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L’Ue proroga le sanzioni contro Mugabe

Le organizzazioni umanitarie approvano la decisione

di Emanuela Citterio

L’Unione europea ha deciso di estendere le sanzioni contro il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe e gli alti dirigenti del suo partito, lo Zanu-Pf, una decisione che è stata approvata anche dalle organizzazioni umanitarie, riporta oggi l’agenzia Irin News.

A motivare la decisione, si legge sul bollettino ufficiale dell’Unione europea, è stata la mancanza di progressi nell’applicazione del Global Political Agreement (Gpa) firmato nel settembre del 2008.

L’Ue ha imposto per la prima volta sanzioni contro il governo dello Zimbabwe nel febbraio del 2002, sanzioni che comprendevano il divieto di viaggiare e il congelamento dei conti bancari dei dirigenti del partito Zanu-Pf. La lista delle persone colpite dalle sanzioni è cresciuta fino a comprendere 200 individui e 40 aziende legati a Mugabe e al suo partito.

«Le sanzioni sono dirette solo alle persone che l’Ue giudica responsabili per la violenza, le violazioni dei diritti umani e l’impedimento di elezioni libere e regolari in Zimbabwe» ha precisato l’Ue in una dichiarazione.

L’Ue ha resistito alla richiesta di istituzioni come la Southern African Development Community di cancellare le sanzioni quando il nuovo governo di unità nazionale è stato formato nel 2009, decidendo di osservare lo sviluppo della situazione.

Mugabe e il suo partito hanno da perte loro sostenuto che il crollo economico del Paese, i servizi sociali al collasso e la prolungata crisi alimentare, sono una conseguenza delle sanzioni. 

La decisione di non cancellare le sanzioni «è la dimostrazione che l’Unione europea è consapevole che non ci sono stati miglioramenti per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, da quando il govenro di unità nazionale è stato formato» ha detto a Irin Tiseke Kasambala, esponente di Human Rights Watch. «Tutti gli apparati di oppressione del partito di Mugabe sono intatti e non vedo nessun progresso possibile verso la democrazia fintanto che lo status quo resta quello attuale».

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