Non profit
Berlusconi, la ricerca del perché
I giornali moltiplicano le pagine dedicate all'aggressione del premier
Sembra che non ci sia altro argomento oggi sui quotidiani italiani: l’aggressione a Silvio Berlusconi spinge i giornali a una gara non dichiarata alla moltiplicazione delle pagine, dei commenti, delle interviste, dei risvolti di una vicenda che continua a dividere il Paese, nonostante l’appello alla pacificazione del presidente della repubblica Giorgio Napolitano.
“«Non starò lontano dalla folla»”, la promessa di Berlusconi fa il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi. I servizi vanno dalla pagina 2 alla 15. “Il lato oscuro della rete” è l’editoriale di Gian Antonio Stella che ragiona sull’invasione di minacce e insulti on line. Scrive Stella: «Ci sono delle leggi: l’istigazione a delinquere e l’apologia di reato vanno puniti. Uno Stato serio non può tollerare che esista una zona franca dove divampa una guerra che quotidianamente si fa più aspra, volgare, violenta. Come ha spiegato Antonio Roversi nel libro «L’odio in Rete», il lato oscuro del web «è popolato da individui e gruppi che, pur nella diversità di accenti e idiomi utilizzati, parlano tutti, salvo qualche rara ma importante eccezione, il linguaggio della violenza, della sopraffazione, dell’annientamento». Il CORRIERE descrive un Berlusconi attonito, incapace di giustificare tanto odio nei suoi confronti. Bonaiuti lo descrive come un leone, mentre il suo medico si dice preoccupato: non l’avevo mai visto così. A pag 6 Aldo Cazzullo intervista don Verzè: “«Ha già perdonato l’aggressore. È tempo di cambiare la Costituzione»”. E poi: «Questo clima è anche colpa della caccia all’uomo da parte dei magistrati». Il pentimento di Massimo Tartaglia si prende la pag 9: «Massimo Tartaglia ha inviato una lettera di scuse a Berlusconi in cui esprime il suo dispiacere «per un atto superficiale, vigliacco ed inconsulto». La lettera è stata inoltrata tramite i difensori di Tartaglia, gli avvocati Daniela Insalaco e Gian Marco Rubino. Tartaglia, esprimendo il proprio «sentito dispiacere», come si legge in una nota firmata dai suoi legali – «ha dichiarato di non riconoscersi» in quello che lui stesso nella missiva ha definito come «un atto superficiale, vigliacco ed inconsulto». Nel frattempo sono in corso accertamenti sulle condizioni di salute di Massimo Tartaglia da parte di medici psichiatri nel carcere di San Vittore. Nella notte, l’uomo che ha colpito Berlusconi a Piazza Duomo, era stato trasferito nel carcere milanese, dove è in isolamento e guardato a vista». Infine Francesco Verderami sente Confalonieri che riferendosi al premier dice che lui “Pensa che da un male possa nascere un bene”, mentre da sinistra sono arrivate «cattiverie e stupidità». Infine Umberto Ambrosoli nella pagina dei commenti firma un’editoriale “Una violenza grave e banale. Ma non ricorda gli anni Settanta”.
LA REPUBBLICA apre sull’appello del presidente: “Napolitano: fermare la violenza”. Tra cronaca della giornata di ieri (il premier ancora in ospedale: vi rimarrà anche oggi) e commenti, il gesto sciagurato di Tartaglia e le sue conseguenze occupano 9 pagine. Una giornata quella di ieri di visite: istituzionali, politiche, personali (dei figli e di giornalisti amici come Feltri). Di polemiche: contro Di Pietro e Rosy Bindi. E di iniziative anche leggermente improprie: ad esempio don Verzè, presidente del San Raffaele, ha diffuso una nota: «quel che è successo è un monito: occorre modificare la Costituzione». Tra i pezzi, si segnala l’intervista al leader dell’Idv che tiene il punto: “La mia opposizione non cambierà la violenza del premier non si cancella” è il titolo. «Ho buona memoria. Non dimentico che Berlusconi qualche giorno fa voleva strozzare gli autori delle fiction sulla mafia. Non dimentico che criminalizza i magistrati che fanno il loro dovere, che irride e deride gli organi di garanzia». Quanto ai commenti sono due. Di Massimo Giannini (“Richiamo alla democrazia”) e di Aldo Schiavone (“Il ritorno dei fantasmi”). Il primo si riferisce ovviamente all’intervento di Napolitano e scrive: «dobbiamo alla sua saggezza un messaggio che politici e cittadini farebbero bene a scolpire nella mente, in questi giorni difficili. Basta con l’esasperazione della lotta politica, non si alimentino le tensioni, ognuno misuri le parole. E questo vale per chi parla di mandanti (ovvero il Pdl che addita Di Pietro e Bindi) e per chi parla di moventi (il premier che istigherebbe…). Schiavone insiste invece sulla continuità, sbagliata, tra la politica e la violenza: l’idea della forza risolutrice. «Non abbiamo bisogno di intelligenze “al di sopra delle parti” né abbiamo bisogno di edulcorare le nostre asprezze. La democrazia non sa che farsene di queste finzioni e di queste ipocrisie. Abbiamo solo bisogni di maestri di vita morale» è la sua conclusione.
IL GIORNALE della famiglia Berlusconi dedica 18 pagine all’attentato a Silvio Berlusconi. “Era tutto organizzato” il titolo di apertura cui segue un lungo editoriale del direttore Vittorio Feltri che ripropone e rafforza l’editoriale di ieri, firmato del condirettore Sallusti, per cui Casini ha fatto querela. «Tra Tonino e Silvio, Pierferdi sceglie il primo. Si vergogni» spara nero su bianco Feltri. Ogni pagina è all’attacco, la teoria è che si è trattato di attentato e i mandanti morali sono parte del Pd, Di Pietro, Travaglio e Grillo: i nemici del premier. Ci sono tutti. Sgarbi che firma “Avevo ragione: la Bindi è più bella che intelligente” Antonio Signorini con “La coerenza di Di Pietro? Solo nell’odiare il premier” e Renato Farina più belligerante che mai con “Il fronte che minimizza: era solo un souvenir”. Proprio nell’articolo di Farina una stoccata da cento punti. Dopo aver attaccato un po’ tutti, dalla stampa di sinistra alla procura di Milano, l’ex giornalista parla di Travaglio e lo cita «”non è che Berlusconi sia un altro solo perchè ieri gli hanno tirato una Madonnina in faccia” dice Travaglio, “Berlusconi è sempre quello… forse è l’uomo politico più violento che si sia mai visto nella storia repubblicana e italiana”. Infine la frase decisiva e in fondo autobiografica: “Non esiste il reato di odio”. Per quello non c’è neanche il reato di essere una merda umana». Proprio a Travaglio è dedicato un articolo di Francesco Cramer “Travaglio: «Si può volere la morte di un politico»” in cui viene evidenziato il clima d’odio attraverso le frasi di questi giorni dei giustizialisti. Due pagine sono dedicate alla delineazione del profilo di Massimo Tartaglia.
“La ragione contro i mercanti di odio” è il titolo dell’editoriale di Gianni Riotta, direttore del SOLE24ORE, sul caso Berlusconi. Il quotidiano dedica alla vicenda tre pagine. Dopo una premessa rassicurante «non siamo negli anni di piombo, né la sanguinosa stagione del terrorismo ritornerà», dice Riotta, il pericolo è però che «odio, rancore e risentimento inquinino a morte il discorso politico italiano». Il SOLE – continua – è stato uno dei pochi che ha sempre invitato al dialogo, e ora torna sul punto: «Non possiamo andare avanti con l’odio» e «chi gongola» davanti al volto sanguinante di Berlusconi «è il vero folle, e non vede come per gli italiani si tratta di una vergogna e di un’umiliazione. Una ferita per tutti noi». Quindi che fare? Semplice: «Tutti gli italiani di buona volontà (…) devono isolare e battere i commessi viaggiatori del rancore. Non è ancora troppo tardi, ma non c’è più tempo da perdere».
«Adesso cambia tutto. Lo tsunami messo in moto dall’attentato al premier Silvio Berlusconi rimescola le carte della politica italiana». Lo sostiene il pezzo “Sulla politica lo tsunami Tartaglia“ che ITALIA OGGI pubblica nella sezione Primo Piano. L’articolo inquadra i potenziali cambiamenti politici, che tradotti in pratica sarebbero l’accelerazione sulle riforme e l’isolamento della sinistra nei confronti di Di Pietro, e fa da ponte agli altri sei pezzi che il quotidiano dei professionisti dedica al caso con sfumature diverse. Come quello “E adesso Fini sta con Berlusconi“ che analizza il nuovo u-turn di Fini. Un Fini che manda messaggi contro l’Idv e contro il centro sinistra proprio dal medium che ha lui stesso ha fondato, il periodico on line del think tank Fare Futuro. Una sorta di outing verso il premier che ITALIA OGGI descrive in questi termini:«Ecco cosa ha ottenuto l’anti berlusconismo: riportare Fini e i suoi pensatori a scegliersi un nuovo nemico, quel Di Pietro che tempo fa faceva il pm e ora fa l’arruffapopoli».
All’attacco anche il sociologo Francesco Alberoni. Nel pezzo “Non Auguratevi la fine di Silvio” sostiene che la fine del premier porterebbe alla guerra civile e che la lotta politica dissennata è dettata solo da brama di potenza. «Lo scontro democratico non arriva a tali insulti. E’ talmente contaminato in Italia che facciamo fatica ad accettare la logica stessa della democrazia. Tutti vogliono comandare». Ancora Alberoni: «Tanti si illudono che tolto di mezzo Berlusconi si sistemerebbe tutto. Mentre invece se il premier dovesse morire domani, ci sarebbe la guerra civile, proprio come alla morte di Cesare. Si scannerebbero a sangue, sbudellandosi tra di loro».
Una foto ritraete una mano sul cui palmo c’è un Duomo di Milano in miniatura e commento semplice ma suggestivo: MIRACOLATO. Foto e commento che IL MANIFESTO ha pubblicato in prima pagina e che fanno da contorno all’analisi di Valentino Parlato, sempre in pagina, intitolato “A mente fredda”. Miracolato perché, sostiene Parlato, il popolo della libertà speculerà al massimo sull’episodio «e magari metterà la piccola riproduzione del Duomo di Milano sulla propria bandiera, già santificano la faccia insanguinata di Silvio». Secondo Parlato, visto che da ora in poi sarà più difficile promuovere manifestazioni di piazza anti Berlusconi, le forze «che sono fuori dal regno di Berlusconi, debbono costruire una vera e positiva piattaforma di opposizione, un programma di governo». Tradotto in pratica, Parlato auspica di fare rete con sindacati, i partiti che ancora ci sono, le cooperative, le associazioni politiche e culturali, e alcune trasmissioni televisive come Report, Anno Zero e Ballarò. Con la mente sempre settata contro il premier, il quotidiano comunista dedica altre 3 pagine al caso, tra cui anche il commento “L’altra faccia di un leader populista“ di Marco Mancassola che riferendosi alla presunta, secondo l’autore dell’articolo, solitudine al potere del premier, scrive: «E’ un vero leader populista. Consapevole o meno, sta offrendo al popolo ciò che il popolo in realtà vuole vedere, sempre, del proprio capo: il suo sacro, scandaloso, inebriante sangue. Il segno della sua umanità e mortalità. E’ il leader prima della caduta. E’ all’ultimo atto di un rito feroce in cui è sacerdote, divinità, profeta, vittima sacrificale. E’ davanti ai noi. Si guarda intorno cercando il nostro sguardo. Non vuole essere solo, ma sa di esserlo fino in fondo».
Apertura di giornale e cinque pagine, dalla 3 alla 7, su AVVENIRE, per il ferimento di Berlusconi. Il titolo di apertura è “Sfiorato il dramma. Ora si cambi”, ma nei titoli delle pagine interne si parla anche di “clima da svelenire”, del premier che in ospedale si chiede “perché mi odiano” e dell’”abbraccio con Fini”. Il direttore Marco Tarquini firma l’editoriale, dove dice che «il disarmo è diventato dovere di tutti», termine chiave anche per il sunto delle posizioni dell’area cattolica, dalla Cei alle associazioni, che chiedono «disarmo per il bene comune». Tarquini sposta l’accento sui giovani, poiché «il problema sono quanti non hanno avuto esperienza dell’onda di odio, terrore e morte che attraversò gli anni 70 e 80 e coloro che quell’esperienza l’hanno rimossa». Ma soprattutto i politici che «hanno conservato di quelli anni terribili l’idea che la battaglia politica possa diventare una sorta di ordalia». Un commento è affidato anche Franco Ferrarotti, sociologo, convinto che «non si possa tornare agli anni di piombo», anche se certo «i media devono smettere di enfatizzare e teatralizzare ogni notizia, tornando a informare e mediare».
Dieci pagine su Berlusconi aprono l’edizione odierna de LA STAMPA. In prima il “Buongiorno” di Massimo Gramellini: «Perché mi odiano?» ha chiesto il premier a don Verzé. «I veri politici non pretendono di essere amati e infatti la gente li apprezza» scrive Gramellini. Berlusconi è uno che «suscita sentimenti estremi: nei fan (l’inno della Dc tedesca non si intitola “Meno male che Angela c’è”) come nei detrattori. Lui parla alle viscere prima che ai cervelli: e le viscere sono incontrollabili, da esse può scaturire tutto il bene e tutto il male del mondo. Questo ovviamente non significa comprendere la violenza e tantomeno giustificarla. È solo il tentativo di dare una risposta alla domanda drammatica che Berlusconi ha posto a don Verzè. Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi, scriveva Brecht. Ma sventurati anche gli eroi che hanno bisogno del popolo». LA STAMPA intervista Nichi Vendola, che dice di «essersi sentito umiliato per l’aggressione e di aver provato turbamento» e Italo Bocchino, capogruppo alla Camera del Pdl che se la prende con il clima di odio di questi mesi «che ha portato alla demonizzazione del premier». “Ora lo spaccone diventerà vittima” è il titolo di un’intervista a Jacques Séguéla, l’esperto di comunicazione più famoso in Francia, realizzata dal corrispondente a Parigi Domenico Quirico: «Siamo in un tempo che alterna passione e compassione» dice Séguéla, per questo «colpo della sorte» darà una mano a Berlusconi. «Più uno è virile, forte, potente, e onnipotente, e questo è veramente il caso di Berlusconi, più una vicenda come quella di domenica pomeriggio lo rende più umano, più vicino, più vulnerabile e compensa gli eccessi. Siamo in un secolo in cui non si accetta la perfezione totale. Ci vuole sempre un difetto, una debolezza e questa ferita è proprio un intoppo alla perfezione». I pazzi, dice Séguéla, «dicono quello che nessuno osa dire e per questo vengono rinchiusi».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.