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Iran, ora l’Italia è fra i nemici

Assalto simbolico all'ambasciata, ma Frattini non drammatizza

di Franco Bomprezzi

I pretoriani di Ahmadinejad manifestano davanti all’ambasciata italiana a Teheran, e questo è il segno concreto del rapido peggioramento dei rapporti diplomatici fra Iran e Italia, dopo le parole di Berlusconi in Israele. I giornali registrano i fatti e i commenti, sottolineando come in realtà l’isolamento dell’Iran sia ormai evidente nei confronti del mondo intero, e non solo del nostro Paese.

Titolo asciutto per il CORRIERE DELLA SERA di oggi: “Assalto all’ambasciata italiana”. Spiega il giornale: «In azione un centinaio di miliziani. Frattini: reagire a mente fredda per evitare escalation. Obama: «presto sanzioni significative». Il titolo di pag 2 è decisamente più aggressivo: “Iran, attacco all’ambasciata: «Morte all’Italia e a Berlusconi»”. A scatenare la violenza sarebbero state le dichiarazioni di Berlusconi in Israele. Berlusconi aveva detto che il presidente Ahmadinejad ricorda «personaggi nefasti del passato» (un chiaro accostamento ad Adolf Hitler). Domenica scorsa era arrivata anche la protesta formale del ministero degli esteri di Teheran. “Ultima chiamata per la diplomazia” è l’analisi firmata da Franco Venturini («Noi temiamo che Ahmadinejad con le sue provocazioni sull’arricchimento dell’uranio e con le minacce all’esistenza stessa di Israele stia commettendo lo stesso errore di Saddam Hussein. Che si senta invulnerabile e che per questo sia pronto a dar fuoco alle polveri con assoluta e suicida tranquillità»), mentre Cecilia Zecchinelli mette la lente su “La milizia braccio armato del regime”: «Odiati in Iran dall’elite e dall’opposizione, temuti da chiunque osi trasgredire, criticati da governi e organizzazioni internazionali, i Basiji sono per una parte dell’Iran – quella al potere e i suoi sostenitori – un’istituzione quasi sacra». Il cotè italiano è invece scandagliato da Maurizio Caprara in “La linea di Roma: reazione a mente fredda evitando l’escalation”, mentre Elie Wiesel nella corrispondenza da New York di Alessandra Farkas dice: “«Non piangerei se Ahmadinejad fosse ucciso»”. 

“Teheran, assalto all’ambasciata i pasdaran: «Morte all’Italia»”: apertura forzata anche quella de LA REPUBBLICA. La cronaca parte dalla giornata di ieri: insulti tensione e timore che la protesta potesse degenerare. Una manifestazione interpretata come segnale del governo iraniano (la solita strategia: mandare in piazza un centinaio di uomini con la polizia che finge di tenerli a bada, come conferma l’ambasciatore a Teheran Alberto Bradanini: «una coreografia abusata… la comunità italiana è molto ben vista… certamente si tratta di un segnale politico). Questa volta è toccato alla nostra ambasciata presa d’assalto ieri notte: per venti minuti la via è stata invasa da  miliziani urlanti anche slogan contro Berlusconi e l’America. Le autorità iraniane avevano del resto già segnalato la loro irritazione per vie diplomatiche. In appoggio Vincenzo Nigro firma un pezzo sui movimenti diplomatici: “L’Italia prepara la svolta all’Onu sarà in prima fila per le sanzioni”. Dopo la svolta di Gerusalemme di Berlusconi, l’Italia agli occhi degli iraniani è passata fra gli avversari (come dimostra anche il fatto che la tv di stato abbia apertamente criticato il ministro Frattini che avrebbe «offeso tutta la nazione iraniana»). Il nostro paese sarà ora in prima linea sul fronte pro-sanzioni (Berlusconi aveva ricevuto richieste in tal senso da Obama: il 18 febbraio il premier sarà da Lula e tra i temi proprio l’Iran). Nel frattempo però l’Iran prosegue il suo programma nucleare. Ritenuto inaccettabile dagli americani che vogliono misure significative. La Russia disponibile a nuove misure, mentre la Cina mantiene posizioni ambigue. Nel suo commento Bernardo Valli (“L’incubo iraniano”) sottolinea che tutto quanto sta succedendo è a uso interno: domani 30 anniversario della rivoluzione e perciò Ahmadinejad usa la politica estera e i nemici esterni per compattare la società.

“Assaltano l’Italia, i comunisti stanno con l’Iran” è il titolo scelto dal GIORNALE come “didascalia” della foto di copertina e pare annunciare paginate sui risvolti di politica italiana. Invece alle pagine 8 e 9 Roberto Fabbri ricostruisce la vicenda dalla causa scrive: «All’ambasciatore italiano a Teheran è stata consegnata una nota di protesta contro il discorso che una settimana fa Berlusconi ha pronunciato durante la sua visita in Israele. In particolare è stato criticato il passaggio in cui il premier italiano ha detto  “è nostro dovere sostenere e aiutare l’opposizione  nella Repubblica islamica”». Gli animi non si placano. «In serata la tv di Stato iraniana ha accusato Frattini di non portare rispetto  ai basij». Fiamma Nirenstein  interviene per dire che «l’aggressività del regime islamico dimostra che Berlusconi ha colpito il bersaglio giusto prendendo le difese di Israele e chiedendo la fine dell’inaccettabile sfida atomica al mondo». Sui “comunisti che stanno con Teheran” un commento, un taglio basso, di Salvatore Tramontano che annota le reazioni del Pd «Solo Fassino ha detto “allarme e preoccupazione” parole che però sembravano più rivolte al Pd», e le reazioni di Diliberto «Il premier se l’è cercata. Il governo italiano raccoglie i frutti di quanto seminato». Il GIORNALE  cerca il retroscena  della vicenda negli “affari italiani sul petrolio in Irak” e Micalessin scrive: «il segreto dello scontro: non solo la corsa al nucleare, ma il monopolio sull’olio nero dei pasdaran».

Teheran conquista la prima pagina de IL SOLE 24 ORE dopo gli attacchi all’ambasciata italiana. “Teheran. Assalto all’ambasciata italiana. Obama: «sanzioni contro il nucleare iraniano»” è il titolo che sovrasta una grande foto della polizia che affronta «un centinaio di miliziani del regime» che marciano sull’ambasciata scandendo cori come «Morte all’Italia, morte a Berlusconi». A pag 5 oltre alla cronaca a cura di Vittorio Da Rold e Gerardo Pelosi c’è un analisi sui rapporti Iran-Italia firmato da Carlo Marroni “Congelata la politica del doppio binario”. «Fino a pochi giorni fa la politica del “double track” verso l’Iran era uno dei tratti distintivi della diplomazia italiana. Rigore sul dossier nucleare ma disponibilità al dialogo in caso di aperture». Alberto Negri invece scrive “Guerra fredda con Teheran” in cui spiega che «siamo alla “guerra fredda” con Teheran. Così almeno ci sembra di poter cogliere nelle parole di Obama, che promette nuove sanzioni. L’atomica, per ora solo virtuale, altera gli equilibri del Medio Oriente, minaccia di togliere a Israele il monopolio nucleare della regione, insidia la stessa presenza americana e preoccupa gli stati arabi, atterriti dalla crescenza dei pasdaran».   
 
«Si sgonfia l’”assalto” all’ambasciata italiana» è questo il titolo scelto da IL MANIFESTO per raccontare i fatti di Teheran, osservando che «I fatto sono più scarni. Alcune decine di persone, forse un centinaio, si sono raccolte davanti all’ambasciata d’Italia a Teheran (e alla contigua ambasciata di Francia) per una manifestazione dai toni ostili (…). Manifestazioni simili, organizzate da “studenti islamici” di solito inquadrate in organizzazioni di regime non sono rare a Teheran (…) erano circa tre anni però che simili dimostrazioni non avvenivano davanti a quella italiana (…). Nella stessa pagina (la 8) Maurizio Matteuzzi ripercorre il mezzo secolo di rapporti d’affari tra Italia e Iran «Da Enrico Mattei fino a oggi. Un rapporto storico con tutti gli Iran possibili». «Sono più di 50 anni che l’Italia è un partner privilegiato dell’Iran» si legge nell’articolo che ricorda i fatti degli anni Cinquanta e aggiunge «Un rapporto che non è mai venuto meno, neanche durante la guerra Iran – Iraq negli anni ’80 (…) Oggi l’interscambio Italia – Iran ha superato i 6 miliardi di euro contro i 5.7 del 2007» La conclusione dell’articolo è affidata a una frase di Ahmadinejad del 2009 dopo l’annullamento all’ultimo istante della visita di Frattini in Iran: «Non è un grande problema» e che l’anno prima aveva detto: «L’Italia è un paese amico, il più amico di tutti, e l’Iran è il paese più sicuro per tutti gli italiani».

 Apertura di AVVENIRE sull’assalto all’ambasciata a Teheran. «Inutile drammatizzare più di tanto l’evento», scrive Riccardo Redaelli nell’editoriale, «che testimonia tuttavia il deterioramento dei rapporti politici fra i due paesi, dopo che per anni il governo iraniano ha considerato Roma come una delle capitali meno ostili». Per Redaelli «nessuno può più fermare l’Iran dall’avere la sua bomba potenziale» e «bisogna ragionare in un’ottica di contenimento e non più di non-proliferazione». Bene poi al rifiuto italiano di partecipare alle celebrazioni dell’11 febbraio: «è auspicabile che tutti i paesi dell’Ue facciano altrettanto». 

“Teheran, attacco all’Italia”, è il titolo dell’apertura de LA STAMPA. Il commento è affidato a Vittorio Emanuele Parsi, sotto il titolo “Il costo della fermezza”: «Lo stato delle relazioni tra Roma e Teheran, per tanti anni così buono da suscitare se non scandalo per lo meno imbarazzo presso altre più intransigenti cancellerie occidentali, è precipitato in pochi giorni, e difficilmente tornerà a volgere al sereno. Durante la sua visita a Gerusalemme era stato lo stesso premier italiano a dare un chiaro segnale che la musica stesse cambiando. Alla difesa a spada tratta del diritto alla sicurezza per Israele, Berlusconi aveva accompagnato l’appello alla comunità internazionale affinché adottasse dure sanzioni contro l’Iran, ed era giunto a rivendicare il dovere morale delle democrazie di sostenere l’opposizione iraniana. Contenuti così forti, proclamati con quei toni davanti alla Knesset, era difficile che potessero non incontrare una violenta risposta da parte iraniana (…) Per un Paese che cerca di ritagliarsi un proprio ruolo internazionale, innanzitutto nel Levante e più in generale nel Mediterraneo, il peso dei buoni rapporti con Teheran era diventato insostenibile, tanto più che Roma vanta, secondo alcuni critici, rapporti fin troppo cordiali anche con Mosca. Ma se la rilevanza della Russia di Putin e Medvedev può giustificare la scelta di far innervosire Washington, non avrebbe avuto senso seguitare ad applicare la stessa filosofia con l’Iran. (…) Ora è possibile che qualcuno accusi Silvio Berlusconi di aver agito sventatamente. Ma in questo caso l’accusa apparirebbe capziosa. Come ha ricordato il ministro degli Esteri Frattini, l’Iran ha problemi con il mondo e non con l’Italia o con il governo Berlusconi. Quest’ultimo ci pare abbia invece semplicemente fatto una scelta che non vanificasse l’azione che l’Italia ha responsabilmente deciso di svolgere in Libano e Afghanistan: fare la propria parte per contribuire alla sicurezza regionale e internazionale. Si tratta di una scelta di coerenza, costosa e non indolore, ma non per questo meno necessaria o apprezzabile».
 
E inoltre sui giornali di oggi:

RIFIUTI TOSSICI
IL MANIFESTO – L’apertura è dedicata al traffico di rifiuti tossici speciali pericolosi, grande foto di rifiuti tossici industriali a Pianura e titolo «Libera impresa». «Le indagini sulla morte di un operaio romeno hanno portato alla luce un traffico di rifiuti speciali pericolosi. 15 arrestati e 61  indagati dalle procure di Grosseto e Lanciano, coinvolti Stefano Marcegaglia e i dirigenti delle Ferriere di Lucchini. Il materiale tossico proveniva da mezza Italia e faceva tappa a Bagnoli» sintetizza in prima IL MANIFESTO. Sempre in prima Loris Campetti firma il commento «Rifiuti di classe».

ALLARME PLASTICA
ITALIA OGGI – Autorità francesi sul piede di guerra: biberon pericolosi. A rischio anche le bottiglie PET. L’articolo di Massimo Galli, a pagina 10, riporta una notizia che sta rendendo le notti insonni ai cugini d’Oltralpe.  Troppa plastica fa male. Già. Ma non basta. Bottiglie, biberon e molto altro contengono un veleno insidioso: il bisfenolo A. E così si corre ai ripari: necessari altri studi per accertare la tossicità di questo materiale e l’invito ai produttori di metterlo al bando.

ROM
AVVENIRE – Nuovo sgombero di un campo rom ieri a Milano, sotto la neve. Le ruspe hanno distrutto le baracche, ma alle 60 famiglie del campo di Vaiano Valle non è stata proposta nessuna alternativa, se non la divisione dei nuclei familiari, con donne e bambini in qualche comunità e gli uomini ai dormitori. «Ogni sgombero costa dai 20 ai 30mila euro e non risolve il problema», dice un volontario della Comunità di Sant’Egidio. «Perché non usano quei soldi per progetti di housing sociale?».

PROTEZIONE CIVILE
ITALIA OGGI – Pagina 25. Box alto. Il tutto per precisare che, in occasione dell’Expo 2015 le deroghe alla normativa vigente le ha chieste il sindaco Letizia Moratti e non Bertolaso. Traduzione: la nuova Protezione civile spa agirà soltanto sulla base delle richieste esplicite formulate dagli enti locali e non dai commissari straordinari.

CASO BOFFO
IL MANIFESTO – Alla querelle che ha provocato ieri una nota ufficiale della Segreteria di Stato vaticana, Valentino Parlato dedica un corsivo in prima pagina dal titolo «Supposte verità» con un occhiello che recita “Veleni vaticani”. Si legge: «Viene da dire che in Italia al casino non c’è limite. Pure il Vaticano e il Papa medesimo sono coinvolti negli scandali (non solo dei preti pedofili) e sono costretti a smentite, che proprio per la loro autorevolezza, finiscono col dar credito alle stesse supposte maldicenze. In tutti i modi la domanda è d’obbligo: è Feltri che è riuscito a far incazzare anche il Papa, o l’incazzatura del papa va ben oltre il quotidiano?»

CORRIERE DELLA SERA – Due pagine dedicate al tema (titolo principale “Ratzinger difende Bertone e Vian: diffamati”) e il lungo editoriale di Massimo Franco “Una ferita che resta”. Scrive il notista di via Solferino: «Il comunicato della Segreteria di Stato «approvato» da Benedetto XVI e pubblicato ieri sulla prima pagina dell’Osservatore romano chiude il caso Boffo nei suoi risvolti di politica italiana. E lo ufficializza, invece, come riflesso di una guerra in atto nelle gerarchie vaticane. I toni sono così duri che non si capisce se sia un gesto di attacco o di estrema difesa. E la negazione totale ma un po’ tardiva di quanto è stato scritto e sussurrato negli ultimi mesi finisce per lasciare la domanda senza risposta; e per provocare altri interrogativi. Insomma, sembra la presa di posizione di una struttura che si sente aggredita; e reagisce facendosi scudo del Papa, convinta di essere fortissima. Il tentativo è quello di fermare voci, notizie e malignità che affondano nei meandri delle dimissioni del direttore di Avvenire, Dino Boffo; e che chiamano in causa sia il direttore dell’Osservatore, Gian Maria Vian, sia lo stesso segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Entrambi sono stati sospettati, più o meno larvatamente, di avere ispirato la campagna contro Boffo; e di essersi serviti della compiacenza maldestra del Giornale per pubblicare un documento falso e calunnioso che ha portato alle dimissioni di Boffo. Motivo: regolare i conti con l’uomo di punta di una Cei esitante ad accettare il primato del Vaticano dopo la sostituzione di Camillo Ruini con Angelo Bagnasco».

FRANCIA
LA REPUBBLICA – Sarkozy intende mettere il coprifuoco per i minori di 13 anni. Se sorpresi per strada dopo le 23 saranno portati al commissariato. Una misura contro gli atti teppisti commessi dai minori. Si ventila l’ipotesi di sospendere gli assegni familiari in caso di ragazzini presi per strada di notte. Provvedimento forte che ovviamente fa discutere: è costituzionale? È utile? A marzo anche in Francia ci sono le elezioni per il rinnovo dei consigli regionali…

GRECIA
IL SOLE 24 ORE – “Salvagente europeo per Atene” è il titolo con cui apre il quotidiano economico. «L’Europa è pronta a correre in aiuto della Grecia, mentre la Germania starebbe preparando un pacchetto di salvataggio per Atene, da presentare (forse) già domani al Bundestag». A fianco Martin Wolf firma “Un po’ di feta nella dieta tedesca”. L’economista parte dall’analisi della situazione: «La crisi finanziaria del 2009 sta tramutandosi nell’angoscia di bilancio del 2010, soprattutto nella zona euro. Gli spread fra i tassi di interesse sui titoli pubblici greci e i bund tedeschi ha toccato a fine gennaio i 3,86 punti percentuali. Il pericolo nasce da una crisi di fiducia capace di autoalimentarsi, che avrebbe conseguenze drammatiche per altri membri vulnerabili dell’Unione monetaria». In questo panorama «è opinione comune in Eurolandia che le crisi sia il risultato dell’incapacità politica dei paesi della periferia», ed è qui che entra in gioco «la Grecia che interpreta alla perfezione il ruolo del peccatore, come ho scritto tre settimane fa: il governo di Atene ammette che il paese ha falsificato le cifre». Detto questo per far tornare l’Eu competitiva economicamente c’è solo una ricetta per Wolf: «per essere più precisi, l’unico modo per i paesi di Eurolandia di ridurre drasticamente gli enormi deficit senza far collassare l’economia è quello di mettere in piedi un’altra bolla creditizia nel settore privato, o di potenziare fortemente le esportazioni. La prima soluzione non è consigliabile, per la seconda serve maggiore competitività e una domanda estera vivace. È difficile riguadagnare competitività in un momento in cui l’euro è forte, in parte perché la Germania è molto competitiva e anche perché l’inflazione della zona euro è molto bassa».

AFRICA
LA STAMPA – Marco Bardazzi intervista Jeffrey Sachs, direttore del Earth Institute alla Columbia University, «ai cui consigli si affidano organizzazioni internazionali e vari governi di Paesi in via di sviluppo. Una voce influente anche all’Onu, dove collabora in modo stretto con il segretario generale Ban Ki-moon». Ebbene la tesi di Sachs è chiara e riportata nel titolo “Un freno alle nascite contro la bomba-Africa”: «La bomba demografica africana occupa una parte importante nell’ultimo libro di Sachs, “Il Bene Comune – Economia per un pianeta affollato” (Mondadori), appena uscito in Italia. Un manuale sui rischi cui va incontro il pianeta e i possibili metodi per affrontarli». Secondo Sachs «Occorrono ambiziosi programmi di sviluppo che mirino ad abbassare simultaneamente il tasso di mortalità infantile e quello di fertilità. L’Africa e le sue risorse non sono in grado di sostenere l’esplosione demografica. Serve una significativa riduzione della crescita della popolazione. Vogliamo che avvenga attraverso sofferenze di massa, carestie e disastri? È vitale per l’Africa che si agisca sulla demografia, è decisivo per il benessere dei suoi bambini ed è molto importante per l’Europa, perché in caso contrario l’instabilità si farà sentire sulle sponde europee». Per Sachs insomma serve «una forte riduzione della crescita demografica: ciò significa diffondere la contraccezione e i metodi moderni di pianificazione familiare». Faccio notare che nel sottotitolo questa formula viene semplificata un po’ scorrettamente in “Condom e aborto per mutare la demografia”, mentre nell’intervista non si fa cenno a queste due parole…

8 PER MILLE
ITALIA OGGI – Chi cerca, trova. Dev’essere questo il motto che ha spinto Stefano Sansonetti a spulciare tutto il decreto del presidente del consiglio dei ministri dal titolo evocativo “Ripartizione della quota dell’otto per mille per l’anno 2009” pubblicato in Gazzetta Ufficiale. E a trovare qualche curiosità. Prima fra tutti a chi è andato “il gettone più corposo” nell’ambito della ripartizione dell’8 per mille Irpef del 2009 di competenza dello stato: 2.250.028 euro finiranno infatti nelle casse del Consiglio italiano dei rifugiati (Cir) presieduto da Savino Pezzotta, ex leader cislino e oggi candidato in Lombardia per l’Udc. Al secondo posto con 1 milione e 309 mila euro si classifica la diocesi di Altamura per «interventi di restauro conservativo e consolidamento della cattedrale dell’Assunta di Gravina di Puglia (BA)». Terzo, con 1 milione e 294 mila euro, il comune di San Benedetto in Perillis, in provincia dell’Aquila, per «un intervento di consolidamento del sistema ipogeo nell’abitato del territorio comunale». Tutto questo a pagina 8.


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