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Per i giudici americani “è un fallimento”

La definizione è dell'American Law Institute

di Sara De Carli

La pena di morte «è un fallimento». Lo hanno scritto nero su bianco i giudici dell’American Law Institute, un organismo composto da oltre quattromila membri tra giudici, avvocati e professori universitari, lo stesso che cinquant’anni fa ha creato il frame intellettuale e di pensiero per giustificare la moderna pena capitale. Ora l’Ali si è pronunciata definendo la sua stessa creatura un fallimento e ha fatto marcia indietro.

La notizia è di ottobre, quando l’Ali ha deciso (non all’unanimità) di smantellare una delle strutture da lei stessa creata, «alla luce degli attuali insolubili ostacoli istituzionali e strutturali, e nel tentativo di garantire un sistema più adeguato alla gestione della pena di morte». Ieri però è arrivata sul New York Times, in un articolo firmato da Adam Liptak (leggi qui).

Per gli abolizionisti l’istituto «sta dicendo che il sistema della pena capitale degli Usa è irrimediabilente fallato». Una commissione di studio ha provato che nei decenni il sistema non ha saputo unire i due obiettivi di conciliare le decisioni individuali su chi debba essere punito con la pena di morte e la giustizia alla base del sistema. L’arbitrarietà è stata così una falla sistemica. La pena capitale inoltre è stata viziata da pregiudizi razziali, è enormemente costosa anche se molti degli avvocati impeganti in queste cause sono mediocri e mal pagati, e il rischio di condannare persone innocenti resta ancora troppo alto.

Samuel Gross, professore di legge all’Università del Michigan ha detto: «Nle 2010 gli studenti di legge studieranno che gli stessi giudici e illustri avvocati hanno definito il sistema di pena di morte statunitense che hanno contribuito a creare, un fallimento reale e morale». 


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