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In Francia vietato velare

Parigi vieta il burqa nei luoghi pubblici. E in Italia c'è chi pensa di fare altrettanto

di Franco Bomprezzi


La laica Francia dichiara guerra al burqa: sarà vietato nei luoghi pubblici. I quotidiani italiani riferiscono la scelta dei cugini d’oltr’Alpe tenendo conto anche delle reazioni italiane.

La rassegna stampa si occupa anche di:


GIORNO DELLA MEMORIA
SMOG
INFLUENZA A
MILLEPROROGHE
GIUSTIZIA
CARCERE
CURE PALLIATIVE
VACCINI
PROFESSIONI


“La Francia prepara il divieto di burqa” è il titolo della fotonotizia che campeggia in prima pagina del CORRIERE DELLA SERA di oggi. Al tema sono appaltate le pagine 2 e 3. «Il burqa offende i valori della Republique». La Francia intende proibire il velo islamico integrale nei servizi e nei trasporti pubblici, come raccomandato da un rapporto del Parlamento. La battaglia sui simboli religiosi prende così velocità. Questa nella sintesi della versione on line della testata il succo del rapporto: «Sul piano strettamente normativo, la proposta faro consiste nell’adozione di una “disposizione che vieti di dissimulare il proprio viso nei servizi pubblici”». Il rapporto raccomanda di «optare per uno strumento legislativo» che possa anche essere declinato «per via amministrativa». Questo dispositivo potrebbe in particolare essere applicato nei trasporti pubblici e nei dintorni delle scuole. «La conseguenza della violazione di questa regola non sarebbe di natura penale ma consisterebbe in un rifiuto di corrispondere il servizio richiesto». La commissione non arriva a suggerire un «divieto generale e assoluto del velo integrale negli spazi pubblici» perché «non esiste al riguardo unanimità». Il rapporto sottolinea come una legge di questa fatta «sollevi comunque questioni giuridiche complesse», poiché comporta una «limitazione dell’esercizio di una libertà fondamentale, la liberta di opinione, nella totalità dello spazio pubblico». Di qui il rischio di una censura da parte del Consiglio costituzionale o di una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo». Marco Ventura in “La guerra globale dei simboli religiosi” sostiene che «la battaglia dei simboli divide gli stati. Di recente l’iniziativa anti-burqa dei nazionalisti oltre Manica è stata accolta da unanime rifiuto: non il burqa è incompatibile con i valori britannici, ha scritto il Times, ma la pretesa di limitare la libertà di chi si fa tranquillamente gli affari propri indossando la tenuta religiosa che preferisce. Come la Danimarca, il Parlamento italiano oscilla fra la questione di principio e l’escamotage di un ritocco alla legge sull’ordine pubblico». E la posizione italiana è espressa a pag. 3 dalla proposta della Carfagna di estendere il divieto anche in Italia. Leghisti favorevoli, sì di Gasparri. «Posizione sbagliata. E noi difenderemo i crocifissi»”, dice invece il ministro Frattini che spiega: «la semplice proibizione, fuori da una politica più ampia, non risolve il problema. È l’errore storico del metodo francese, proibire e autorizzare per legge, l’opposto del multiculturalismo olandese senza regole, altro modello sbagliato. Serve una terza via, che non parta dall’imposizione, ma dal basso, dall’integrazione sul territorio».
Anche LA REPUBBLICA sceglie la fotonotizia: “In Francia guerra al burqa Vietato in scuole, uffici e bus”.  Ieri una commissione parlamentare ha invitato a mettere al bando il burqa in tutti i luoghi pubblici attraverso una risoluzione parlamentare, cui dovrà seguire una legge. La commissione propone anche di non concedere il permesso di soggiorno alle donne con il burqa e ai loro coniugi. Contrari i socialisti che non hanno partecipato al voto (non vogliono il velo integrale ma ritengono lo si debba contrastare con altri modi, non con una legge di circostanza che credono inutile e inapplicabile), mentre il centrodestra avrebbe voluto un divieto più generalizzato (come quello di portare il velo integrale anche in strada). Il rischio naturalmente è creare ulteriore malessere nella comunità musulmana composta da circa 5-6 milioni di persone. Ieri il presidente Sarkozy ha detto: «l’Islam è la religione di molti francesi. E il nostro paese, per aver conosciuto non solo le guerre di religione ma anche le lotte fratricide di un anticlericalismo di Stato, non può lasciar stigmatizzare i cittadini francesi musulmani. Non lascerò nessuno trascinare il nostro paese sulla strada delle regressioni». Le reazioni italiane non si sono fatte aspettare. La Lega esulta definendo la proposta «una norma di autentica civiltà». Per il ministro Carfagna «vietare il burqa è un modo per aiutare le giovani immigrate a uscire dai ghetti». Controcorrente al solito la Fondazione FareFuturo vicina a Gianfranco Fini: «proibire l’utilizzo del burqa è un falso problema perché non solo riguarda una getta più che minoritaria della popolazione di religione musulmana, ma soprattutto non è con una semplice imposizione che si risolve un problema che è prima di tutto culturale». Sul fronte islamico, Ahmad Gianpiero Vincenzo, presidente degli intellettuali musulmani italiani, «proibire il velo  è compatibile con l’Islam che non prescrive di coprire il volto delle donne». Diverso l’accento di Ucoii: «crediamo che il viso debba essere lasciato scoperto, ma crediamo vada tutelata la libertà religiosa». D’accordo con l’iniziativa parigina, Emma Bonino: «dove vige la responsabilità personale delle proprie azioni, tutti devono essere identificabili. Così come non vado in classe col casco o il passamontagna, così non si dovrebbe usare il velo che nasconde il volto nei luoghi pubblici… l’emancipazione delle donne musulmane è forte, solo la nostra distrazione ci impedisce di vederla. Il mondo  islamico è fatto di mille realtà diverse. Basta con gli stereotipi». Interessante la testimonianza di Bérengère Lefranc, artista francese che ha scelto il burqa per quattro settimane e ha scritto poi un libro. Riferisce grandi difficoltà di movimento, disagi, aggressioni verbali: «sei al centro dell’attenzione… ho imparato sulla mia pelle che le donne con il burqa meritano rispetto. Ci vuole molta convinzione e una grande fede per sopportare tutto questo. Non credo sia giusto svestirle attraverso una legge».


“Il burqa ci offende. Parigi chiede il divieto”. LA STAMPA apre l’edizione di oggi con un primo piano sulla “Battaglia del velo”, con una corrispondenza da Parigi di Domenico Quirico e un’intervista al ministro delle pari opportunità Mara Carfagna.
La commissione francese sul burqa ha consultato giuristi, storici, amministratori locali, e alla fine «ha constatato che a una inibizione totale si oppone proprio il diritto» scrive Quirico. «La laicità è un principio che si applica alla Repubblica ma non ai singoli; una legge draconiana potrebbe sfuggire ai fulmini della Corte costituzionale francese» «e soprattutto della Corte europea per i diritti umani». Il divieto totale del burqa sarebbe impossibile da far rispettare anche dal punto di vista pratico. Lo ha ricordato anche il ministro della giustizia francese Alliot-Marie: inimmaginabile istituire brigate di poliziotte anti-burqa che setaccino le banlieues alla ricerca di veli irregolari e procedano all’arresto della colpevole nel caso decida di non svelarsi. Da qui la decisione di istituire il divieto solo negli uffici pubblici e negli ospedali.
“Anche l’Italia imporrà il divieto” è l’annuncio della Carfagna, secondo la quale bisogna difendere le donne da «un segno di chiara oppressione». La commissione Affari costituzionali della Camera, ricorda, sta discutendo una proposta di Souad Sbai, presidente delle donne marocchine in Italia e deputata Pdl, che va a modificare la legge 172 del 1975 che vieta l’uso di caschi e passamontagna che rendono irriconoscibile il volto. «Occorre inserire burqua e niqab» dice Carfagna, indumenti «che portano indietro la lancetta dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese».


Non merita un accenno in prima la vicenda burqa per il SOLE24ORE, che ne dà conto a pagina 10, con tanto di disegni (copiando dalla Bbc… eh eh ) sulle varie fogge del velo islamico, da quella più light alla totale. L’articolo parla di «forza politiche in ordine sparso» in Francia, nonostante il sostanziale accordo sul “no” al velo integrale e l’opinione pubblica che lo disprezza; si fa rilevare comunque che si tratta «di un problema ad alta sensibilità politica e sociale, nel paese che ospita la più grande comunità musulmana  in Europa».


Mentre ITALIA OGGI non se ne occupa  e AVVENIRE lo fa a pag. 21 con una corrispondenza di Daniele Zappalà sotto il titolo “Burqa vietato in pubblico”, IL MANIFESTO relega il tema a pagina 8, nelle pagine degli esteri. «Il velo, un affare di stato Ora Sarkozy difende i “francesi di religione musulmana”» sono il titolo e il catenaccio dell’articolo che racconta i sei mesi di lavoro della missione parlamentare francese sulla pratica del velo integrale che osserva anche come «Sarkozy e la missione parlamentare cercano ora, dopo mesi di polemiche strumentali in vista delle regionali di marzo, di calmare gioco e dare ai musulmani qualche garanzia». C’è unanimità a condannare il burqa, a destra come a sinistra, ma ci sono divisioni, a destra come a sinistra, sull’eventuale legge. Il principale timore della maggioranza è che una legge di divieto venga poi bocciata dal Consiglio costituzionale o dalla Corte europea dei diritti umani. Accanto a questo articolo, di spalla, si guarda ai quattro disegni di legge per regolamentare l’uso del burqa e al fatto che «La Lega applaude alla decisione francese di proibire burqa e niqab nei luoghi pubblici, appoggiata in questo dal Pdl che però, ancora una volta, deve fare i conti con i distinguo dei finiani. Nel centrosinistra, invece, prevale la linea del rispetto delle tradizioni culturali, a patto però, spiegano nel partito di Bersani, queste non comportino un occultamento del volto….».


IL GIORNALE In copertina  la foto di un primo piano degli occhi di una donna velata  e il titolo del fondo di Luigi Mascheroni “Sarkozy fa il leghista e spiazza i benpensanti” che fa la cronaca del passaggio televisivo del Presidente che alla domanda relativa al tema dell’immigrazione «Sintetizza il concetto con un’efficace formula di ascendenza leghista: “Clandestini a casa”. Aggiungendo con uguale fermezza che “la Francia non farà la fine dell’Italia”. Mascheroni continua «In Italia quando  un miliziano del Carroccio s’azzarda in un’affermazione del genere, rischia di fare la fine di una strega al rogo. In Francia neanche un plissè».  «In Italia – scrive Francesca Angeli – PDl e Lega vogliono vietare l’uso del velo in luoghi pubblici, mentre i finiani  non vogliono vietare  gli usi degli altri popoli. Ma a questa stregua si deve accettare anche l’infibulazione?» A questo dubbio sollevato  risponde in un’intervista sulla decisione  francese Fuad Allam che dice: «La tradizione è un alibi. E regge il gioco dei fondamentalisti. La sharia in Europa non deve valere».

E inoltre sui giornali di oggi:


GIORNO DELLA MEMORIA
LA STAMPA – “La bambina del binario 21”. Liliana Segre, oggi ottantenne, torna oggi sul binario della Stazione Centrale di Milano da cui è partita tredicenne verso il campo di concentramento di Auschwitz. Avverte sul rischio di “banalizzare la memoria”, «far diventare di moda la Shoah è come negarla». Dei negazionisti della Shoah non vuole parlare: «Non è importante quello che penso io di loro. Vorrei sapere cosa pensano loro di me. Cosa pensano di quella bambina che salì su un treno al binario 21 e che, di quel giorno, ricorda ancora ogni immagine, ogni odore, ogni voce».

SMOG
CORRIERE DELLA SERA – L’apertura delle pagine milanesi con richiamo sul nazionale è dedicata alla strana alleanza fra Lega e ambientalisti nella battaglia contro lo smog. Il punto di incontro fra Carroccio, Italia Nostra, WWF e Legambiente è la proclamazione di un mese a targhe alterne per arginare l’emergenza. La Lega – spiega il CORRIERE –  ha indetto un referendum popolare sabato e domenica prossimi. Questo il quesito, approvato dagli ecologisti: «Volete le targhe alterne a febbraio e la chiusura sperimentale del traffico del centro storico dal primo marzo?».

INFLUENZA A
Il SOLE24ORE dà conto – ma solo nell’edizione online, stranamente – dell’inchiesta che venerdì il Consiglio d’Europa aprirà sulla questione pandemia-vaccini, di cui ieri si è discusso in un acceso dibattito a Strasburgo. «I rappresentati dell’Oms e delle industrie farmaceutiche si sono dovuti difendere dalle pesanti accuse» di membri del Consiglio e soprattutto da Wolfgang Wodarg, medico e presidente della commissione salute dell’Assemblea parlamentare, secondo cui «l’aver fatto conquistare a una banale influenza il ruolo di pandemia ha aperto la strada all’enorme speculazione delle ditte farmaceutiche». Diversa ovviamente la lettura dell’Oms e del rappresentante dei fabbricanti europei di vaccini. «I chiarimenti», conclude il SOLE, «si aspettano dall’inchiesta del Consiglio d’Europa che dovrebbe arrivare a una conclusione a fine estate».
 
MILLEPROROGHE
ITALIA OGGI – Sempre con richiamo in prima “Gli statali da tagliare del 10%” affronta «un emendamento del relatore, Lucio Malan al decreto milleproroghe» che delinea «un’ulteriore cura dimagrante per tutte le amministrazioni statale, compresa la presidenza del consiglio e gli enti pubblici non economici». A pagina 24 Francesco Cerisano e Cristina Bartelli firmano “P.a., ancora tagli al personale”  che dimostra come «entro il 30/6 verranno sacrificati il 10% degli organici degli uffici dirigenziali».

GIUSTIZIA
LA REPUBBLICA – Arriva la legge ad familiam: Berlusconi vorrebbe fosse esteso il legittimo impedimento anche ai coimputati del premier. Con il risultato di coprire, ad esempio nel procedimento Mediatrade, anche Piersilvio e Confalonieri. Grande preoccupazione dell’Udc che pure si era mostrato disponibile a discutere di legittimo impedimento. Vietti: «se fanno i furbi, il ponte crolla e tanti saluti»

CARCERE
IL MANIFESTO – È in prima pagina il richiamo alla risposta del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che risponde all’appello del manifesto e dell’associazione Antigone «Dal Dap porte aperte ai giornalisti». Si ricorda anche che l’appello ha raccolto trecento firme. Nella lettera del capo dipartimento Franco Ionta, pubblicata a pagina 6, si ricordano le 830 autorizzazioni per l’ingresso in carcere agli organi di informazione del 2009 e delle 40 già concesse dall’inizio dell’anno. Per quanto riguarda l’accesso delle telecamere nelle “camere detentive” e le riprese Ionta scrive che «Tali limiti di accesso, quando presenti sono motivati da esigenze che attengono alla sfera della privacy delle persone detenute e alle esigenze di sicurezza valutate dai direttori delle strutture penitenziarie e dalla sede centrale del dipartimento».

CURE PALLIATIVE
AVVENIRE – «Ieri l’aula del Senato ha approvato a larga maggioranza 10 articoli sui 12 del testo sulle cure palliative… Questa mattina finirà l’esame con il voto finale. Il testo però dovrà tornare a Montecitorio, che dovrà ratificare soltanto gli emendamenti del Senato. L’aula di Palazzo Madama, all’unanimità, ha anche approvato un odg che chiede al governo di estendere a tutte le donne che ne facciano richiesta la possibilità di partorire l’anestesia epidurale, ancora poco praticata in Italia, rispetto agli altri paesi europei. Quando le nuove regole diventeranno legge sarà più facile per malati terminali e per malati cronici accedere a prescrizione di farmaci antidolorifici a base di sostanze considerata stupefacenti».

VACCINI
AVVENIRE – “Invalidi per il vaccino. Lo Stato ci dimentica”. La protesta del Condav al ministero della Salute. Il coordinamento nazionale danneggiati da vaccino manifestano a Roma: una legge del 2005 ha stabilito il riconoscimento dell’una tantum in cinque rate entro il 2010. Ma finora è stato accreditato appena il 12,5%. Sono oltre 600 famiglie di neonati che hanno avuto disabilità in seguito al vaccino. Intervista all’infettivologo Roberto Gasparini che ricorda che i vaccini «sono indispensabili per la prevenzione. Grazie a questi farmaci sconfitte gravi malattie».

PROFESSIONI
ITALIA OGGI – Il quotidiano economico apre in prima pagina con il titolo “Professionisti in rosso”, in cui Ignazio Marino sottolinea come «Il 2010 sarà ancora un anno difficile per le professioni. Occorrono ormai mediamente sei mesi per incassare una parcella ma il termine raddoppia se il debitore è la pubblica amministrazione». A seguire un’intervista alla presidente del comitato unitario delle professioni Marina Calderone.

 

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