Non profit
Il marketing sociale sgonfia il SuperBowl
Dopo 23 anni il gigante dei soft drink ha puntato sulla beneficenza disinvestendo i 20 milioni destinati alla finale. Una rivoluzione figlia di una strategia
Non è bastata la popolarità della finale di football americano, il cosiddetto SuperBowl, e nemmeno i 107 milioni di spettatori di media che l’evento ha fatto registrare lo scorso 7 febbraio. La Pepsi Cola, dopo 23 anni trascorsi da inserzionista dell’evento, ha voltato pagina. Il big delle bevande ha infatti deciso di non utilizzare i 20 milioni di dollari destinati a una manciata di costosissimi spot da 30 secondi in programma per l’evento, e ha scelto al suo posto di finanziare un progetto di beneficenza,«Rinfresca ogni cosa», degno del miglior Web 2.0: www.refresheverything.com. Qui, gli utenti possono pubblicare un proprio progetto o votare quello di altri. Pepsi sceglierà ogni mese, fra i più votati, i progetti a cui darà un finanziamento, che va dai 5mila ai 250mila dollari, per un totale di 1 milione e 300mila dollari di fondi da elargire ogni trenta giorni. Fino ad esaurimento.
Che Pepsi rinunciasse, però, a un palcoscenico come quello del SuperBowl è cosa che ha colpito molti. L’azienda, d’altro canto, deve aver fatto tesoro del Millennial Cause Study, pubblicato qualche anno fa da Cone Inc., secondo cui il 69% dei consumatori sono inclini a scegliere i prodotti di una azienda in base all’impegno della stessa azienda per l’ambiente, mentre addirittura l’89% degli acquirenti sarebbero disposti a cambiare marca nel caso in cui il prodotto concorrentelegasse il suo nome a una giusta causa.
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