Welfare

Morgan, la droga di Sanremo

L'Italia insorge e si appassiona al caso del cantante dei Blu Vertigo

di Franco Bomprezzi

Morgan canterà a Sanremo? E’ questo oggi il rovello degli italiani, dopo l’esclusione del cantante dei Blu Vertigo, determinata dalla sua intervista con outing sull’uso di cocaina in funzione antidepressiva. Pagine sui giornali, commenti, parole grosse: “cattivi maestri”, “ipocriti”… Ecco la nostra selezione.

“Sanremo, no a Morgan” è il titolo del richiamo in prima pagina del CORRIERE DELLA SERA. All’interno al caso sono riservate due pagine, la 28 e la 29. “Morgan escluso da Sanremo ed è polemica (anche) politica”: «La smentita dell’intervista a Max, in cui il cantante confessava di fare uso quotidiano e regolare di crack non ha convinto i vertici Rai…Il 16 febbraio Morgan non sarà sul palco dell’Ariston. A meno che…In serata infatti Masi e Mazza sono parsi possibilisti su una riapertura nel caso Morgan si penta davvero». Sull’esclusione la politica si divide: da una parte chi la ritiene doverosa, come Gasparri, La Russa e Giovanardi, dall’altra che pensa sia una scelta ipocrita. Fra questi Claudia Mori e i radicali. Intanto però è partita la gara per averlo in trasmissione. Se lo contendono Bruno Vespa, in onda stasera, Giletti e la Ventura. Il CORRIERE poi riprende il confronto fra Morgan e il ministro Meloni trasmesso da Radio Gioventù in cui il cantante ha detto di «non essere mai andato in onda sotto l’effetto di alterazione mentale: articolare discorsi davanti a una telecamera non sarebbe possibile…Purtroppo a volte uso un linguaggio esuberante e stravagante, tuttavia questo non vuol dire che io abbia fatto l’apologia della droga». “Macchè bello e dannato, quella è fantasia” è invece il titolo del ritratto di Morgan così come lo vede l’amico Sergio Carnevale, anche lui dei Bluvertigo: «Marco (Morgan, ndr) ha fatto di se stesso una specie di show. Ricordo un sacco di feste dove bastava un pianoforte a metterlo in moto. È un jukebox vivente. Ha una voracità pazzesca nel fare le cose. Per dire: per lui le vacanze sono una perdita di tempo». Nessun segreto particolare emerge dall’intervista. Spiega Carnevale: «Bisogna guardarsi dagli amici che appena vedono una telecamera o un taccuino si mettono a spifferare confidenze».

LA REPUBBLICA che apre sul voto alla Camera (“Sì al legittimo impedimento”) dedica a Morgan un richiamo in prima, due pagine interne (44 e 45) e un commento. Comincia Carlo Moretti che in “Morgan fuori dal festival” annuncia il previsto pentimento in diretta tv del cantante: andrà da Bruno Vespa e farà autocritica per riconquistare il trapuntino a Sanremo. In realtà sottolinea il cronista Morgan aveva parlato della cocaina come di una personalissima cura contro la depressione. Ieri ha detto:  «le cure sono già iniziate, due anni fa in Inghilterra. Sono ancora all’inizio del mio percorso di recupero dalla tossicodipendenza, ma voglio farcela prima di tutto per mia figlia, poi per la musica che è la parte migliore di me, Ho commesso un errore ma non penso di aver infranto il regolamento di Sanremo». Gli ha risposto in diretta tv il ministro Meloni:  «hai la grande opportunità di passare dall’essere un cattivo maestro all’essere un esempio positivo per tutti coloro che ti ammirano». Nel frattempo Masi aveva annunciato che Morgan non potrà andare a Sanremo a meno che….  «Siamo aperti al perdono e seguiremo con attenzione un ravvedimento autentico e non strumentale». Per il quale ovviamente Vespa stava già lavorando. L’avessero chiesto ad un autore televisivo o a uno sceneggiatore di fiction, non avrebbero saputo fare meglio – chiosa il cronista che nella pagina accanto intervista proprio Morgan:  «L’esclusione non  mi annienterà. Ho resistito a momenti ben  più difficili… Quello che mi fa soffrire è il travisamento della verità. Avevo riposto fiducia in un ragazzo, un fan che si è presentato a casa mia per l’intervista… le pare che possa pubblicamente dire che la droga fa bene? Ho una figlia, mi rendo conto anche io delle responsabilità e delle conseguenze che le mie parole potrebbero avere…. Ho fatto uso della droga ma non la considero una cura». In taglio basso intervistina a Nino D’Angelo:  «Una persona malata va aiutata non squalificata». Il commento è di Francesco Merlo: “Il falso maledetto”: fosse stato un vero maledetto non andrebbe da Vespa a ritrattare, il capo cosparso di cenere, a mettere in piazza il suo malessere di fronte a un popolo di politici, cantanti, uomini Rai ciascuno dei quali ha suggerito una ricetta.  «Quello che si dice è peggio di quel che si inala. Va ricordato che l’Italia è diventato il primo paese d’Europa nel consumo di droga…. questi sciacalletti del marketing sanremese dovrebbero evitare di scherzare con la sofferenza dei ragazzi come Cucchi che fu ammazzato di botte, e dei giovani detenuti, non degli habitues della televisione ma degli esclusi».

Morgan, ovvero il “fumatore di cocaina” come lo definisce IL GIORNALE che in copertina afferma “Giusto cacciare Morgan da Sanremo”, scrive Massimo De Manzoni «non perché è un drogato, ma perché ha fatto l’apologia della droga. E per di più l’ha fatto dopo che con il programma X factor si è ritagliato  un ruolo diverso da quello di artista maledetto. Volente o non volente quella trasmissione rivolta ad un pubblico giovanile l’ha trasformato in  un piccolo maestro mediatico. Certe parole pronunciate da una sorta di ex cathedra mediatico  acquistano un fascino particolare e in questo caso nocivo». De Manzoni, qualche riga prima  di questa conclusione, spiegava: «Qui non s’intende fare della demagogia d’accatto e pertanto diciamo subito che la proposta di fare il test anti-droga a tutti gli artisti che saliranno sul palco dell’Ariston è una solenne sciocchezza (non a caso, l’idea è sostenuta dai giovani comunisti e dall’onorevole Alessandra Mussolini). Né vogliamo fare gli ipocriti: sappiamo perfettamente che una percentuale non quantificabile statisticamente assai rilevante di chi si esibirà al Festival fa uso  di sostanze stupefacenti come e più dell’ex cantante dei Blu Vertigo. Ma il problema non sta nei comportamenti privati degli artisti, sta negli insegnamenti pubblici e qui avendo viso da vicino le devastazioni della droga un pizzico di moralismo sia d’obbligo».

IL MANIFESTO: «Il crack di Morgan a Sanremo» è il titolo del richiamo a piede della prima pagina che ha come occhiello “Proibizionismo”. Al caso Morgan anche il commento di Marco Boccitto «Matto da (s)legare» che inizia in prima e prosegue nelle due pagine che IL MANIFESTO dedica al caso. «Il caso Morgan dimostra quanto stonato sia il paese del belcanto. Un divo pop che è spesso in tv, presunto drogato, racconta con straordinaria lucidità momenti delicati della sua esistenza. Un intero sistema, presunto nemico della droga, gli rovescia addosso con allucinata ferocia tutto il suo biasimo (…)». Nel pezzo principale «Il grande crack di Morgan» Stefano Crippa sull’esclusione dal Festival osserva «(…) Va bene la strategia degli scandali montati ad arte, di cui il festival fa collezione da tempo immemorabile pur di tenere desta l’attenzione, Povia e il suo Luca era gay è di appena dodici mesi fa, purché rispettino uno straccio di sceneggiatura. Il fatto è che Marco Castoldi alias Morgan, è andato – secondo i vertici Rai, troppo oltre (…)». Un ulteriore articolo affronta invece lo stile del cantante «(…) Dal neofuturismo dei Blu Vertigo al neoretrò di Italian Songbook vol. 1 ci passa un’epoca intera. Rifiutare l’orrore della cultura pop nazionale di oggi è un gesto culturale forte, sottilmente politico. Pretendere di farlo a X factor, magari, è un doppio salto mortale, uno sporco lavoro. Ma qualcuno doveva pur farlo. Purché gli scagnozzi di Berlusconi non prevalgano», chiude la sua analisi dello stile Morgan Alberto Piccinini. 

Anche il SOLE 24 ORE non si sottrae e dice la sua sul caso Morgan, con un commento di Davide Rondoni dal titolo “Le prime pietre” scagliate a Morgan: «Siamo un popolo di depressi rappresentati da divi e semidivi depressi? O forse gli italiani si sono depressi a furia di voler somigliare ai divi che gli vengono proposti di continuo?  Insomma, la prima bastardata di questa vicenda è che la depressione invece d’esser trattata con delicatezza e attenzione viene sparata in mezzo a paccottiglia tipo lustrini di Sanremo e di isole di chissà chi. La depressione è una faccenda seria. È un male che quando è reale rischia di far perdere alla gente lavoro e affetti, mica una comparsata tv. Il secondo motivo di bastardata della faccenda è che la droga, come ben sapeva Baudelaire, è ciò che ammala la libertà, e dunque, è il contrario della “cura” della depressione. È un analgesico, non una soluzione. Almeno il mio amico Morgan è stato sincero (…) . Tutto questo parlare di depressione serve benissimo a parlare del vero ospite che non vogliamo guardare negli occhi: l’errore, il nostro errore. Imputandolo a una specie di malattia dai confini incerti, ci “droghiamo”, ci togliamo per un po’ il dolore. Ed evitiamo di guardare il reale.  La parola depressione è essa stessa ormai una droga che usiamo per evadere da noi stessi e dalla fatica della libertà. Servisse a parlare di nuovo di libertà, questa polemica futile. Sarebbe un segno che ci sono ancora uomini liberi in questo paese. Che non si affidano né al successo né alla droga. E che non hanno paura di guardare in faccia i propri o gli altrui errori. Sarebbe segno che c’è in questo paese una pasta d’uomini che non oscilla tra depressione ed euforia, tra luci della ribalta effimera e buio della depressione. Uomini che conoscono il dolore e la gioia. Che sono ben altro dalle loro troppo usate maschere di successo e cosiddetta depressione».

“Morgan via dal festival. «Non avevamo scelta»”: su AVVENIRE la vicenda è a pagina 8. L’articolo dice che «Morgan ha sbagliato e deve pagare», «ma attorno a questa delicata vicenda si sta scatenando un polverone che rischia di non essere utile alla vera causa», e che tutto si trasformi in uno «spettacolo stile arena finendo solo per aiutare l’auditel». Una critica in particolare va alla puntata di Porta a Porta: «più che redimersi Morgan doveva teleredimersi». Masi intanto apre lo spiraglio, dicendo che da Morgan la Rai si aspetta un gesto clamoroso: «sarà così, vedrete, Morgan novello figliol prodigo verrà riammesso al Festival dalla generosa Rai. E tutta questa vicenda resterà purtroppo solo una bufera mediatica. Di spalla un’intervista a don Antonio Mazzi, per cui Morgan è «un vero balordo», evidentemente «in doppia diagnosi», che «ha banalizzato tutto in maniera impressionante»: ora «urge prendere subito delle decisioni drastiche per salvare i nostri ragazzi e lo stesso Morgan». 

“Morgan e l’elogio dell’ipocrisia” è il titolo di un editoriale de LA STAMPA in prima pagina firmato da Michele Brambilla. «Tutti coloro che hanno contestato l’esclusione di Morgan da Sanremo hanno fatto ricorso a questo vocabolo-totem, uno dei più gettonati per ridurre al silenzio chiunque si azzardi a evidenziare un comportamento sbagliato (gli altri sono “moralismo” e “perbenismo”). Di “ipocrisia” ha parlato Claudia Mori. Di “ipocrisia proibizionista” i radicali Michele De Lucia e Andrea De Angelis. Di “festival dell’ipocrisia” Mario Adinolfi del Pd». Il vocabolo era il più ricorrente nei lanci delle agenzie di ieri, scrive l’editorialista. L’argomentazione è la seguente: si drogano tutti, nel mondo dello spettacolo e perfino in parlamento, perché prendersela con uno dei pochi che ha l’onestà di ammetterlo? Ma a questa stregua si potrebbe sostenere che, siccome tutti evadono le tasse, è “ipocrisia” punire l’evasore che viene scoperto; siccome ci sono legioni di ladri sarebbe ipocrita arrestare quelli che vengono beccati con le mani nel sacco, e così via. «Ci pare un moralismo al contrario» scrive l’editorialista de LA STAMPA, «per il quale è sufficiente dire urbi et orbi che si fa una cosa sbagliata per passarla liscia, anzi per guadagnarsi una medaglia».
 
E inoltre sui giornali di oggi:

CASO BOFFO
LA STAMPA – “Vian e Bertone estranei al caso Boffo-Feltri”. LA STAMPA intervista il cardinale teologo Walter Kasper, che dice che «in Vaticano nessuno pensa che le carte contro Dino Boffo abbiano una provenienza interna», e che si tratta di «una ricostruzione non solo inverosimile ma anche priva di senso». «Quando la Segreteria di Stato vaticana vuole intervenire per modificare una situazione, correggere una rotta o sostituire una persona è in grado di farlo alla luce del sole, direttamente». Insomma, non ci sarebbe bisogno di mettere in piedi un complotto.

CRIMINALITA’
LA REPUBBLICA – “Finanza sporca e omicidi così torna a colpire la Banda della Magliana”. Ampia inchiesta del quotidiano diretto da Ezio Mauro: Antonio Mancini, bandito dello storico gruppo, ammette che la Banda esiste ancora. Non spara più così spesso, ma è in attività.  E lancia un sospetto il cassiere della banda, Enrico Nicoletti, potrebbe aver rapporti con Danilo Coppola, l’immobiliarista condannato per bancarotta e tornato in attività, pare oggi in gran forma (nonostante 40 fallimenti pendenti). Nicoletti potrebbe essere il suo occulto finanziatore….

MARKETING
ITALIA OGGI– Audace operazione marketing di Easy Jet. Ma anche tempismo. Dopo che ieri la stampa inglese ha diffuso la notizia relativa al costo del viaggio del Papa nel Regno Unito, che peserebbe sulle casse del Vaticano e dei contribuenti inglesi circa 20 milioni di sterline, la compagnia aerea low cost ha ufficialmente offerto al Papa un biglietto gratis per la tratta Londra-Roma. L’ufficio stampa di Easy Jet, si legge nel pezzo “Easy Jet invita il Papa: lezione di Marketing al volo” è in attesa di una risposta. 

ETICA E IMPRESA
IL SOLE 24 ORE – Una riflessione di Gianfranco Fabi nella pagina dei commenti. “Impresa debole se l’etica diventa un’etichetta”, a partire dal libro “Contro l’azienda etica” di Carlo De Matteo. «L’impresa, e con essa il sistema economico, possono recuperare efficienza e competitività se sanno integrare le motivazioni con le competenze, la responsabilità con le regole, la visione con l’analisi di mercato. Soprattutto in una fase come l’attuale, il messaggio è quello di non illudersi che bastino codici etici e principi di governance, da esporre come un’etichetta, per ridare insieme efficienza e trasparenza. La via d’uscita è in quella dimensione che, nei fatti, gli imprenditori italiani hanno in gran parte seguito anche senza teorizzarla: “perseguire il bene comune è il modo migliore per assicurarsi, nel tempo, la soddisfazione degli interessi individuali”. Magari realizzando il paradosso di quella concorrenza cooperativa che è stata alla base dell’anomalia positiva dei distretti industriali».

BANCHE
CORRIERE DELLA SERA – Il giornale intervista Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, il primo istituto italiano nella classifica della canadese Corporate Knights che ha messo in fila le 100 società più attive nella gestione delle tematiche ambientali, sociali e di governance. Questo in pillole il Passera- pensiero: ««Molto realismo nell’affrontare i problemi e altrettanta incertezza sulla ripresa, soprattutto in Europa». «Consapevolezza diffusa che la disoccupazione è l’emergenza numero uno». «Progressiva convergenza sulla necessità di regole forti nella finanza». «Sostenibilità e coesione sociale altrettanto importanti della produttività e della competitività». «Un forte no al protezionismo». «Necessità di costruire una nuova governance mondiale». In sintesi un Occidente ancora alle prese con una crisi tutt’altro che passata per Corrado Passera. Ma che, secondo il numero uno di Intesa Sanpaolo, dopo i giorni passati al World Economic Forum di Davos e alla vigilia del G7 in Canada «nonostante l’insufficiente ruolo dell’Europa, apre molte opportunità di crescita anche per l’Italia, ricostruendo la fiducia necessaria nel futuro». E poi: ««Sarkozy, come Obama, ma anche Draghi, distinguono tra le banche dell’economia reale, che raccolgono depositi e fanno credito, da quelle che forse non dovrebbero nemmeno chiamarsi banche perché fanno solo o prevalentemente finanza, trading, speculazione. Sono attività del tutto diverse ed è ora che abbiano regole e controlli del tutto diversi. Le vere banche commerciali, e soprattutto quelle che non hanno mai smesso di esserlo anche quando non era più di moda, devono essere messe in condizione di sostenere al meglio famiglie e imprese».

FIAT
LA STAMPA – “Nessun ricatto, io cerco il dialogo”. Il direttore de LA STAMPA Mario Calabresi intervista Sergio Marchionne. «La decisione di smettere di produrre a Termini Imerese è stata presa» dice l’amministratore delegato di Fiat, «ma siamo pronti a fare la nostra parte, a farci carico, insieme al governo, dei costi sociali di questa scelta. Cerco il dialogo e chiedo di mettere da parte la dietrologia: nella decisione di fermare le fabbriche per due settimane non c’è nessuna provocazione e nessun ricatto». «Sembra che la Fiat sia diventata l’unico problema nazionale» dice ancora Marchionne. «Ci si rifiuta di guardare a ciò che sta accadendo nel mondo, di vedere il quadro della crisi globale, di riconoscere che l’industria dell’auto (quest’anno il mercato scenderà tra il 12 e il 16% secondo le previsioni) è costretta a ristrutturarsi in ogni Paese». Sugli aiuti pubblici avuti da Fiat per Termini Imerese, Marchionne dice: «la Fiat ha investito 552 milioni di euro, ha avuto contributi a fondo perso per 93 milioni e ha ricevuto finanziamenti per 164 milioni, che sono stati totalmente ripagati. Niente a che fare con il miliardo di aiuti di cui parla». L’ad dice che Fiat è pronta a fare la sua parte per ridurre l’impatto sociale della scelta di chiudere la fabbrica in Italia ma «non ci possono chiedere di restare, è irresponsabile produrre in perdita», «sindacati e governo devono fare la loro parte. Deve funzionare un dialogo a tre per trovare soluzioni valide e sostenibili».

IL MANIFESTO – L’apertura con una grande foto di Marchionne e Montezemolo che osservano un’auto è dedicata al caso Fiat e agli scioperi dell’Alcoa. «Macchina infernale» è il titolo che rimanda alle pagine 8 e 9 per raccontare che «Tutte le fabbriche Fiat si sono fermate contro la chiusura di Termini Imerese, i tagli negli altri siti industriali e la fuga della maggiore azienda ex italiana negli Stati uniti. Sempre più automobili sono costruite all’estero. Balletto del governo con il Lingotto sugli incentivi. Venerdì si tratta. E gli operai dell’Alcoa presidiano Montecitorio». Sempre in prima il commento principale su questo tema è firmato da Fausto Bertinotti «U.S.A. e getta». «Il testacoda del dottor Marchionne, proprio nel giorno dello sciopero generale dei lavoratori Fiat, fa riflettere e induce a più di una considerazione sul futuro dell’industria italiana nella divisione internazionale del lavoro e dei mercati (…) Le pesanti conseguenze sociali delle sue scelte e persino il danno d’immagine che l’azienda subisce devono essere ben valutate (…) La Fiat che si prospetta per il futuro è, al contrario, un’impresa sovrannazionale e basta; senza un’impronta, una radice nazionale e, invece, con una vocazione nord-americana (…)».

PROTEZIONE CIVILE
ITALIA OGGI – “La Protezione civile spa costerà oltre 2 mld“.  E’ la cifra che si desume dalla relazione predisposta dalla Ragioneria generale dello Stato sull’emendamento presentato all’articolo 16 del decreto legge 195/09. Il pezzo entra nei dettagli degli stipendi. Alcuni esempi: 330 mila euro l’anno al direttore generale; 107 mila euro  al presidente del Consiglio di amministrazione; 28.500 ai due membri del consiglio; 24 mila euro al presidente del collegio sindacale. 
Sempre secondo l’articolo, il Governo ha presentato una proposta tesa a far passare la Croce Rossa sotto la vigilanza della Protezione Civile. 

ETNO-BUSINESS
AVVENIRE – Vetrina sui consumi degli immigrati in Italia, stimata in 25 miliardi l’anno per beni e servizi e in 5 miliardi per alimentari, complessivamente il 3% dei consumi italiani, ma in alcuni segmenti come il riso arrivano al 12%. L’occasione è l’apertura, sabato, a Roma, all’Ipercoop di via Casilina, di un grande Halal corner. L’esperto di etnomarketing Giuseppe Albeggiani (Etnocom) spiega come con loro bisogna cambiare la strategia pubblicitaria: ad esempi presentando le donne negli spot in modo diverso e vendendo come  simbolo di stabilità la linea fissa del telefono.

HAITI
AVVENIRE – Il presidente della Caritas haitiana, ieri a Roma, ha ricordato che «i buoni amici non sono tali per un giorno, ma per sempre» e detto che «non si può militarizzare l’aiuto umanitario». A margine il dato che ieri stava sul Washington Post: l’85% degli aiuti non è ancora stato consegnato.


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