de LA REPUBBLICA che alla sciagura in Sudamerica dedica tre pagine interne. Riferisce l’inviato Omero Ciai: sarebbero più di 700 i morti ma è presto, scrive, per fare un bilancio del terremoto che ha colpito il paese, anche per via delle continue scosse. Ieri la presidente Bachelet ha dichiarato lo stato d’emergenza e deciso il coprifuoco a Conception (dove almeno 100 persone sono ancora intrappolate sotto un palazzo crollato). Il ministro della Difesa si è scusato ufficialmente perché lo tsunami che ha raggiunto la costa non era stato previsto in tempo e non sono stati messi in pratica piani di evacuazione. In appoggio un pezzo dello scrittore Luis Sepulveda: “Il mio grido lungo due minuti nel Paese alla fine del mondo”. «Noi cileni abbiamo una sorta di cultura del terremoto e sappiamo che i grandi cataclismi cominciano in modo lieve e continuano con un infernale crescendo… Questo terremoto è stato diverso: è cominciato scaricando tutta la sua violenza, grado 8,5 della scala Richter, e ha continuato in questo modo per due minuti»; «nel pieno della tragedia le cilene e i cileni hanno dimostrato una volta di più il loro aspetto di popolo organizzato  e solidale». Analogo il tenore dell’intervento di Isabel Allende: “Il mio Cile ferito ha già rialzato la testa”: dalla California dove vive, la scrittrice racconta la sua esperienza: ore di panico in cui non le è stato possibile mettersi in contatto con i suoi parenti…. Da Concepcion, Gabriella Saba: la città distrutta, i negozi chiusi per mancanza di elettricità, la gente che ha fame, degli aiuti fino a ora non c’è traccia. Infine un pezzetto “Da Atene a Lima, ecco le capitali a rischio”, che fornisce una mappa delle città potenzialmente pericolose: «bombe a orologeria» afferma Roger Bilham dell’università californiana. Poche le metropoli con gasdotti ed elettrodotti a prova sismica.

Due pagine dedicate alla violenza della natura su IL GIORNALE. Con la cronaca e  un pezzo che ci dice «perché Santiago non sarà un’altra Haiti». «Perché l’economia è stabile e solida. I danni sono limitati grazie a investimenti nelle strutture antisismiche». Il pezzo a firma Manila Alfano ripercorre la storia del paese che ora è guidato da una donna, Michelle Bachelet, «la prima donna in un paese maschilista come quello cileno che ha dimostrato tutta la sua forza. L’11 marzo lascerà il potere a Pinera e se ne va da vincitrice assoluta: 84 per cento di approvazione popolare. Sabato scorso subito dopo il terremoto è apparsa in tv, con uno dei suoi completi colorati, e ha rassicurato il suo popolo».  La natura è stata violenta anche in Europa registra il GIORNALE i morti, oltre 50, e i disastri che ha lasciato la tempesta Xyntia con venti oltre i 200km/h. In Vandea e Charente Maritime le vittime sono state 45.

“Catastrofe Cile, 700 morti” titola in prima pagina LA STAMPA. Oltre alla cronaca dell’accaduto e alle interviste, che occupano la prime pagine dell’edizione di oggi, LA STAMPA approfondisce la questione aiuti e ong. “Effetto Haiti, rallenta la corsa degli aiuti” è il titolo di un primo piano a pagina 4: Croce Rossa e Medici senza frontiere sono le due organizzazioni che hanno fatto partire subito gli aiuti verso il Cile, ma le altre ong, «la miriade di piccole associazioni, fondamentali in genere nell’opera successiva di ripristino della normalità e di ricostruzione» «dopo l’impegno prodigato ad Haiti, in cui sono ancora presenti, rischiano ora il collasso». La denuncia arriva in particolare dagli Usa: l’Agenzia per lo sviluppo internazionale Usa prima del sisma in Cile aveva allertato molte ong impegnate ad Haiti che i costi sostenuti sull’isola erano così alti da richiedere un taglio di fondi per altre missioni. «Diventa difficile essere presenti in Cile come lo siamo stati ad Haiti» dice a LA STAMPA Farshad Rastegar, a capo di Relief International il cui quartier generale è in California: «Faremo del nostro meglio, ma siamo al collasso».

E inoltre sui giornali di oggi:

MIGRANTI

LA STAMPA – “Se l’emigrato incrocia le braccia”: un primo piano sulla manifestazione di oggi, lo “sciopero degli immigrati, che si ispira all’iniziativa francese “24 ore senza di noi”. Oltre alle interviste agli organizzatori e a immigrati inseriti stabilmente nella società italiana, LA STAMPA dedica un pezzo agli immigrati “3G”: se gli immigrati di seconda generazione «navigano fra culture diverse, i loro figli crescono immersi nelle abitudini e nelle tradizioni italiane» scrive LA STAMPA: per loro lo stato italiano applica le norme dello ius sanguinis  ovvero concede la cittadinanza solo se uno dei genitori l’ha già ottenuta. Senza eccezioni: una proposta di legge del Pd per garantire il passaporto ai “3G”, come succede in quasi tutti i Paesi europei, è ferma da un anno al Senato. Gli esperti di immigrazione avvertono che una situazione di stallo potrebbe alla lunga creare problemi sul fronte dei diritti e dell’uguaglianza ma anche su quello della sicurezza. In Gran Bretagna sono stati proprio i musulmani di terza generazione  a diventare terra di conquista per l’estremismo islamico: «Un integralismo di ritorno per ricostruirsi un’identità» spiega Paolo Briata, studiosa di dinamiche migratorie del Politecnico di Milano. Le “3G” sono persone che si sentono parte del Paese in cui vivono ma che continuano a subire discriminazioni, nonostante abbiano acquisito per nascita la lingua e la cultura del posto. Da qui la frustrazione. «Non a caso Londra dopo gli attentati del 2005 sta cercando di sviluppare una politica sociale che coinvolga esclusivamente le 3G» spiega Briata.

IL GIORNALE – “Una regia europea dietro il primo sciopero degli immigrati” La protesta infatti anche in Francia, Spagna e Grecia. « Gli organizzatori sottolineano  la spontaneità dell’iniziativa che viene presentata come apolitica e apartitica. In Italia la sostengono Rifondazione comunista,  Sinistra e Libertà, Cgil, Cisl, Uil, Emergency, Legambiente», si legge a pag. 12. Un’infografica ci dice che 4 milioni e 800 mila sono gli immigrati al 1° gennaio 2009, di cui 1milione  e 200mila  i musulmani, circa un milione i rumeni, 9,7% è la quota del prodotto interno lordo italiano generato dal lavoro degli immigrati.

IL SOLE 24 ORE – “Immigrati in fila per le case popolari”: «Nelle grandi città, infatti, sta aumentando il numero degli immigrati che ottengono un alloggio di edilizia residenziale pubblica:  a Milano, il 17,2% delle case popolari assegnate, ad oggi, ha un titolare straniero». Un segnale da un lato di crescente integrazione, sottolinea Carlo Giorgi nel suo pezzo, dall’altro anche di fragilità economica legata alla crisi. Sempre sul tema immigrati la pagina dedicata al volontariato: “Il non profit apre agli stranieri”, una ricognizione sulla presenza dei migranti nelle associazioni. Da un lato le associazioni di stranieri su base etnica, dall’altra nell’associazionismo che si occupa di migranti.

POLVERINI
IL GIORNALE – Il titolo di copertina  riguarda la mancata presentazione della lista in tempo utile è il grottesco risultato degli equilibrismi per accontentare gli ex di Forza Italia e gli ex di An. Che creano un mostro burocratico e inefficiente. Alessandro Sallusti nel fondo scrive: «Dicono che i Carabinieri vadano in giro  in due perché uno sa scrivere e l’altro sa leggere (falso, ma divertente). Anche il Pdl, i suoi, li manda in giro in due. Entrambi si presume abbiano i rudimenti della lingua scritta e parlata, viaggiano in coppia per un altro motivo: uno è un ex di An, l’altro è un ex di Forza Italia. Si marcano a vista perché se è vero che il partito è unico, fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. E a furia di marcarsi e controllarsi a vicenda s’incartano e dimenticano l’obiettivo».

XYNTHIA

LA REPUBBLICA –  La bufera Xynthia investe l’Europa. 45 morti in Francia, devastata la Vandea. Il ciclone si è formato sull’Atlantico e ha investito dapprima il Portogallo, poi la Spagna e ha quindi raggiunto la Francia dove si è scatenata una bufera senza precedenti. Un milione di case sono rimaste senza elettricità. Il premier Fillon ha riunito d’urgenza alcuni ministri e parlato di «catastrofe nazionale». Fenomeni come questi non sono straordinari nei paesi nord-europei ma la loro frequenza è aumentata negli ultimi anni.

GRANDI OPERE
ITALIA OGGI – Nel pezzo “Opere pubbliche, ecco tutti i lavori che daranno nuova linfa all’economia”, il giornale dei professionisti pubblica i risultati del rapporto Dla Piper sulle principali operazioni di project financing degli ultimi mesi. Oltre a un quadro economico secondo il quale  emerge che la torta delle grandi opere pubbliche vale 46 miliardi di euro, il rapporto mette in evidenza lo stato del project finance e del partenariato pubblico privato in Italia. Il nostro paese, si legge nel pezzo «e’ tra i primi paesi in quanto a risorse stanziate per le grandi opere, dall’atro presenta un gap enorme proprio nella capacità di realizzazione finale dei progetti. Nel pezzo anche un approfondimento sui difetti di sistema, i problemi che riguardano le procedure amministrative, i punti di debolezza del settore pubblico, e dati preoccupanti come quello relativo al fatto che il 9% del settore pubblico non è in grado di preparare uno studio di fattibilità.


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