Non profit

Copenhagen, Paesi africani minacciano di lasciare il vertice

Oggi hanno interrotto i negoziati, poi sono la presidenza danese li ha convinti a tornare

di Emanuela Citterio

Via da Copenhagen. Oggi i Paesi africani hanno sbattuto la porta del summit sul clima. Questa mattina hanno deciso di non partecipare alle negoziazioni, ingaggiando una protesta alla quale hanno aderito anche Paesi in via di sviluppo di altri continenti che fanno parte del G77.

La presidenza danese nelle ultime ore ha cercato di ricucire lo strappo ed è riuscita alla fine a convincere i rappresentati dei Paesi “seccessionisti” a sedersi di nuovo al tavolo.

Alla base della decisione ci sarebbe stata la convinzione che la conferenza di Copenhagen trascuri l’importanza di rinnovare gli impegni, oltre il 2012, dei Paesi industrializzati nell’ambito del protocollo di Kyoto. I Paesi in via di sviluppo avevano anche chiesto la convocazione di una riunione dedicata esclusivamente al post-Kyoto.

Fonti occidentali hanno riferito che gli animi si sono accesi dopo “le crescenti tensioni tra americani e cinesi” emerse nella tavola rotonda di domenica con i ministri dell’Ambiente di 50 Paesi. Il timore è che si ripeta il fallimento del 2000 all’Aja, quando si consumò la rottura nella conferenza che avrebbe dovuto completare le regole di Kyoto.

«Il consenso africano ruota attorno a tre punti» ha detto il ministro dell’ambiente del Burkina Faso «Innanzitutto la necessità di mantenere in vita il protocollo di Kyoto, visto che non riteniamo siano necessari altri strumenti giuridici. Servono poi dei finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo, prevedibili e senza condizionalità, attorno a 65 miliardi di dollari all’anno. Infine ci auguriamo che venga affrontata la questione dell’energia e del trasferimento di teconologia nei Paesi in via di sviluppo».


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