Economia
Il vento va a tutto Watt
Il boom dell'energia eolica: risorsa per economia e ambiente o operazione speculativa?
L’allarme della Coldiretti arriva a luglio: il boom dell’eolico in Italia, grazie agli incentivi, mette a rischio il territorio e l’agricoltura. Una posizione che fa discutere, soprattutto all’interno del mondo ambientalista. Vita ha provato a capire la posta in gioco. E a fare i conti in tasca al fenomeno delle pale
Dodicimila megaWatt. Sta tutta in questa cifra la posta in gioco della battaglia del vento. Una cifra messa nero su bianco in un documento ufficiale del governo italiano, il cosiddetto Position paper presentato alla Commissione europea. Quello in cui l’Italia dice come intende raggiungere gli obiettivi messi a punto da Bruxelles sul fronte delle energie rinnovabili e dell’abbattimento delle emissioni inquinanti, da qui al 2020. Ebbene, in questa dichiarazione di intenti si punta, di fatto, a triplicare l’attuale potenza installata di energia eolica (3.861,9 MW a fine 2008), arrivando, appunto, alla cifra di 12mila MW. Un vero e proprio boom, come spiega Giovanni Battista Zorzoli, presidente di Ises Italia ed esperto di energie rinnovabili: «Quasi il 40% dell’incremento di energie rinnovabili previsto da qui al 2020 arriverà dal vento. Altro che contributo marginale…»
Normale dunque che attorno a quei 12mila MW si coagulino interessi diversi, spesso contrastanti. I produttori di energia, ovviamente. Gli enti locali. E poi gli ambientalisti che nelle loro principali espressioni associative (WWF, Legambiente, Greenpeace) puntano sull’eolico, mettendo in gioco la loro credibilità. C’è un altro attore di cui forse si è tenuto poco conto, l’agricoltura. Che in questi giorni ha fatto sentire, alta, la sua voce, attraverso il megafono di Coldiretti, che ha lanciato un evento dal titolo assai significativo, «La speculazione dell’eolico – Palazzinari dell’energia». Schierata con l’associazione degli agricoltori, una serie di sigle ambientaliste “controcorrente”, capitanate da Italia Nostra.
Allarme territorio
L’accusa è precisa. L’eolico provoca «danni irreversibili sul paesaggio naturale, culturale e agricolo nazionale» e «rappresenta oggi un contributo del tutto marginale al bilancio energetico». E nonostante le previsioni di crescita messe nero su bianco dal governo, questa marginalità, a detta di Coldiretti, resterà tale anche in futuro: nel 2020 la produzione eolica, pur con la triplicazione degli impianti prevista dal governo, «sarà pari al 7,9% dei consumi di energia prodotta da fonti rinnovabili e al 1,3% di consumi finali complessivi».
Il gioco non vale la candela, quindi, secondo Coldiretti, soprattutto se di mezzo c’è una risorsa preziosa come il territorio. «Ci sono arrivati molteplici segnali di disagio», spiega Stefano Masini, responsabile Ambiente e territorio della grande organizzazione, «anche sotto forma di ricorsi amministrativi per contestare la legittimità delle installazioni, a tutela di vigneti e di oliveti». L’onda è partita nelle terre del Morellino di Scansano (vedi articolo a pag. 5), ma si è diffusa in molti angoli di Italia, con gli agricoltori sul piede di guerra contro le pale: in Molise, in Puglia, in Sicilia… «Troppo spesso», sostiene Masini, «sono state avviate iniziative di costruzioni di torri eoliche in mancanza di istruttorie capaci di coinvolgere le imprese agricole circa i tracciati più funzionali allo sviluppo di qualità di alcune terre». Quel che serve, secondo Masini, «è un processo di migliore concertazione locale, integrando i piani energetici con quelli di sviluppo rurale». Gli standard in vigore oggi «non ci soddisfano», spiega Masini. Che chiede quindi per gli agricoltori più voce in capitolo nella gestione del processo che porta alla costruzione degli impianti. «Anche perché non abbiamo affatto intenzione di demonizzare l’eolico: la soluzione del problema del deficit energetico dell’Italia passa attraverso un mix di energie, tra cui anche l’eolico».
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