Salute

Novità dalla ricerca. Prudenza ma ottimismo

I risultati che fanno più sperare. Una "scoperta" italiana

di Maurizio Regosa

L’alterato carico venoso cerebrale potrebbe esere uno dei fattori che causa
la sclerosi. Se così fosse, l’angioplastica potrebbe dare molte speranze.
La ricerca è di un professore italiano,
Paolo Zamboni, che così spiega le novità
Tornato dal Sahara Ramble (un impegnativo tour in automobile fra Italia, Spagna e Africa), il 45enne documentarista Pierluca Rossi, affetto da sclerosi multipla (vedi box a pag. 4), ha trovato ad accoglierlo alcune buone notizie sulla malattia sua e di altri 58mila italiani.
Una prestigiosa rivista scientifica ha pubblicato due studi americani per l’uso di immunosoppressori, mentre una équipe italiana guidata da Paolo Zamboni, dell’università di Ferrara, ha presentato un’ipotesi che se non è rivoluzionaria, poco ci manca. E cioè che la SM sia associata al restringimento del diametro e alla chiusura delle vene primarie esterne al cranio: l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (Ccsvi) potrebbe essere responsabile di danni al tessuto cerebrale e provocherebbe quindi la degenerazione dei neuroni.
«È una novità rispetto a quello che si è sempre pensato», commenta Marco Salvetti della Sapienza, «la SM ha diversi fattori causali: ciascuno può avere un impatto differente; stando ai dati di Zamboni l’alterato carico venoso cerebrale potrebbe avere un effetto maggiore di tutti gli altri fattori di rischio».
Se così fosse, si tratterebbe di riaprire le vene occluse con un’angioplastica da effettuare con il classico uso di “palloncini”. «Prima però occorre continuare a studiare: non ci vorrà molto tempo per capire come questa ipotesi si lega a quello che sappiamo della malattia. L’intervento è relativamente semplice, ma va fatto entro precisi protocolli e in ogni caso la cautela è d’obbligo», prosegue Salvetti.
Prudenza insomma ma anche ottimismo. Da parte loro Aism e Fism, che garantiscono il 70% circa della ricerca italiana sulla SM (negli ultimi vent’anni hanno investito 27 milioni di euro, finanziando circa 300 progetti e un centinaio di borse di studio; per il 2010 confermati 3 milioni per la ricerca) hanno incontrato Zamboni e i suoi collaboratori e deciso di finanziare la sua indagine per un possibile trattamento endovascolare della Ccsvi. «Aism appoggia i progetti innovativi, cercando di dare risposte scientificamente valide», conferma la presidente Roberta Amadeo, «dai ricercatori ci aspettiamo che mettano a punto terapie che possano influire positivamente sulla qualità della vita». Occorre però stare attenti alle illusioni: «Sono peggio delle ricadute. Ciò detto, nei prossimi tre, quattro anni finiranno altri trial dai quali ci si aspettano nuove terapie», sottolinea.
L’altra importante novità è rappresentata da due studi registrativi su medicine che potrebbero essere nelle farmacie italiane nel 2011 (sono state attivate le procedure presso l’Agenzia europea per i farmaci per commercializzarle): «Gli immunosoppressori hanno l’enorme vantaggio dell’assunzione orale e sono anche molto efficaci. Vanno però maneggiati con estrema cura», avverte Salvetti, «perché possono provocare effetti collaterali molto seri. Anche in questo caso c’è bisogno di verifiche, in particolare per le donne giovani affette da SM che vogliono avere figli. È probabile che non saranno prescritti ai neo-diagnosticati, ma piuttosto a quei pazienti che non rispondono più alle cure tradizionali. Si tratta comunque di un passo avanti: più si amplia l’armamentario a disposizione, meglio è».
Insomma, la battaglia non è vinta, ma le premesse sono buone. «Anche grazie», sottolinea il professor Salvetti, «al contributo italiano: da noi la ricerca sulle cellule staminali e sulle cause della malattia è qualitativamente al top, anche per merito dell’Aism».


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