Non profit
Volontari a progetto ecco il nuovo trend
Parla Renato Frisanco, ricercatore sociale
Le persone oggi cercano uno status, percorsi formativi specifici, tempi certi di servizio e rinegoziano continuamente la propria appartenenza in base a quel che ricevono «Cresce quel volontariato in cui le persone hanno uno status, ci sono percorsi formativi specifici e una efficiente organizzazione»: è la convinzione di Renato Frisanco, ricercatore della Fondazione Roma – Terzo settore che da anni studia questo fenomeno.
Vita: Qual è la misura di tale crescita?
Renato Frisanco: Tra 2001 e 2008 il volontariato della partecipazione civile e quello legato all’ambiente sono aumentati dell’8%. La protezione civile cresce in relazione alla consapevolezza dell’importanza di questo settore. Il volontariato legato ai beni culturali si spiega con il recupero dell’appartenenza: la popolazione tende a conservare valori e identità del territorio.
Vita: Questo volontariato attrae molto i giovani.
Frisanco: Sono attirati da buona organizzazione e buona formazione. A loro piace lavorare per progetti e in contesti efficienti, in cui fare esperienze di crescita personale e professionale.
Vita: La cultura del progetto è poi quella del risultato.
Frisanco: I giovani scelgono una organizzazione, ma rinegoziano costantemente la loro appartenenza in base a quello che ricevono. Il progetto non li lega in modo definitivo.
Vita: Rinegoziare l’appartenenza: una novità.
Frisanco: L’importante è che le organizzazioni valorizzino e comprendano la domanda dei giovani che è complessa. Non c’è solo la spinta altruistica. C’è quella formativa, motivazionale. Naturalmente una parte di loro cerca esperienze più informali.
Vita: Tornando al volontariato in casacca, la crescita non è causata dai soli giovani.
Frisanco: Un volontariato organizzato e protocollato aiuta la partecipazione. Le persone mettono a disposizione alcune ore e anche il loro tempo risulta in qualche modo disciplinato.
Vita: Possono organizzarsi meglio.
Frisanco: In molte organizzazioni che perdono volontari, quelli che rimangono non hanno orari.
Vita: Alla lunga è poco sostenibile…
Frisanco: Diventa un problema. Funzionano le organizzazioni dove tutti fanno un certo numero di ore programmate, c’è turnazione, ognuno rispetta le esigenze degli altri. Si fa squadra.
Vita: Quanto incide la consapevolezza di svolgere un servizio che altrimenti il pubblico non potrebbe portare avanti?
Frisanco: I volontari sono consapevoli che l’ente pubblico non può arrivare a tutto e sanno di svolgere una funzione complementare, non sostitutiva. Operano volentieri proprio se si sentono cittadini attivi che devono corresponsabilizzarsi con le istituzioni.
Vita: Vi sono però funzioni che sono svolte solo dai volontari.
Frisanco: Quanto meglio è organizzata la protezione civile pubblica, tanto più è efficiente anche il volontariato. Se dà buone indicazioni, rafforza il ruolo del volontario. Lo fa sentire dentro un progetto nazionale.
Vita: Però a L’Aquila le organizzazioni hanno sottolineato un eccesso di dirigismo.
Frisanco: Sono due cose diverse. Indubbiamente serve un input organizzativo da chi ha la regia dell’emergenza. Altro conto è l’autonomia operativa delle organizzazioni. Sono loro che decidono quale progetto fare, come e dove intervenire.
Vita: Il volontariato delle ronde non decolla. Come mai?
Frisanco: Perché è una invenzione governativa, calata dall’alto. I cittadini la prevenzione la fanno a modo loro, occupandosi di immigrati e ascoltandone i bisogni. Nella cultura del volontariato non c’è un compito di ordine pubblico, non c’è il controllo dell’altro.
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