Q settimana fa, durante un incontro pubblico dedicato alla famiglia, mi sono trovato a discutere con un appassionato sindacalista della Cgil che aveva proposto un ragionamento di questo tipo: è indubbio che la famiglia oggi sia un ambito da sostenere, e quindi una priorità per la politica, ma la famiglia non deve far passare in secondo piano le individualità che la compongono e i bisogni diversi che ciascuno ha. Quasi ci fosse la preoccupazione di difendere i soggetti dall’abbraccio soffocante della famiglia. In sostanza, la famiglia vale se è contenitore neutro che tiene al riparo le individualità senza condizionarle. Un’idea strana e poco di sinistra, ho ribattuto. Perché l’individuo cresce se sperimenta legami, se si confronta con altri diversi per età o per sensibilità. E la famiglia è proprio il primo ambito in cui questo accade. Il più semplice e il più naturale. Per questo ha una soggettività propria, insostituibile: è molto più che una pur pacifica coabitazione di individui. È il luogo in cui avvengono quelle prime fondamentali interazioni che fanno di un individuo una persona consapevole e matura. Quindi è un laboratorio sociale senza pari.
L’esempio non è peregrino perché in questo momento l’Italia si trova in un’imbarazzante situazione. Da una parte ha una legislazione che come nessun’altra in Europa penalizza la famiglia; e dall’altra subisce un’offensiva culturale, che imputa alla eccessiva centralità culturale della famiglia tutti i mali del Paese. È la tesi lanciata da due economisti molto ascoltati come Alberto Alesina ed Andrea Ichino, in un libro di cui giornali e tv hanno parlato in modo per lo più acritico e “incantato”. Chi non si è lasciato incantare è Marco Vitale, il grande economista che ha scritto per questo numero di Vita un saggio in cui smonta la tesi dei due autori. L’idea di Alesina e Ichino è che la famiglia sia un soggetto “antieconomico” perché viziato di familismo amorale, e quindi sia l’ostacolo alla modernizzazione del nostro Paese. È evidente la forzatura a scopo mediatico della loro analisi, una forzatura che però è funzionale ancora una volta a contrapporre l’individuo alla famiglia. L’uno anello insostituibile del sistema economico e del mercato, l’altra, al contrario, quasi una catena che frena la crescita. Sappiamo tutti che le cose non stanno affatto così, che anzi il meglio del tessuto economico italiano, quello che ha permesso di reggere l’urto della crisi, è un tessuto di imprenditorialità familiare. Questo a dimostrazione che la famiglia è un luogo insostituibile di produzione di legami sociali e, proprio in virtù di questo, anche di ricchezza.
Purtroppo questa evidenza così tangibile a chiunque indaghi e racconti la realtà italiana, non è affatto tale per chi ci governa, di qualunque colore politico sia. Così può accadere che un centrodestra che si era esaltato tre anni fa per il successo del Family Day e che debba il suo successo elettorale anche al consenso raccolto dai soggetti sociali che erano in piazza San Giovanni, abbia licenziato a dicembre una Finanziaria a zero euro per la famiglia. Per non dimenticare che il libro velenoso di Alesina e Ichino è uscito per la casa editrice del presidente del Consiglio.
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