Cultura

Scavando sotto la pelle del nostro quotidiano

Sessanta inediti composti dagli anni 80 ad oggi

di Redazione

Nei suoi libri Edoardo Albinati racconta di situazioni di frontiera, si tratti dell’Afghanistan (Il ritorno. Diario di una missione) o della condizione del protagonista di Tutt’al più muoio, scritto con Filippo Timi, che dice, significativamente: «Se sei mezzo cieco, balbuziente, povero e indeciso sessualmente, cosa puoi aspettarti dalla vita?». Luogo di frontiera è anche quello in cui Albinati fa l’insegnante ormai da tanti anni, il carcere di Rebibbia penale, a Roma. Frontiere geografiche, biografiche, sociali.
Anche nel suo ultimo, bellissimo, libro Guerra alla tristezza, si attraversano e riattraversano frontiere, quelle dell’età, quelle della letteratura, quelle dell’amore e delle relazioni, quelle delle grandi questioni (bellissimo il racconto breve Chi crede in Dio). Si tratta di una raccolta di racconti e di scritti eccentrici, per la maggior parte brevi o brevissimi, salvo qualche eccezione. Sono 60 e tutti inediti, anche se composti a partire dagli anni 80 fino ad oggi. È una sorta di lungo laboratorio ventennale in cui Albinati con toni scherzosi e insieme profondi riesce a raccontare il dolore più intimo o le più intime esperienze di bellezza.
In questione è sempre l’io, e in particolare l’io di ragazzi e adolescenti, che è raccontato come una ferita (leggete Astronauti e Voci nel buio), come un dolore intimo, quello di un bisogno di essere amati che non trova adeguata risposta. Spesso i ragazzi e adolescenti protagonisti dei racconti appaiono come orfani o figli di cattivi padri e cattive madri. Quasi vivessimo in un tempo in cui sia quasi impossibile fare l’esperienza di essere pienamente figli. Immersa nel suo tempo, la scrittura di Albinati scava senza pesantezze sotto la pelle del nostro quotidiano.

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