Non profit

Ecco i dottori di domani

Territoriale, preventiva, comunitaria. La nuova medicina in molti luoghi è già realtà

di Sara De Carli

Centri polispecialistici low cost, consorzi di camici bianchi, assistenza a domicilio: così il non profit anticipa la medicina generale di domani, che sarà sempre più d’eccellenza e h 24. Un ‘inchiesta dal numero 28 di Vita magazine uscito il 24 luglio 2009

Se fosse un non-luogo, per dirla con Marc Augé, sarebbe un hub. Per quel suo essere un centro unico di ingresso, la comodità di avere una porta e mille destinazioni. Invece è un luogo. Anzi, oggi lo studio del medico di base è l’unico luogo dove fa condensa la fatica di vivere una vita liquida, se non gassosa nella sua precarietà. Un luogo tanto univoco da diventare famigliare e tanto polisemico da accogliere in sé le funzioni lontanissime dell’agorà e del confessionale. Immaginate poi se, nello stesso edificio, due porte più in là, insieme al medico di base si potesse trovare il cardiologo, il dermatologo, lo psicologo, l’oculista, il dentista. Un continuum di competenze, a costi contenuti e possibilmente H24. Una parte di queste prestazioni, poi, partendo da qui arriva addirittura al tuo domicilio. Che la sala d’attesa di un medico sia tutto ciò, oggi è un caso o un desiderio. Domani potrebbe essere un modello d’impresa.

Perché la sanità

Da qualche tempo i segmenti più innovativi della cooperazione sociale lavorano a progetti sanitari. Dire che la cooperazione si sta spostando dal socioassistenziale al sanitario è troppo, ma certo c’è un nuovo interesse nel settore. Il non profit ha anticipato quello che il Libro bianco del ministro Sacconi delinea come frame futuro per la sanità leggera: un’apertura che può sfociare tanto nel franchising low cost sanitario quanto in nuovi modelli, capaci di tradurre i valori in organizzazione e il fare comunità in obiettivo d’impresa.
Tutto dipende dal perché si sceglie di fare impresa in sanità: perché è l’unico segmento di mercato con previsioni di crescita a due zeri o perché ci si è resi conto che la sanità è la nuova casa del welfare, in quanto è a un generico sanitario che arrivano i bisogni dei nuovi soggetti vulnerabili. Privi persino delle parole per dirli. Come spiega Claudia Fiaschi, presidente di Cgm, la cooperazione «non può restare indifferente al fatto che la coperta troppo corta della spesa pubblica lascia fuori il 65% delle famiglie italiane: troppo ricche per stare dentro il Ssn, troppo povere per pagarsi cure private».

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