Non profit
Contro le utopie del Novecento cercò di fare Comunità
Parla Aldo Bonomi: «La sua inattualità è molto attuale»
Da lui bisogna prendere il coraggio di dire una parola ancora indicibile come comunità, non come categoria fissa e immutabile ma come ipotesi
di lavoro per qualcosa che ancora non c’è Ha un’allergia istintiva per ogni beatificazione olivettiana, eppure quando ha dovuto scegliere il nome della rivista che dal 2005 dirige ha pescato proprio dal serbatoio di pensiero di Olivetti. Edizioni di Comunità era il nome dell’editrice del grande imprenditore piemontese e Communitas è il nome della rivista diretta da Aldo Bonomi. Olivetti riletto da Bonomi non è un grande sogno fallito e a cui guardare con nostalgia, ma un’ipotesi di lavoro ancora valida. Da mettere in pratica senza idealismi. Le categorie di territorio, di comunità, di flussi sono quelle di cui Olivetti aveva intuito la centralità 60 anni fa. Ma non sono categorie cristallizzate. E non c’è una formula che aiuti a risolverne i conflitti. L’unico orizzonte è quello della sperimentazione.
Vita: Oggi tutti dicono: Olivetti ci aveva visto giusto. È davvero così?
Aldo Bonomi: Niente mitizzazioni, per favore. Oggi è tornato d’attualità un concetto che Olivetti aveva intuito in modo inattuale: quello di comunità. Però il modo per accogliere quel concetto è farne tesoro per andare oltre; sottoporre al fuoco della critica quell’esperienza.
Vita: Perché Olivetti fu “inattuale”?
Aldo Bonomi: Perché propose l’idea di comunità nel secolo delle classi. In quel momento comunità era letta come eredità prenovecentesca e la sua forma attualizzata allora era quella sussunta nel concetto di classe o in quello di nazione, con tutti i disastri di cui sappiamo. Due forme perverse, che fossero di destra o di sinistra. Oggi quei due paradigmi novecenteschi sono diventati inadeguati, e sono stati travolti dalla crisi. Così il concetto “inattuale” di comunità è diventato attualissimo, come dimostrano tanti pensatori di oggi, a partire da Bauman e Nancy.
Vita: Comunque per Olivetti comunità non restò solo un’idea. Fu anche una realtà messa in atto?
Bonomi: La sua forza è quella che io chiamo “eterotopia”. Cioè cercò di costruire la comunità lì e subito, contro le utopie di chi voleva partire dalla conquista dello Stato. Contrappose al fordismo hard della Fiat di Valletta, quello dolce della comunità di fabbrica, della rete di servizi, del rapporto aperto con il territorio. Esattamente l’opposto dell’orizzonte concentrazionario di Mirafiori e della “one company town”. Fece anche di più, perché esportò questa dinamica delle microcomunità di territorio in altre zone d’Italia. Si schiantò quando pensò di tradurre tutto questo in movimento politico. Si trovò schiacciato dalle dimensioni del partito di massa, dall’ideologia delle classi.
Vita: Questo che cosa insegna a noi oggi?
Bonomi: Che la comunità è sempre qualcosa che viene. Che va vista come qualcosa che non c’è. Oggi torna come assenza. Come mancanza di legami sociali. Se forziamo questo cammino, ci esponiamo a un pericolo, quello della comunità rinserrata che riafferma il territorio come specificità gelosa e chiusa. Da Olivetti bisogna prendere il coraggio di dire una parola indicibile. Se invece vince la tentazione di fare della comunità una categoria fissa e immutabile, cadiamo nel rancore o nella retorica. Questo vale per chi come la Lega quota la comunità al mercato della politica, ma anche per chi lavorando nel sociale resta nell’autoreferenzialità.
Vita: Una è una forma aggressiva, l’altra remissiva. Non sono opposte?
Bonomi: No, perché le ritengo due pratiche oscurantiste. Da una parte quella rinserrata dei padani, dall’altra quella che vorrebbe fermare la storia, alla Latouche. Invece la comunità deve vivere a tu per tu con l’ipermodernità, deve misurarsi con il suo fascino. Non può mettersi al riparo.
Vita: Ma il mondo di Olivetti non era anche quello un mondo protetto?
Bonomi: No. Perché in lui prevale sempre il tentativo, l’innovazione. Quella di Olivetti resta sempre una pratica incompiuta. In compenso produce pensiero avanzato, produce cultura con la quale continuiamo a misurarci oggi. Lì nascono tante idee come quella di sviluppo locale, di responsabilità sociale dell’impresa. È l’aspetto di sperimentazione che fa di Olivetti un qualcosa di attuale.
Vita: Attuale in che modo?
Bonomi: Ad esempio concependo la comunità come una zeppa da mettere nei processi di globalizzazione. Lui in fondo aveva fatto questo nei confronti delle ideologie vincenti del secolo passato.
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