Famiglia

A Bologna il Comune prolunga la maternità

Buoni esempi/1

di Redazione

A Bologna lo fanno da dieci anni. Pagano le mamme per stare a casa con i loro bambini fino all’anno. Tecnicamente si chiama «integrazione economica al reddito dal quarto al dodicesimo mese di vita del figlio», praticamente è un aiuto perché quella di rientrare al lavoro subito dopo la fine della maternità obbligatoria, quando il bimbo ha appena tre mesi, sia una scelta libera. Oggi è una scelta che poche possono permettersi, visto che stare a casa comporta la rinuncia a ben il 70% dello stipendio. Con 450 euro in più al mese, invece, ci si può pensare. E in più, come effetto collaterale, non si intasano i nidi comunali di domande in lista d’attesa.
Il servizio, nato come «Un anno in famiglia», oggi si chiama «Zerododici»: per accedervi basta portare al Comune di Bologna la domanda di astensione facoltativa dal lavoro, avere un Isee inferiore a 21mila euro (innalzato di recente per dare più opportunità anche alle famiglie italiane), lavorare entrambi (contratti a progetto inclusi), e non iscrivere il proprio figlio al nido.
«Accogliamo circa 370 domande all’anno», spiega Gabriella Bonora, che segue il progetto dal 1999. «Il 50% sono famiglie straniere, i papà si contano sulle dita di una mano e quei pochi che lo fanno poi hanno davvero grosse difficoltà con le aziende». Il contributo del Comune è forfettario, 2.700 euro per sei mesi, versati alle famiglie in un’unica soluzione.
Tenendo conto che i bambini con handicap, i gemelli, i genitori soli e i papà di euro ne ricevono 3mila, l’impegno per il Comune è di circa 1 miliardo di euro l’anno. Ma il servizio non si discute. Anche se, tempo fa, si è stati costretti a tagliare il secondo step del progetto, quello che prevedeva un contributo fino a due anni di età del bambino per i genitori che sceglievano il part time.
Anzi, stanno già pensando a una miglioria: «Oggi l’astensione del lavoro deve essere di sei mesi continuativi. Ma è giusto che un genitore si possa tenere un mese o due per quando il figlio sarà più grande, in caso di necessità. Per questo stiamo pensando di introdurre anche la possibilità di stare a casa per soli tre mesi, con un contributo di 350 euro mensili», spiega la Bonora.


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