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Class action, arma spuntata

Al via le prime cause collettive. Nonostante per le associazioni lo strumento sia poco efficace

di Redazione

È partito il Codacons, che “a tutela di 25 milioni di correntisti” ha notificato due citazioni in Tribunale contro due colossi bancari: Unicredit e Intesa Sanpaolo. “L’azione intrapresa poggia sulle rilevazioni dell’Antitrust secondo le quali “le banche avrebbero compensato l’eliminazione della commissione di più costose commissioni a carico degli utenti, anche 15 volte più care rispetto al massimo scoperto”, spiega il presidente Carlo Rienzi. Per il Codacons si tratta di un comportamento illegittimo che produce un danno economico ingente ai consumatori, come dimostrato anche dall’Autorità della concorrenza e del mercato. Di qui la class action notificata al Tribunale di Torino (per Intesa SanPaolo) e a quello di Roma (per Unicredit) contro le due maggiori banche italiane.

Il Codacons ha annunciato anche la citazione in giudizio per la Voden Medical Instrument spa, ideatrice e distributrice del test fai da te per l’influenza H1N1, davanti al tribunale di Milano, per il test contro l’influenza A. Secondo l’associazione, infatti, il test, venduto a 14,50 euro, non convince a causa della scarsa sensibilità rispetto agli esami di tipo molecolare. Nel mirino anche la Gerit – Equitalia per l’invio di numerose “cartelle pazze”, Trenitalia per i continui disservizi a danno degli utenti e Formigoni per chiedere ristoro dei danni da smog.

Uno strumento in più a disposizione dei consumatori che però, a giudizio della maggioranza delle associazioni, avrebbe potuto essere molto meglio di quanto non sia. A causa di una serie di modifiche che ne hanno stravolto il profilo, rispetto alla class class action introdotta dal governo Prodi alla fine del  2007. «Le class action o le azioni collettive risarcitorie perseguono due fondamentali obiettivi: la riparazione dei danni, che, come abbiamo visto, è impraticabile nella dimensione individuale, e la deterrenza dal compimento degli illeciti», spiega Lorenzo Miozzi presidente di Movimento Consumatori. «Le modifiche apportate dal governo vanno in senso diametralmente opposto rispetto agli obiettivi sopra indicati».

Ma quali sono i cambiamenti più rilevanti nella versione attuale della legge? Per scoprirlo ecco di seguito una piccola la guida curata da Piero Pacchioli, del Movimento Consumatori

Due ostacoli
L’azione di classe non è proponibile per tutti gli illeciti precedenti all’entrata in vigore della legge. È quindi esclusa la possibilità di ottenere un risarcimento del danno per tutti gli scandali finanziari della Cirio, di Parmalat, ma, probabilmente, anche per la Lehman Brothers. Tale limitazione è priva di alcun fondamento giuridico in quanto il generale principio di irretroattività della legge opera per le norme di diritto sostanziale che introducono nuovi diritti e non invece per quelle processuali che non introducono nessun nuovo diritto, ma semplicemente nuovi strumenti processuali per far valere vecchi diritti.
Sul punto sono forti le critiche anche dei giuristi e delle associazioni ambientaliste. Carlo Federico Grosso, ex vicepresidente del Csm, che ha affermato che «si vuole evidentemente eliminare ogni ipotesi di applicazione della class action a situazioni precedenti alla sua entrata in vigore e limitarla a quelle situazioni che si verificheranno successivamente. Ma così le vittime degli scandali finanziari sono penalizzate».
Le associazioni dei consumatori non avranno più la possibilità, come previsto inizialmente, di essere promotori delle azioni, ma solo di ricevere il mandato dai danneggiati. Inoltre, possono essere fatti valere in giudizio solo diritti identici e l’azione non è esercitatile per gli illeciti extracontrattuali diversi dalla responsabilità da prodotto, dalle pratiche anticoncorrenziali o dalle pratiche commerciali scorrette. Le azioni contro società di revisione, amministratori delle società quotate, agenzie di rating non potranno essere fatti valere con una class action ma solo con un’azione individuale. Cosa sono poi i diritti identici? L’identità dei diritti è un requisito davvero restrittivo. Se prendiamo, ad esempio, il danno da prodotto difettoso, come un farmaco, i diritti che i singoli consumatori potranno far valere non sono quasi mai “identici”: ogni danneggiato infatti potrà aver assunto il farmaco in situazioni diverse, aver accusato patologie differenti, aver subito danni diversi. Se dovesse prevalere un’interpretazione restrittiva dell’identità dei diritti, sarebbe davvero difficile individuare in quali casi sia applicabile la class action.

Risarcimenti? Un miraggio
Nei rari casi in cui l’azione è proponibile, è pressoché impossibile che tutti i danneggiati (o comunque un gran numero) ottengano il risarcimento dovuto.
Possono avvalersi dell’azione collettiva risarcitoria solo coloro vi abbiano aderito entro 120 giorni dalla dichiarazione di ammissibilità dell’azione e dalla pubblicità dell’azione che spetta all’attore. Dopo la proposizione della prima azione non sono proponibili nuove azioni di classe per i medesimi fatti. È evidente che l’effetto di deterrenza della class action sia pressoché inesistente.


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