Welfare

Fecondazione assistita made in Legacoop

A Catania inaugurato il più grande centro in Italia

di Sara De Carli

«Difficile resistere alla logica commerciale», ammette il direttore Antonino Guglielmino. Ma qui gli interventi costano
la metà. Grazie anche
a un’associazione molto combattiva sul fronte
della legge 40 La cooperazione scopre il business della procreazione assistita. Lo fa con una coop siciliana, la Unità di Medicina della Riproduzione, affiliata a Legacoop, nata nel 1998: oggi conta 22 professionisti. In questi anni hanno seguito più di 6mila coppie e avviato 2.500 gravidanze. A metà gennaio ha inaugurato a Catania un nuovo centro di pma: con 2.245 metri quadri è il più grande d’Italia. Un intero piano è dedicato a spazi di incontro per le coppie in cerca di un bimbo, inclusi quelli per l’associazione Hera. Il tutto è costato a Umr 4,5 milioni di euro, «la metà del patrimonio accumulato negli anni con il lavoro dei nostri soci», spiega Antonino Guglielmino, 51 anni, ginecologo e presidente della cooperativa. Per lui è un vanto «non aver alcun finanziamento pubblico»: ora c’è un debito di 1,3 milioni di euro con le banche, «ma il nostro fatturato annuo si aggira sugli 1,8 milioni e i pazienti stanno già aumentando».
Difficile immaginare una coop in questo settore: «È difficile resistere alla tentazione speculativa, fortissima perché c’è in gioco il primordiale desiderio di un figlio», ammette Guglielmino, che ci tiene a presentare il centro come «non profit». Sul sito c’è il tariffario delle prestazioni: una Fivet in effetti costa 1.630 euro, meno della metà di quei 4mila euro che i siti specializzati indicano come media.
Fin qui i conti. Ma i pazienti sciamano a Catania anche per altre ragioni: questo centro, infatti, è il braccio operativo di una delle associazioni di pazienti più attive nel combattere i divieti della legge 40, ricorso su ricorso. Non per nulla sul listino del centro c’è anche la diagnosi preimpianto: 2.400 euro. «Sì, la facciamo, ma solo su pazienti infertili», spiega Guglielmino. La sua versione è che «la legge non l’ha mai vietata, certo con i vincoli sugli ovociti fecondabili e sul congelamento di embrioni, non era più una buona pratica. Dopo la sentenza della Corte costituzionale, non ci sono problemi. Noi informiamo la coppia sullo stato di salute dell’embrione, poi è lei a decidere».
Al Centro della Umr quindi si fa diagnosi preimpianto e si applica in toto la sentenza della Corte costituzionale: si congelano embrioni e fecondano più di tre ovociti. Anche se, precisa con grande equilibrio il dottor Guglielmino, «fecondiamo e congeliamo il meno possibile, la nostra ottica è la salvaguardia della salute della donna. Da quando c’è la sentenza, paradossalmente, le donne accettano con più tranquillità l’impianto di soli due embrioni: abbiamo azzerato le gravidanze trigemine». Chi paga i costi di congelamento? Guglielmino ride: «Vede che imprenditori sprovveduti siamo? Lo paghiamo noi, anche se ora i numeri stanno crescendo, e le cifre in ballo pure».


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