Vittorio Feltri rischia di passare alla storia come il primo direttore che, con un colpo solo, atterrò due direttori. E che direttori, quelli dei due più blasonati quotidiani cattolici, L’Avvenire e L’Osservatore romano.
Disarcionato Dino Boffo con uno scoop cialtrone, ha macchiato in modo forse indelebile anche l’immagine di Giovanni Maria Vian. Con fare obliquo, alternando ammissioni a mezza bocca e smentite ufficiali, Feltri ha avallato i peggiori sospetti sul direttore del giornale della Santa Sede. Facendo credere che sia stato proprio lui, Vian, l'”avvaloratore finale” della velina anti Boffo. Sospetti che gli amici dell’ex direttore di Avvenire consideravano certezze. E che forse nemmeno l’infuocata smentita della Segreteria di Stato vaticana, pubblicata il 9 febbraio, riuscirà a cancellare del tutto. Divisioni e risentimenti abilmente sfruttati da quel cinico furbacchione di Feltri.
Ora rischia la radiazione dall’Ordine dei giornalisti. E i motivi non mancherebbero. Ha sparato – contro il Boffo fustigatore dell’immoralità privata di Berlusconi – un documento rivelatosi una mezza patacca, che lo dipingeva come un molestatore omosessuale. L’unica sua difesa era sostenere che quel documento gli era stato “garantito” da una fonte insospettabile, una personalità “istituzionale” della Santa Sede (Vian? Bertone?). Tanto poi è impossibile verificare: un giornalista non può essere obbligato a rivelare le proprie fonti?
Anche nel processo civile per diffamazione Feltri, dopo le pubbliche scuse a Boffo, non avrà altra via di fuga che scaricare sul Vaticano la responsabilità del suo errore.
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