La visita del Papa alla Sinagoga di Roma ha fatto emergere un nuovo di stile di dialogo fra cattolici ed ebrei. Assenza di retorica, non elusione dei problemi, affiorare di emozioni forti e autentiche, stima basata sul rispetto della reciproca diversità. A giudizio pressoché unanime degli osservatori queste le caratteristiche che hanno segnato la visita. Esse corrispondono alle personalità dei due protagonisti indiscussi dell’evento: papa Ratzinger e il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. Leader che hanno molti tratti in comune, sia sul piano caratteriale sia sul piano culturale. La prima visita alla sinagoga aveva avuto come protagonista una coppia molto diversa dall’attuale: Karol Wojtyla e il rabbino Elio Toaff. Entrambi estroversi e comunicativi. Caratteristiche molto diverse quelle che invece accomunano Ratzinger e Di Segni. Fra loro c’è maggiore distanza anagrafica (22 anni, rispetto ai cinque fra Wojtyla e Toaff). Eppure in tante cose si assomigliano. Entrambi un po’ timidi, un agire che predilige la discrezione e poco concede alla spettacolo, lo stesso fastidio nei confronti di una visione del dialogo che porti a banalizzare le differenze dottrinali. Condividono persino lo stesso gusto liturgico per la tradizione: nella sinagoga Di Segni indossava un talled antico e prezioso, come i dorati paramenti dei suoi predecessori che ama indossare a San Pietro Benedetto XVI.
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