Cultura

Arriva la tv dal basso. Ci salverà Telestreet

Contro la deriva informativa delle emittenti maggiori, si moltiplicano le iniziative di autoproduzione, come la bolognese Orfeo Tv.

di Ettore Colombo

“I media hanno messo l?elmetto”, ha denunciato don Antonio Sciortino, il direttore di Famiglia Cristiana. Considerazione che è diventata palese quando la Rai, invece della manifestazione per la pace del 15 febbraio, ha mandato in onda film e quiz. A salvarsi resta, naturalmente, Rainews24, diretta dal ?cattocomunista? Roberto Morrione, e le tv private, dalla piccola corazzata Italia1 della flotta ammiraglia Mediaset all?incrociatore solitario delle news de La 7, che ha trasmesso, e in diretta, l?intera giornata. Ma a lato, in parte sottoterra e in parte alla luce del sole, dell?ennesima, ripetitiva puntata dello scontro tra Polo e Ulivo su chi e quanto deve comandare (e sgovernare) nella tv di Stato e nell?informazione, stanno nascendo una serie di esperimenti e di sperimentazioni che, se non rassomigliano esattamente alla vecchia idea di Telesogno accarezzata anni fa da Santoro&Costanzo, ci vanno molto vicini. Insomma, nascerà davvero la ?global tv? che sognano alcuni leader del movimento, Luca Casarini in testa o la ?no war tv? cui Gino Strada e tutto lo staff comunicazione di Emergency lavorano, o ci si fermerà agli esperimenti, già in atto, delle cosiddette ?tv di strada?? Tutto comincia il 21 giugno 2002, la data d?inizio, forse, della prima ?tv lillipuziana? dell?etere, quando a Bologna, in via Orfeo, un gruppo di artisti, comici e intellettuali, capitanati da una vecchia conoscenza del movimento del 77, Franco Berardi detto Bifo, accende un trasmettitore tv a corto raggio: è nata Orfeo Tv, la prima ?tv di quartiere? del nuovo millennio. Ma la nascita di Orfeo fa parte di un progetto più ampio, Telestreet, che oggi può contare su una decina di tv di quartiere e su un sito internet dove chiunque può improvvisarsi editore di se stesso procurandosi le istruzioni tecniche e i consigli legali per installare in casa uno ?studio di trasmissione? da mille euro, che permette di destinare a uso sociale i vecchi vhs di casa e le microtelecamere, proprio come avvenne ai tempi delle radio libere che spuntarono come funghi negli anni 70. Proprio su questo punto è interessante ascoltare le considerazioni di Alberto Nerazzini, giovane giornalista della redazione di Sciuscià che, dopo la chiusura della trasmissione, batte l?Italia seguendo e collaborando con le varie esperienze del movimento e dei ?girotondi?: «Il paradosso è che tutte le esperienze di tv di strada come quelle delle tv del movimento, che hanno conosciuto il loro boom con le giornate di Genova, vengono effettuate con mezzi tecnologicamente ?vecchi? come le Hi8 o con le nuove Ducam digitali. Io, però, resto affezionato alla mia Betamax: del resto, anche i no global hanno capito che senza uno studio attrezzato con i vecchi Beta non si mette in piedi un palinsesto». Già, il problema è rappresentato dai soldi che ci vogliono per affittare il satellite (almeno 5mila euro al minuto) e dalle preclusioni politiche di alcuni circuiti privati.


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