Sostenibilità

Ambiente: Rapporto sullo Stato del Paese 2003

Legambiente stila il rapporto sull'ambiente e mette in guardia: Realacci, "Nel nostro Paese sembrano a rischio le conquiste degli ultimi anni, occhio alla Legge Obiettivo."

di Redazione

Emissioni di co2 cresciute fino al 34%, 900.000 km2 di foreste cancellati, in Africa diminuisce il reddito, la scolarità e l’attesa di vita, mentre il protezionismo dell’occidente scippa 200miliardi $ ai Paesi in via di sviluppo. Ecco i risultati di 10 anni di mancato governo della globalizzazione: i numeri smentiscono le bugie degli ecoscettici. E l’Italia resta a guardare: investimenti risibili per la ricerca, allarmante qualità dell’aria in città aumento delle emissioni di gas serra, e per l’ambiente niente di meglio della Legge Obiettivo. Realacci: ripensare lo sviluppo per fermare i mutamenti climatici e battere la povertà Lo stato dell’Italia spesa per ricerca e sviluppo: 1,07% del Pil (contro 1,92% della media europea) spesa per educazione superiore: 2/3 della media europea, 1/3 rispetto a Svezia e Danimarca brevettualità: 14 richieste di brevetto ogni 100.000 lavoratori (192 in Germania, 112 in UK, 572 in Giappone, 123 negli Usa) quota personale tecnico scientifico: 3,3% sul totale della forza lavoro (1999) contro 5,15% della media europea consumi di carburante: +4.1% auto/abitante: 57,4 (per un totale di 33,2 mln auto) contro i 45,7 della media europea qualità ambientale autoveicoli: è ancora critica: al gennaio 2001 solo il 50% delle autovetture circolanti è adeguata agli standard Euro 1 e 2; solo il33% degli autocarri el’11% degli autobus in servizio pubblico. agricoltura biologica: interessa (dicembre 2001) oltre l’8% della superficie agricola utilizzabile (+20% rispetto al 2000). Le aziende sono salite a oltre 56.000. Resta fortemente concentrata nelle regioni meridionali (69% delle superfici), con Sardegna, Sicilia, Puglia ed Emilia Romagna come regioni con la maggiore superficie. prodotti certificati DOP e IGP: +7% rispetto al 2000. Insieme alla Francia vantiamoo oltre 100 prodotti, dominando il panorama europeo. consumo pesticidi: – 25% rispetto al 1990 rifiuti urbani: 29 mln tonnellate/anno, +11% rispetto al 1996 consumo imballaggi: +23% rispetto al 1996, tasso doppio rispetto alla crescita dei consumi e dei rifiuti urbani emissioni gas climalteranti: +1% (1999-2000), +5% dal 1990 (protocollo di Kyoto) legate soprattutto ai trasporti (+20% rispetto al 1990) fonti gas climalteranti: 29% industria energetica, 24% trasporti, 23% attività industriali, 16% consumi domestici e commerciali frane: 11.987 (1991-2001) alluvioni: 1.006 (1991-2001) aree ad alto rischio idrogeologico: 2875 comuni (35% del totale) fondi: 1.000.700.000 ? per soli interventi di protezione civile (2000-2001) riserve marine statali: 16, per 266 mila ettari (1% del territorio nazionale) aree naturali protette: 2,7 mln ettari (9% del territorio nazionale) SIC e ZPS: 2 mln ettari (al netto delle aree protette) Lo stato del Mondo Trattati disattesi: Accordo di Doha: un anno fa, a Doha, il WTO aveva concordato di consentire ai paesi in via di sviluppo la produzione di farmaci salvavita essenziali senza pagare i brevetti (pratica in parte già avviata in Brasile, India e Sudafrica). Questo accordo è saltato per il veto posto all?estensione della pratica ad altri farmaci essenziali per malattie come l?asma o l?epatite, e per il divieto esportare i farmaci fuori dal paese produttore. Questo vincolo è una condanna per i paesi più piccoli privi di risorse economiche e tecnologiche adeguate. Protocollo di Kyoto: è stato sì ratificato da 102 stati, ma non ha ancora raggiunto il numero di adesioni necessarie a diventare operativo (è richiesta l’adesione di Pesi che rappresentino almeno il 55% delle emissioni dei paesi sviluppati. Al momento siamo al 43%.) Aiuti allo sviluppo: tra il 1990 e il 2000 gli aiuti sono scesi dallo 0,33% allo 0,22% del PIL dei paesi donatori. Per i 48 paesi più poveri, questa contrazione ha significato la riduzione degli aiuti dall?11,9% al 7,6% del PIL. Energia: contrazione dei consumi nei paesi dell?ex-Unione sovietica, dell?est Europa e dell?Africa; resta elevato invece il consumo pro-capite nei paesi industrializzati, come in Europa (+221 kep/ab, tra il 1990 e il 2000) e negli Stati Uniti (+323 kep/ab). Più limitato, in termini procapite, l’incremento registrato nei paesi asiatici (+151 kep/ab) e in Cina (+137 kep/ab). Nel corso dell’ultimo decennio è cresciuta la forbice nei consumi procapite tra paesi ricchi e poveri: i paesi asiatici hanno consumi procapite pari a meno di 1/10 di quelli degli Stati Uniti e a meno di 1/5 di quelli europei. Effetti dei mutamenti climatici: 526 disastri naturali nel 2002, di cui 1 su tre legato alle piogge, con 9.000 morti e 70mld$ di danni stimati. Delle 40 maggiori catastrofi degli ultimi 30 anni, solo 2 si sono verificate nei Paesi sviluppati Foreste: dal 1990 al 2000 sono stati tagliati 900.000 km2 (il 97% in are tropicali) Sussidi all’agricoltura: 285 mld $ nel 2001, pari al 38% della produzione agricola dei paesi sviluppati Danni: secondo la Banca Mondiale la perdita annua dei Paesi in via di sviluppo è quantificabile in 20 mld di dollari in Italia: 9.000 miliardi di lire nel 2001 rispetto ai 3.000 miliardi di lire erogati nel 1991. In alcuni casi ? il più eclatante è quello del tabacco che ha ricevuto circa 350 milioni di euro e che produce anche notevoli costi sanitari ? gli aiuti superano largamente il valore della produzione. dumping (vendita sotto costo): ? Grano: Stati Uniti ed Europa rappresentano circa la metà di tutte le esportazioni di grano. I loro prezzi di esportazione sono rispettivamente del 46% e del 34% inferiori ai costi di produzione. ? Mais: gli Usa valgono circa la metà delle esportazioni mondiali. Il prezzo di esportazione è pari a circa il 20% del costo di produzione. ? Latte in polvere: l?Europa è il più grande esportatore mondiale e i prezzi di esportazione sono circa la metà dei prezzi di produzione. ? Zucchero raffinato: l?Europa è il principale esportatore mondiale di zucchero bianco. Il prezzo di esportazione è circa il 25% del costo di produzione. ? Latte: i contributi dell’Ue al settore sono di 16 mld ?, paria circa 2 ? al giorno per ogni mucca dell’Unione. Mondo. 90 mila km2 di foreste tagliate ogni anno. Emissioni di Co2 in crescita costante, con un aumento, in dieci anni, del 21% negli Usa e del 34% nei Paesi asiatici. I poveri dell’Europa occidentale sono cresciuti, nel corso degli anni ’90, da 44 a 91 milioni, e si contano 30 milioni di casi di malnutrizione. Diminuisce l’attesa di vita in tutta l’Africa sub-sahariana. I paesi cosiddetti liberisti dell’Occidente sviluppato (gruppo Ocse) hanno speso nel 2001 285 miliardi di dollari per sostenere i propri prodotti agricoli (6 volte tanto gli aiuti allo sviluppo, quasi il 40% del valore totale della produzione agricola mondiale) distorcendo il mercato e producendo un danno ai Paesi in via di sviluppo che la Banca Mondiale quantifica in 20miliardi di dollari annui. Bastano questi pochi indicatori – fra i cento che compongono Ambiente Italia 2003, il rapporto annuale di Legambiente – a tratteggiare gli esiti di un decennio di globalizzazione senza regole, di strapotere del profitto e di sottovalutazione delle ‘controindicazioni’ sociali e ambientali di uno sviluppo abbandonato a se stesso. E da soli basterebbero a far impallidire le tesi di chi pretende di minimizzare i problemi ambientali o di far passare le crescenti disuguaglianze sociali per il rumore di fondo della grande macchina del progresso. “C’è chi ritiene – spiega Ermete Realacci, presidente di Legambiente, intervenuto alla presentazione del volume realizzato con l’Istituto di ricerche Ambiente Italia e pubblicato da Edizioni ambiente – che l’attuale sistema economico sia sostenibile così com’è, che attribuisce all’innovazione tecnologica da sola il potere di ridurre gli effetti ambientali dello sviluppo, e che crede che questo sviluppo inevitabilmente produrrà benessere diffuso e benefici per la salute e l’ambiente. Queste stesse persone – e basterebbe citare il noto opinionista Lomborg, divenuto paradigma dell’eco-scettico – tendono a sminuire la portata dei danni che negli ultimi decenni la crescita industriale ha prodotto sul pianeta. Il loro modo di pensare è l’espressione di un nuovo conservatorismo compassionevole, che arriva addirittura ad additare le ‘infondate lagnanze’ degli ambientalisti come causa dello spreco di risorse indirizzate a problemi che non esistono invece che a dare soluzioni concrete a problemi reali. Queste tesi si scontrano coi dati di fatto, che invece mostrano la necessità di forti politiche che indirizzino i processi industriali ed economici.” Gli ultimi dieci anni mostrano chiaramente come potrebbe andare: laddove, come in Europa, è stata attuata una politica diretta alla riduzione dei gas serra, ad esempio, le emissioni sono calate del 3%; negli Stati Uniti invece, che hanno avversato queste politiche, c’è stato un aumento del 21%. Mentre nei paesi dell?Unione Europea si registra una contrazione significativa degli NOx (?30% tra il 1990 e il 2000), negli Stati Uniti nell?ultimo decennio si registra una crescita del 6% e, nel periodo 1990-1995, crescono del 14% in Giappone e del 33% in Cina. Lo stesso dicasi per rifiuti ed energia. Al crescere del reddito aumenta la produzione dei rifiuti e i consumi energetici: +14% su scala mondiale nell?ultimo decennio, +18% nel Nord America e +43% nei paesi asiatici. “E non sono solo i fanatici ambientalisti a sostenerlo. Il più recente studio sull’argomento, quello della Banca Mondiale, conclude che la regolazione – e dunque una rigorosa legislazione ambientale, politiche tariffarie e agevolazioni per le tecnologie più innovative e meno inquinati – è il fattore determinante nella riduzione dell?inquinamento. Tra i paesi sviluppati, Stati Uniti e paesi scandinavi rappresentano in modo esemplare come alti tassi di sviluppo ed elevati livelli di reddito possano essere associati a politiche ambientali (e sociali) radicalmente diverse”. In Europa, il miglioramento locale della qualità ambientale è stato associato a politiche di efficienza energetica, di efficienza nell?uso delle risorse e di riciclo dei materiali, che hanno determinato un contenimento o una riduzione delle emissioni e dei prelievi di risorse di interesse globale. Negli Stati Uniti, invece, il miglioramento locale della qualità ambientale non si è associato a un miglioramento equivalente dell?efficienza del consumo e della produzione. Quella americana è diventata un?economia obesa. Lo stesso andamento dei fenomeni di mondializzazione dei mercati ha prodotto risultati fortemente contraddittori. Una parte dei paesi in via di sviluppo, 24 nazioni in cui vivono circa 3 miliardi di persone (Cina in testa), è oggi più integrata, ha acquisito più alti tassi di crescita economica, ridotto la povertà e la denutrizione: in un decennio i poveri sotto i 2 dollari di reddito giornaliero in Cina passano da 800 a 610 milioni. In questi stessi paesi è anche migliorato l?accesso alla salute e all?istruzione e in (qualche caso) alle libertà civili, anche se spesso con crescenti diseguaglianze interne. Ma al tempo stesso 2 miliardi di persone ? soprattutto in Africa, Medio Oriente e nell?ex Unione Sovietica ? sono finite ai margini del sistema economico mondiale. Hanno visto crescere o apparire la povertà: in Europa centro-orientale i poveri sono passati da 44 a 91 milioni, cioè dal 10 al 20% della popolazione e per la prima volta si contano 30 milioni di persone in condizione di denutrizione. Nell?Africa sub-sahariana tutti gli indicatori mostrano un peggioramento in valore assoluto: negli anni ?90 è diminuito dello 0,3% annuo il reddito procapite, i bambini non scolarizzati sono aumentati, l?attesa di vita è diminuita (in alcuni paesi di decine di anni, in primo luogo per effetto dell?Aids). Spesso perfino la mortalità infantile è tornata a salire (in Kenya tra il 1990 e il 1998 è passata da 61 a 74 per 1000, in Zimbabwe da 52 a 73) così come il numero delle persone denutrite (cresciute di oltre 40 milioni). Ma persino in alcune delle aree che bene o male hanno compiuto dei progressi, la parte povera della popolazione non ha condiviso questi miglioramenti: in India i ragazzi tra 15 e 19 anni del 20% di famiglie più ricche hanno in media frequentato 10 anni di scuola, mentre il 40% dei giovani più poveri non ha alcuna scolarizzazione. Negli stessi paesi sviluppati c?è stato un arretramento dell?uguaglianza sociale, con la sola eccezione della Danimarca: guardando all?Italia si può osservare che tra il 1991 e il 2000 è aumentata la concentrazione del reddito e della ricchezza nelle mani del 10% più ricco degli italiani (la cui quota di reddito è passata dal 23,8 al 26,6% e la quota di ricchezza dal 41,6% al 47%). Italia. Crescono la aree protette (quasi 5 mila ettari, più del 9% del territorio nazionale); l’agricoltura biologica compie passi da gigante arrivando a coprire l’8% della superficie agricola; aumenta il numero di prodotti italiani certificati Dop e Igp (+7% in un anno); l’energia eolica comincia a diventare competitiva (700 i MW installati, che pure segnano, se paragonati agli 8.700 della Germania, il nostro ritardo). Ma resta inaccettabile lo stato della mobilità (solo il 50% delle autovetture a norma Euro 1 o 2 nel 2001, ipertrofico il rapporto auto/abitante, in crescita i consumi di carburante), grave la situazione della criminalità ambientale (31.201 reati accertati in un anno, un giro d’affari dell’ordine di 2,5 milioni di euro), pessima la qualità dell’aria nelle città (calano CO e NO2, grazie al parziale rinnovo del parco auto, ma PM10 e benzene fanno registrare un numero allarmante di superamenti annui delle soglie limite: 254 Torino, 192 Roma, 165 Napoli, 145 Milano), insignificanti le politiche per la riduzione dei gas serra (+5% dal 1990), drammatica la situazione del territorio (il 35% dei comuni è ad alto rischio idrogeologico) e preoccupante il futuro della ricerca e dell’innovazione. Questi i dati che ritraggono il recente passato. Ma anche le conquiste messe a bilancio potrebbero essere spazzate via dalla più importante legge ambientale italiana: la Legge-obiettivo. “Il nostro Paese sembra indirizzato su una strada che mette a rischio le conquiste degli ultimi anni, visto che senza dubbio il provvedimento col maggiore impatto sulle sorti dell’ambiente è la Legge Obiettivo.” La mobilità è uno dei fattori più critici per l’ambiente: dall’aumento delle emissioni (+20% quelle dei trasporti, rispetto al 1990) al traffico cittadino fino all’occupazione del territorio. Per questo la Legge Obiettivo – coi suoi corridoi agevolati che scavalcano gli Enti locali, col suo ridurre la Via ad un mero passaggio burocratico, con la discutibile gestione degli appalti – non intacca, e anzi rafforza, una struttura dei trasporti dominata e dipendente dal trasporto stradale su gomma. Il sostegno al cabotaggio e al trasporto ferroviario è stato insufficiente e il modesto decollo di queste alternative è dovuto sia a deficit infrastrutturali che ai sussidi periodicamente assegnati all?autotrasporto. E la Legge-obiettivo, col suo elenco di strade a autostrade, non fa che accentuare questa dipendenza e appesantire le inadempienze italiane sul fronte dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni di gas serra. “A far pendere il piatto della bilancia – continua Realacci – contribuiscono anche la sottovalutazione dell’abusivismo, la penalizzazione della ricerca, le nuove normative sui rifiuti e la scarsa fiducia nell’impatto della raccolta differenziata, la minimizzazione dei rischi dell’inquinamento elettromagnetico e l’incapacità di far fronte ai crescenti rischi idrogeologici. La crescita dell’agricoltura biologica, invece, l’aumento dei prodotti certificati DOP e IGP, lo sviluppo delle aree protette, e lo spazio conquistato dall’energia eolica, rappresentano il fiore all’occhiello del nostro Paese. Le uniche tracce di una volontà di scommettere sulla qualità e su uno sviluppo ambientalmente e socialmente sostenibile.”


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