Altro che ronde, la vera assicurazione sulla vita sono il volontariato e la cultura «di partecipazione civile e attaccamento alla comunità che rappresenta». E se a dirlo è una camicia verde, c’è da credergli. Giacomo Stucchi, onorevole leghista della bassa bergamasca, spiega anche così («l’altra ragione sono i paletti troppo alti richiesti dalla normativa finale») il flop della misura voluta dal suo ministro Maroni.
«La nostra è una provincia di un milione di abitanti e 244 comuni, alcuni molto piccoli», continua Stucchi. «Qui i cittadini si sentono responsabili in prima persona della comunità, come dimostrano i dati di partecipazione alle attività di protezione civile, ma anche di assistenza agli anziani». Mettersi in campo in prima persona in questa cornice viene naturale. E così la casacca dei volontari dell’emergenza è una veste che c’è anche quando non si vede.
Ancora Stucchi: «La divisa ti dà riconoscibilità, ma conta fino a un certo punto. Qui la spinta a rendersi utile è comunque forte». Al punto che quasi non si sente il bisogno delle ronde. «È vero», conferma Stucchi, «quando il volontariato è molto presente il presidio del territorio è assicurato. Da noi capita, ma non è così ovunque». Come dire: l’idea delle ronde non era poi strampalata. «Le faccio un esempio», conclude Stucchi, «al mio paese, Verdello, abbiamo deciso di istituire la Sagra del maiale. Ci saremo noi, le associazioni, i volontari, la protezione civile». Sagre e volontariato. Che si sia chiusa così la breve e sfortunata stagione delle ronde?
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