Sostenibilità

La versione di Brunetta? Solo una legge piena di buone intenzioni

pubblica amministrazione

di Redazione

Nessun risarcimento previsto, ma solo il ripristino del servizio in caso di inefficienze della Pa. Un’entrata in vigore ancora tutta da decidere. Miozzi: «Una norma inutile, svuotata di ogni forza»di Angela Gennaro
La chiamano class action nella pubblica amministrazione, ed è diventata uno dei cavalli di battaglia del ministro Renato Brunetta. Ed è tutta lì, nel decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, «Attuazione dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 dicembre 2009, n. 303. Lo strumento, che fa parte della riforma Brunetta, non prevede il risarcimento del danno ma solo il ripristino del servizio. Riguarda non solo le pubbliche amministrazioni, ma anche i concessionari dei servizi pubblici (comeAutostrade o Rai, ad esempio). Per questi ultimi, in caso di “recidività” e quindi persistenza del disservizio, si potrà anche valutare la revoca della concessione.
Lotta ai servizi “carenti” nel Belpaese? Macché. Ad oggi la class action nella Pa è solo potenziale. Il testo approvato, infatti, cambia rispetto alla bozza precedente, che prevedeva l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2010. Riguardo ad azioni che tendono a sanzionare il mancato rispetto a degli standard qualitativi per i concessionari di servizi pubblici (Trenitalia, Comuni, Province, Regioni, società della luce, del gas, dell’acqua, ecc.) la class action viene rinviata a decreti della Presidenza del Consiglio che dovranno fissare gli standard qualitativi dei servizi da erogare al cittadino. Lo dice l’art. 7.
In attesa dei decreti, ecco le caratteristiche della legge. Cittadini singoli, ma anche associazioni, potranno presentare ricorso. In quali casi? Inefficienze del servizio, come il mancato rispetto dei tempi previsti o degli standard di qualità, «nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari di servizi pubblici». Questo nel caso in cui l’inefficienza porti «una lesione diretta, concreta e attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori» con un termine fissato per legge (fatta eccezione, naturalmente, per quelli aventi contenuto normativo). O nel caso di «violazione degli obblighi contenuti nelle Carte di servizi» o di standard qualitativi ed economici stabiliti nel caso di concessionari di servizi pubblici, autorità preposte alla regolazione e al controllo del settore e per le Pa.
Per il ministero della Pubblica amministrazione la norma soddisfa la «pretesa avanzata da uno o più cittadini a un controllo esterno di tipo giudiziale sul rispetto degli standard di qualità, economicità e tempestività», nonché «la massima pubblicità al giudizio e la costante responsabilizzazione degli operatori pubblici». Il ricorso, spiega una nota ufficiale del dicastero, potrà essere presentato in seguito alla lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti provocata dalla violazione degli standard qualitativi, così come degli obblighi contenute nelle Carte dei servizi. È prevista anche una diffida preventiva all’amministrazione, così che sia informata tempestivamente dell’azione collettiva e possa evitarla. Il monitoraggio sull’attuazione delle disposizioni è un compito che spetta alla Presidenza del Consiglio e alla commissione per la Valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni.
«Il termine class action in questo caso è veramente improprio, visto che si tratta di una norma inutile, svuotata di ogni forza, uno di quei provvedimenti che contribuiscono ad aiutare le imprese a danno dei consumatori», chiosa Lorenzo Miozzi, presidente del Movimento Consumatori.


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