Formazione

In 1300 in marcia per Gaza

Nella Striscia attiviisti da 42 paesi diversi. "Ossigeno per la popolazione stremata"

di Daniele Biella

Una marcia nonviolenta che rimarrà nella storia. Si preannuncia un evento senza precedenti la Gaza freedom march, l’iniziativa che il 31 dicembre 2009 prevede l’arrivo alle porte della Striscia di Gaza almeno 1300 persone di 42 paesi diversi e di varia estrazione sociale: politici, medici, avvocati, attori, studenti e semplici cittadini, uniti nella causa comune di portare sostegno alla popolazione civile palestinese a un anno dallo inizio dell’operazione israeliana Piombo fuso, che ha portato alla morte di almeno mille civili della Striscia e alla distruzione di migliaia di edifici.

Organizzata dall’ong statunitense Codepink, la marcia prevede la partecipazione, fra gli altri, del premio Pulitzer Alice Walker, dell’85 enne sopravvissuta all’olocausto Hedy Epstein, di vari parlamentare francesi, statunitensi, giapponesi, uomini religiosi di diverse confessioni. La delegazione italiana, chiamata a raccolta dalla ex presidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini, è composta di circa 150 unità e appoggiata da varie ong e associazioni, tra cui Action for peace, Arci, Donne in nero, Un ponte per… e Rete Radiè Resch.

Il gruppo al completo si ritrova l’ultimo giorno dell’anno davanti al Valico di Rafah, alla frontiera tra l’Egitto e la Striscia. Da qui, sempre che le autorità egiziane concedano il passaggio (negli ultimi giorni il governo del Cairo ha preso le distanze dall’iniziativa per evitare incidenti diplomatici con Israele), una volta entrati nel territorio palestinese inizieranno una marcia a cui hanno già aderito almeno 50mila abitanti di Gaza e dintorni. L’obiettivo è arrivare all’altra frontiera, quella con Israele, al valico di Erez.

Vita.it ha raggiunto il giorno prima della partenza per l’Egitto l’italiana Ginevra Sanguigno, 53 anni, attrice, attivista e clown di lunga data, fondatrice dell’associazione Clown one Italia, rappresentante italiana del Parlamento mondiale dei clown (organizzazione che raccoglie economisti, scienziati e filosofi per cercare alternative sostenibili al futuro del mondo) e braccio destro di Patch Adams, il celebre pioniere della clownterapia. Sanguigno, che da almeno vent’anni organizza “missioni del sorriso” nei luoghi di guerra e sofferenza del pianeta (una delle iniziative più ricordate è quella effettuata nel 2001 in Afghanistan, ritratta nel film Clown in Kabul) è già stata in Medio Oriente, “ma questa volta è diverso, questa marcia sarà un evento eccezionale, ricordato a lungo”.

Perché ha scelto di partecipare alla Gaza freedom march?

Vi partecipo in prima persona portando tutto il significato di attivismo politico e mediazione di conflitti che la figura del clown si porta con sé. In questo caso più che in altri, la mia presenza non assume il significato di “sto da quella parte contro quegli altri”, piuttosto ho scelto di esserci per stare con i più deboli, ovvero supportare la marea di civili (la Striscia è il luogo più densamente popolato del mondo, ndr) che l’anno scorso ha patito guerra e distruzione e oggi continua a soffrire sebbene non c’entra nulla con gli scontri fra i governi interessati. E’ ora di finirla di ammazzarsi l’uno con l’altro.

Che significato ha la marcia?

Il “cappello” in cui ci ritroviamo tutti noi partecipanti è quello di appoggio alla popolazione civile della Striscia. Poi ognuno di noi ci aggiunge le proprie ragioni. Io guardo in primo luogo alle vittime più indifese: i bambini, le donne. Senza assolutamente giustificare il lancio di razzi verso Israele da parte di Hamas o altri, l’operazione Piombo fuso per come è stata condotta ha avuto un effetto terribile, perché buttare bombe in un luogo così densamente popolato significava essere coscienti che si andava a colpire indiscriminatamente anche dei civili. E questo da una democrazia come quella israeliana, elogiata in passato come una delle migliori, non puoi accettarlo.

 Nel caso non riusciate a entrare nella Striscia?

Lo scopo della missione è entrare a Gaza, e penso che alla fine ce la faremo. Altrimenti, ci faremo sentire e vedere con ogni mezzo, saremo davvero in tanti e questo conta.

Comunque vada, quale sarà la reale efficacia dell’iniziativa?

Ogni azione che viene compiuta e che ha risonanza sui mezzi d’informazione di tutto il mondo ha la sua efficacia immediata per la sensibilizzazione sull’opinione pubblica. Ma in questo caso il valore aggiunto è l’esserci, la presenza fisica sul posto: io non sono una persona che va molto a manifestazioni in Italia, ma quando c’è da portare un messaggio di pace e speranza laddove ce n’è bisogno non mi tiro indietro, perché il beneficio che ne ricava la persona a cui stai portando la tua solidarietà è altissimo. Questo lo vedo ogni volta che vado negli ospedali, negli orfanotrofi e nelle carceri dei luoghi più disastrati del mondo. E in una situazione come quella di oggi nella Striscia, ciò assume ancora più significato. Parlare con la gente, regalare sorrisi, palloncini e nasi rossi ai bambini, essere lì per loro: è questo il senso di andare a Gaza di questi tempi.


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