Mondo

J’accuse del presidente AiBi. Adozioni snobbate

Burocrazia e liste d’attesa. E le coppie adottano meno. "La politica ignora il problema", dice Marco Griffini

di Benedetta Verrini

“Non c?è un politico che si innamori di questa causa. Nessuno che voglia occuparsi di questa guerra silenziosa, quella di milioni di bambini costretti a crescere in istituto”. Marco Griffini, presidente di AiBi, uno dei maggiori enti autorizzati alle adozioni internazionali, sottoscrive e conferma il malessere delle associazioni e delle tante coppie in lista d?attesa. L?allarme, lanciato la settimana scorsa dal Ciai, che ha deciso di sospendere la presa in carico di nuove coppie pronte ad adottare solo bambini sotto i 4 anni, ha proporzioni generalizzate. Da una parte, ci sono milioni di bambini in difficoltà in diversi Paesi del mondo. Dall?altra, ci sono coppie italiane pronte all?accoglienza, ma schiacciate dall?attesa. Al punto che l?entusiasmo per l?adozione comincia a calare: le coppie che hanno chiesto di adottare un minore straniero, nel 2002, sono state in tutto 1.530, il 17% in meno rispetto all?anno precedente. Il dato, diffuso dalla Cai, descrive un 2002 davvero nero per l?adozione. I decreti d?idoneità pervenuti sono stati 5.711, contro i 7.041 del 2001; le coppie che hanno richiesto l?autorizzazione all?ingresso di minori stranieri (dal 16 novembre 2000 al 31 dicembre 2002) sono state 3.759. “Il problema ha molte sfaccettature, naturalmente”, commenta Griffini. “Da una parte, si sta cominciando a capire che l?adozione internazionale è uno strumento di sostegno a minori in seria difficoltà, spesso grandicelli, che non hanno occasione di accoglienza nel loro Paese”. Ma i decreti d?idoneità spesso raccomandano l?adozione di un minore in età prescolare. “Guardi, dal mio punto di vista, chi ha un decreto troppo vincolato non dovrebbe neanche adottare. Ma comunque il problema delle lunghe liste d?attesa è generalizzato e dipende anche da altri motivi. Primo fra tutti, come accennavo, la mancanza di una politica estera a sostegno dell?adozione. Se mancano gli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza e si realizzano pochi progetti di solidarietà sul territorio, è ovvio che l?Italia risulta un partner meno affidabile di Spagna, Francia o Stati Uniti. Ad esempio, la Spagna ha fatto accordi diplomatici ed è molto attiva nel campo della cooperazione in Paesi come la Bulgaria, il Perù e la Colombia. Ovvio che gli operatori locali, al momento dell?abbinamento, si fidano maggiormente delle coppie spagnole”. Non basta, dunque, l?enorme impegno della Commissione adozioni ma “serve una nuova stagione politica, partnership diplomatiche, progetti di cooperazione”, conclude Griffini. “Senza tutto questo, il rilancio non sarà possibile. E i rapporti con i Paesi di provenienza resteranno delegati agli enti autorizzati. In queste condizioni finiamo per essere noi, nel bene e nel male, gli ?ambasciatori? italiani dell?adozione nel mondo. E questo, certo, non basta a rendere le adozioni più facili”.


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