Cultura

Quelle sottili affinità tra il Papa e il rabbino

di Lucio Brunelli

La visita del Papa alla Sinagoga di Roma ha fatto emergere un nuovo di stile di dialogo fra cattolici ed ebrei. Assenza di retorica, non elusione dei problemi, affiorare di emozioni forti e autentiche, stima basata sul rispetto della reciproca diversità. A giudizio pressoché unanime degli osservatori queste le caratteristiche che hanno segnato la visita. Esse corrispondono alle personalità dei due protagonisti indiscussi dell’evento: papa Ratzinger e il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni. Leader che hanno molti tratti in comune, sia sul piano caratteriale sia sul piano culturale. La prima visita alla sinagoga aveva avuto come protagonista una coppia molto diversa dall’attuale: Karol Wojtyla e il rabbino Elio Toaff. Entrambi estroversi e comunicativi. Caratteristiche molto diverse quelle che invece accomunano Ratzinger e Di Segni. Fra loro c’è maggiore distanza anagrafica (22 anni, rispetto ai cinque fra Wojtyla e Toaff). Eppure in tante cose si assomigliano. Entrambi un po’ timidi, un agire che predilige la discrezione e poco concede alla spettacolo, lo stesso fastidio nei confronti di una visione del dialogo che porti a banalizzare le differenze dottrinali. Condividono persino lo stesso gusto liturgico per la tradizione: nella sinagoga Di Segni indossava un talled antico e prezioso, come i dorati paramenti dei suoi predecessori che ama indossare a San Pietro Benedetto XVI.

INDOVINELLO
Leggete questa frase e provate a indovinare chi dei due – il Papa o il rabbino – l’abbia pronunciata: «Un rischio sempre all’orizzonte è quello di proporre l’immagine semplificata di una religione universale, o di un’Onu delle religioni in cui tutte le fedi sono uguali… Questa è una realtà che dovrebbe preoccupare tutti gli interlocutori religiosi, perché mette alla luce un relativismo più volte denunciato e condannato». Sembra un manifesto del Ratzinger-pensiero ma è una citazione del rabbino Di Segni. Risale al 2004: tempi non sospetti, un anno prima l’elezione di Benedetto XVI. Un’altra citazione, qui sotto, rivela tutta la schiettezza (e l’onestà intellettuale) del capo della comunità ebraica romana?

ipse dixit
Teologicamente il cristiano non può fare a meno di Israele; l’ebreo, nella sua fede, deve fare a meno di Cristo se non vuole negarla.

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