Salute

Uno scanner documenta tracce di pensiero

La ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine

di Sara De Carli

Addio per sempre, a prescindere dalla posizione etica, a similitudini di pessimo gusto come “semivegetali”. Le persone in stato vegetativo rispondono alle domande dei medici. Non è un’impressione. Lo dice la scienza. E per la prima volta lo ha pure misurato con una tecnica strumentale, ormai unico vero piano diagnostico accreditato: un brain scanner. 

La ricerca è stata condotta da un gruppo misto di esperti inglesi di Cambridge e belgi di Liegi, che hanno lavorato con un gruppo di 57 persone, di cui 23 con diagnosi di stato vegetativo. I risultati sono stati pubblicati sull’edizione online del New England Journal of Medicine e sono accessibili gratuitamente sul sito.

Lo studio mostra che lo scanner della risonanza magnetica funzionale permette di osservare cosa accade all’interno del cervello mentre questo compie normali azioni come il pensare, provare emozioni o muovere gli arti. I medici hanno chiesto a pazienti e volontari di immaginare di giocare a tennir: questa richiesta ha attivato la corteccia pre-motoria, la parte del cervello connessa al movimento. La stessa cosa è accaduta per 5 dei 23 pazienti che si presupponeva fossero in stato vegetativo. Un paziente belga, in particolare, da cinque anni privo di coscienza in un letto di ospedale a Liegi, è stato in grado di ripsondere “sì” e “no” a semplici domande tipo «Hai un fratello?», «Sei mai stato a New York?».

«Lo studio sugli stati vegetativi condotto dalle Università di Cambridge e di Liegi conferma quanto poco ancora si conosca sul livello di coscienza delle persone in queste condizioni», ha commentato il sottosegretario Eugenia Roccella.  «Grazie a nuove tecniche di indagine, abbiamo prove scientifiche che dimostrano come alcune persone con diagnosi di stato vegetativo possano entrare in relazione con il mondo esterno, evidenziando attività cerebrale in risposta a precise domande dei medici. Scoperte come questa rappresentano un punto di svolta nel trattamento di questi pazienti, e soprattutto aprono nuovi scenari sulla possibilità di verificare le loro effettive volontà, che potremo essere in grado di conoscere senza affidarci a testimonianze non si sa quanto attendibili».


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