Mondo

Le adozioni in onda sul grande fratello

Parte su La7 la docufiction a cui ha collaborato il Cifa

di Sara De Carli

Cinque coppie, cinque Paesi, dieci bambini, di cui la maggior parte sopra i 7 anni. Sono le storie raccontate in «Mamma ho preso l’aereo». La regista è la stessa del «Grande fratello»,
ma non chiamatelo reality
L’unico «vietato disturbare» le telecamere l’hanno avuto per la prima notte, nel Paese d’origine. Troppo intimo il momento in cui, per la prima volta, la nuova famiglia si guarda negli occhi e, spento il frastuono di una giornata memorabile, lascia cadere tutte le difese e venire a galla le paure. Per il resto la troupe ha ripreso H24 il percorso che ha portato cinque coppie a diventare genitori, attraverso l’adozione internazionale. Brasile, Perù, Filippine, Ucraina, Vietnam e dieci bambini: queste le storie che saranno trasmesse su La7 in sei puntate a partire dal 26 gennaio, nella docufiction «Mamma ho preso l’aereo». Un’idea su cui si è accesa una polemica preventiva, con Carlo Giovanardi, presidente della Cai, che ha ammonito a «non fare dell’adozione un intrattenimento» ma su cui un ente storico come il Cifa ha scelto di scommettere: per Gianfranco Arnoletti, il presidente, l’obiettivo non è fare uno spot per l’adozione, «piuttosto per l’accoglienza, per mostrare gli enormi benefici che una famiglia può regalare a un bambino».
Dietro tutto ciò c’è Chiara Salvo, regista e producer, vent’anni di esperienza in tv, dal «Grande fratello»alla serie «Il miglio verde» sulla pena di morte. «Ci sono genitori adottivi ovunque, ma nessuno ha mai raccontato le loro storie», dice. La docufiction – «non chiamiamolo reality, è una via di mezzo tra il racconto di storie e un programma di servizio» – segue per otto mesi le coppie, nei momenti salienti dell’iter adottivo. «Per i bambini siamo diventati un po’ degli zii, è stato naturale anche capire quando fare un passo indietro». Per esempio quando le coppie vanno in crisi o quando i bambini rifiutano la mamma, investita della responsabilità dell’abbandono: «Solo una ha voluto che fosse mandato in onda anche quello, perché altre donne sapessero», spiega la Salvo.
Annalisa e Daniele le telecamere le hanno fatte spegnere ogni volta che, in quei primi giorni, An Huy piangeva molto: «L’adattamento è un bell’impatto per tutti», spiegano. Hanno adottato il più piccolo del gruppo (oggi An Huy ha 18 mesi) e tra le loro condizioni c’era anche zero riprese sul dossier del bimbo e la sua storia. In Vietnam c’era anche Laura, adottata in Bolivia nel 2005, che ora muore dalla voglia di vedersi in tv. «Non lo consiglierei a tutti, ma non è stato neanche così traumatizzante», dice Annalisa, che aveva accettato solo per la garanzia-presenza del Cifa. «Spero venga fuori l’idea che una famiglia può nascere in tanti modi, e l’adozione è un modo bellissimo».
Quel che è certo è che in tv passerà un’immagine non strappalacrime, con – non a caso – tante storie di bambini grandi (otto su dieci hanno più di 7 anni) e di un gruppo di cinque fratelli brasiliani, adottati da due famiglie. L’adozione oggi.


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