Non profit

Scende in campo un’Africa che non ti aspetti

Aspettando i Mondiali di calcio

di Emanuela Citterio

Un’organizzazione oliatissima, stadi in gran parte già terminati, grandi aziende pronte a scommettere sull’evento. «Il pallone darà un’accelerata a tutto il continente» «Stiamo per entrare nell’anno in cui il Sudafrica ospiterà i Mondiali di calcio, i primi nel continente africano. Immaginate che effetto può avere questo evento sul morale, sull’autostima della gente. Quando noi sudafricani abbiamo visto come il mondo guardava a Nelson Mandela, la nostra statura ha guadagnato un paio di centimetri. Ora che vedremo i Mondiali di calcio modellarci di nuovo come nazione, ne guadagneremo almeno quattro!». Parole di Desmond Tutu, l’arcivescovo anglicano simbolo, insieme a Mandela, della vittoria contro la segregazione razziale in Sudafrica. Nel 2010, dall’11 giugno all’11 luglio, per la prima volta l’Africa ospiterà i campionati mondiali dello sport più popolare del mondo. La stampa del Paese di Mandela guarda con attenzione ai risvolti sociali della Coppa del mondo e all’impatto che sta già avendo ora, a sei mesi dal debutto. Sulla rete, South Africa the good news (www.sagoodnews.co.za) è uno dei siti sudafricani più informati. Ad aggiornare ogni giorno la sezione «Countdown al 2010« dedicata ai Mondiali è il giornalista Matthew Choate.
Vita: D’accordo con Desmond Tutu?
Matthew Choate: Certo. I Mondiali sono una fantastica opportunità per il Sudafrica e per tutto il continente africano. Nel 94, con la fine dell’apartheid, è nato il “Paese arcobaleno”, una nazione composta da persone che hanno culture, lingue, tradizioni diverse. Ma gestire questa diversità è tuttora una sfida aperta.
Vita: Cosa c’entrano i Mondiali?
Choate: Il calcio è lo sport più popolare in Sudafrica. Questo evento ci può aiutare a capitalizzare le differenze, a ricordarci quello che abbiamo dimenticato: che siamo una sola nazione. C’è poi il fatto che per la prima volta i Mondiali si svolgeranno in Africa. Arriveranno persone da tutto il continente, dal Ghana, dalla Nigeria, dal Camerun. È vero che c’è già la Coppa d’Africa, che si disputa ogni due anni. Ma questa volta per l’Africa è l’occasione di sentirsi unita anche di fronte al resto del mondo.
Vita: Le partite si svolgeranno in dieci stadi ubicati in nove città del Sudafrica, alcuni dei quali stanno per essere ultimati. A che punto siamo?
Choate: A Durban e Cape Town gli stadi sono pronti. Quasi finito anche quello di Polokwane. Dal punto di vista logistico tutto sarà pronto in tempo, anche perché c’è stato un grosso investimento da parte del governo e della Fifa.
Vita: Infrastrutture utili solo per i turisti e i fan delle squadre di calcio o anche per chi vive in Sudafrica?
Choate: A parte gli stadi, le altre infrastrutture erano già in programma. Le città protagoniste saranno pronte ad accogliere i 3 milioni e mezzo di visitatori con un sistema di trasporti innovativo, grazie a un investimento di quasi 500 milioni di dollari. Aziende e sponsor hanno da tempo scommesso sull’evento. I Mondiali hanno accelerato tutto. Hanno dato impulso a uno sviluppo economico che di sicuro avvantaggerà il Paese.
Vita: Hellen Zille, la presidente della Provincia di Cape Town, ha chiesto al governo che, oltre allo stadio, si costruisse un nuovo quartiere popolare per le famiglie più povere?
Choate: La sua richiesta è stata importante, e qualcosa si è mosso. Non si può pretendere però che i Mondiali, o il governo, o la Fifa risolvano tutti i problemi del Sudafrica. Daranno un forte impulso, questo sì.
Vita: Esistono progetti sociali legati ai Mondiali?
Choate: C’è il programma «Football for hope» sostenuto dalla Fifa e dal governo sudafricano, che prevede la costruzione di dieci centri di aggregazione comunitari nelle township. L’idea è di puntare sul calcio per trasformare le comunità e offrire opportunità ai giovani. Sono soprattutto le ong a essere impegnate su questo fronte, facendo leva sul calcio come mezzo di aggregazione e occasione di riscatto. Nelle scuole si organizzano dei finti Mondiali di calcio nei quali i ragazzi “giocano” per le diverse nazionali africane.


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