Cultura

In compagnia di un angelo

Chi ha avuto la fortuna di incontrarla non rimaneva più uguale a prima. Studenti e intellettuali, laici e religiosi venivano toccati per sempre. Siamo andati a cercare alcuni di loro.

di Cristina Giudici

Qual era il segreto di Madre Teresa? Perché la sua persona attirava e affascinava tante persone giunte a Calcutta da ogni angolo della Terra, e perché la sua opera continua ad attrarre e affascinare ancor oggi? A un anno dalla sua morte, la piccola ma tenace suorina albanese continua a costituire per certi versi una specie di mistero. Il mistero di un amore infinito, capace di cambiare il mondo senza pretendere di migliorarlo, di combattere la miseria senza pretendere di estirparla, di dare felicità affondando . «Noi non siamo assistenti sociali. Servendo, ho ricevuto molto più di quanto ho dato», diceva Madre Teresa. Per cercare di capire il suo segreto, siamo andati a cercare alcune di queste persone la cui vita è stata toccata dall?incontro con Madre Teresa. In queste pagine, ecco i loro racconti. Madre Teresa mi aspettava Igor Cristoferi, 28 anni, dipendente della Federal Express. Due anni fa andò a Calcutta e… È una strada che rimarrà per sempre impressa nella mia mente: A. J. C. Bose road 54/7. Ci sono arrivato da solo, nel novembre del 1996. Ho bussato alle dieci di sera e una suora mi ha aperto con un?aria un po? trasecolata. La mattina dopo sono entrato nel Prem Dam, il centro di accoglienza per i morenti. Da sempre avevo desiderato fare un?esperienza di volontariato, ma quando sono entrato, beh… ho subito cercato la porta per uscire. In India la miseria si manifesta con immagini mostruose, al punto che nessuno sa dire esattamente di cosa si ammali la gente. Di tutto. Ho visto corpi ricoperti di vermi, i piedi gonfi, completamente infettati, ferite aperte, corpi bucherellati e lacerati dalle infezioni. Davanti a quello spettacolo mostruoso, mi sono messo a pulire come facevano gli altri volontari, ma in realtà volevo solo scappare via. C?era un uomo che non dimenticherò mai. Era ammalato di tubercolosi e aveva un grosso buco sul collo. Una suorina mi si è avvicinata e mi ha chiesto di dargli da bere attraverso un imbuto. L?ho fatto e subito dopo mi è morto fra le braccia. Alle due di pomeriggio, come sempre, i volontari escono dal centro e alle sei, se vogliono, vanno alla casa madre, dove si recita il rosario. Ci vanno cattolici, induisti, musulmani, laici. Vengono da ogni parte del mondo. Lì, nella cappella, l?ho vista. Piccola, indifesa, già malata. Madre Teresa era seduta sulla carrozzella , nel lato sinistro della cappella. Quando è venuto il mio turno, mi sono avvicinato. Non so esattamente perché, ma improvvisamente mi sono cedute le gambe e sudavo freddo. Un?emozione che mi ha preso di sorpresa, non me l?aspettavo. Lei mi ha preso la mano, mi ha sorriso e ha detto: «Come è andata la tua giornata?» e allora ho pensato che mi stesse aspettando. Sarà stato il suo sguardo penetrante, il suo spirito che mi ha avvolto, come se fosse un abbraccio eterno, non so. Ma in quel momento ho sentito una grande forza dentro di me e sono rimasto. Così, ogni pomeriggio sono tornato puntuale, alle sei, per vederla, stringerle la mano, respirare la sua forza, rinfrancarmi di tutta la sofferenza e il dolore che vedevo nel centro. Molti volontari scappavano dal Prem Dan, pazzi per l?impotenza, perché se c?erano medicine non c?erano siringhe, o le garze finivano. Eccetto quando arrivavano medici volontari, non c?erano farmaci e si faceva quello che si poteva. Molti uscivano pazzi perché le suorine pensavano molto alla cura spirituale. Ma io in seguito ho capito l?insegnamento di Madre Teresa. Ho capito il valore delle piccole cose, ho imparato che la morte appartiene allo stesso mistero della vita, che va vissuta con serenità e soprattutto che la miseria in India non si può curare. Quegli uomini e quelle donne che ogni giorno entravano a Prem Dam, non arrivavano nella speranza di guarire, ma di morire bene. Perciò, anche se sembra incredibile, ho visto tante persone morire col sorriso sulle labbra. Madre Teresa mi ha insegnato ad apprezzare ogni pensiero e ogni momento della vita, a non lasciarmi prendere dalla frenesia, dal troppo consumismo. Ha modificato il mio sguardo sulla vita e grazie a lei oggi sono molto più sereno, perché i problemi di tutti giorni non mi spaventano più tanto. O forse solo perché lei mi aspettava da sempre e da allora non mi sono più sentito solo. Nelle mie foto c?è la sua luce Morihiro Oki, 69 anni. Fotografo e autore di vari libri su Madre Teresa La prima volta che andai in India era il 1974. In un negozio di libri usati trovai un testo,?Something good about God? (Qualcosa di buono su Dio) che parlava di Madre Teresa. Fu così che entrai per la prima volta nel centro per morenti a Calcutta e sentii il sangue gelarmi nelle vene. Capii che avevo trovato qualcosa di grande, inspiegabile. L?anno dopo, finalmente, riuscii a incontrare Madre Teresa. Il cuore mi batteva forte mentre lei parlava con la sua voce fievole, sorridendo. Le dissi che ero stato molto colpito dal suo impegno umanitario Lei mi rispose: «Non so cosa intendi per umanitario perché io lavoro solo per amore di Cristo». Alle 4 di mattina del giorno dopo tornai alla casa madre, nell?ora delle preghiere. Nella chiesa entrava una luce folgorante che mi sembrò lo scenario simbolico di un mondo fino ad allora ignoto. Da allora ho fotografato Madre Teresa e le sue sorelle in ogni modo. Sono stato in India 80 volte. Ho fotografato le sorelle mentre pregavano, nel centro per i morenti, nella casa degli orfani, ovunque. L?ultima volta che l?ho vista era l?11 gennaio del 1997. Pochi mesi prima ero in ospedale, lottando contro il cancro all?esofago, quando mi arrivò una sua cartolina. Era un ritratto di Maria con in braccio Gesù. Sopra aveva scritto di suo pugno: «Sei tu, Mr. Oki».Era un segnale. Quando uscii dall?ospedale, presi un aereo per Calcutta. Mi ricevette nella sua stanza privata. Una camera spoglia dove c?erano solo due piccoli materassi. Sdraiata, Madre Teresa sembrava ancora più piccola. Il dolore non le permise di alzarsi. Mi disse: «Grazie, sto bene perché Dio è con me», e mi mise le mani sulla testa. Non sono sicuro che mi avesse riconosciuto, ma quando la lasciai il mio cuore era pieno di gioia. Dentro di me la ringraziai per tutto quello che aveva fatto e le augurai un felice riposo eterno. Il mio libro ?Madre Teresa. Un amore senza limiti? è soprattutto un modo per ricordare chi era Madre Teresa, la luce di puro amore che emanava, qualcosa che non esiste nel mondo materiale. Mi nascondevo, lei mi trovò Fiore Crespi, 60 anni. Ex modella, oggi presidente dell?associazione Anlaids L?occasione fu un congresso sui progressi fatti nella ricerca della lotta all?Aids. Si trattava di un periodo difficile per me. Erano mesi in cui nutrivo molti dubbi se continuare a battermi o mandare tutto a ramengo. Ero fiaccata dall?egoismo e dall?indifferenza; dalla fatica e dagli ostacoli che non sempre permettono di sconfiggere i pregiudizi verso i malati di Aids. Burocrazia, ignoranza, interessi personali avevano tolto smalto agli entusiasmi dei primi tempi. Quel giorno non mi misi in prima fila, come mi sarebbe spettato. Ho preferito mescolarmi alla gente e guardarmi intorno. Non volevo apparire. Come d?incanto, lei si avvicinò e si mise proprio davanti a me. Era piccola, minuta e apparentemente fragile come un ramoscello. Si mise a sinistra, sotto l?altare, in un angolo. Non so perché, ma sentii un sussulto, così le ho tirato il velo spiegazzato e le ho detto sottovoce: «Mother, bless me, please», Madre, benedicimi per favore. Lei si voltò e mi sorrise con infinita dolcezza, e ho avuto l?impressione che mi avesse già conosciuto. Rispose: «God bless you», Dio ti benedica. La sua semplicità mi arrivò dritta al cuore e me lo gonfiò di emozione e gratitudine. Sta di fatto che da quel momento mi dico spesso: «Se lei ce l?ha fatta, così piccola e fragile, a combattere i Titani, a fare cose così grandi e straordinarie, dobbiamo farcela anche noi a non mollare, ad andare avanti». Quel giorno mi risollevai e poco tempo dopo la mia crisi personale passò. È difficile sapere se quell?incontro fu frutto di casualità, pura combinazione, o un incontro del destino. Ma da allora, anche dopo la sua morte, quando mi sento giù e mi viene voglia di lasciare tutto penso a Mother Teresa, me la immagino così forte e fragile allo stesso tempo e le dico: «Ehi, Madre dammi una buona idea, stringimi le mani, dammi un po? di forza. Sarà anche una pratica pagana, ma forse è vero che la volontà di credere nelle cose fa già mezz?opera. E fino a ora ha funzionato sempre, ve lo assicuro. Mi ha insegnato a non aver paura Don Piero Gelmini, 73 anni. Dirige la comunità di recupero per tossicodipendenti Incontro Nel 1991, quando mi sottoposi volontariamente alla sperimentazione del vaccino contro l?Aids suscitando una grossa polemica, Madre Teresa mi mandò una lettera struggente e commovente che rifletteva la sua straordinaria grandezza spirituale. Mi rincuorava dicendomi che avevo avuto coraggio «Come tu hai fatto», mi scrisse,«per poter amare e amare veramente, dobbiamo sacrificare noi stessi per la salvezza degli altri. Successivamente mi venne a trovare e andammo a visitare il centro di Aciglia. Insistette molto affinché andassi a Calcutta ad aprire una comunità. La ricordo come una donna forte e umile allo stesso tempo. Gracile ed entusiasta. Sembrava che fosse spinta dallo Spirito al punto che quando camminava sembrava che non toccasse per terra con i piedi. Il suo era un cuore senza confini e ogni giorno, quando penso a lei, mi dico che bisogna andare avanti nelle difficoltà, indifferenti ai risultati immediati della nostra opera. Madre Teresa mi ha confermato che il morbo più grande dell?umanità non è l?Aids, ma l?egoismo e che bisogna lottare non per il successo, ma solo per mettersi al servizio degli ultimi, per amore. Ammiro la forza di queste sorelle che si disperdono nel mondo, vivendo il disagio della miseria, la malattia e la morte. Lei ha aiutato tanta gente a morire . Madre Teresa mi ha insegnato soprattutto a non avere paura a trovare la gioia là dove regna la morte. Come una pietra in fondo al mare Krzysztof Zanussi, 69 anni. Regista polacco ha diretto diverse opere su Papa Wojtyla Lei diceva spesso:«Quando fai del bene, fallo come se gettassi una pietra nel mare profondo», ed è stato proprio così. Con la sua opera, lei ha gettato una goccia nell?oceano della miseria. La sua vita è stata sotto questo aspetto eroica. Madre Teresa ha combattuto contro l?oceano senza voler avere una vittoria assoluta, perciò è stata una santa, perciò la sua dimensione spirituale è stata infinita. Sì, perché lei sapeva che i poveri ci saranno sempre e che malgrado questo si può fare molto per restituire dignità e amore ai poveri. Il suo segreto spirituale non si può trasmettere. Come non si può trasmettere la sua forza e la sua modestia. Dopo la sua morte sono rimasto molto colpito dalla cattiveria della stampa anglosassone che attraverso delle forzature ha cercato di smontare pezzo per pezzo la sua grandezza per cercare di dimostrare che Madre Teresa è stata solo una montatura. Ma erano solo falsità. Il mio primo contatto con madre Teresa fu attraverso un centro di suore fancescane nei dintorni di Varsavia, un centro di accoglienza per bambini ciechi. La ricordo come una donna che senza mezzi materiali né strumenti intellettuali, aveva acquisito una fede straordinaria. È evidente che la Madre ha toccato qualcosa di fondamentale, la necessità insita in ogni uomo di credere, e la fede, profonda come quella di Madre Teresa che smuoveva le montagne e cambiava la vita della gente, non si può spiegare né argomentare.


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