Non profit

Grecia, il cerino acceso della crisi

Da Atene a Madrid nuove paure sui mercati internazionali

di Franco Bomprezzi

Grecia e Spagna in grande difficoltà sui mercati internazionali, l’economia fa acqua e rischia di aprire un nuovo capitolo della crisi globale, con possibili pesanti ripercussioni sui primi segnali di ripresa. Anche l’Italia segue da vicino gli sviluppi di questa situazione delicata e i giornali registrano i fatti e la loro possibile evoluzione.

Poco spazio oggi sul CORRIERE DELLA SERA al caso Grecia. Via Solferino riprende l’allarme del premier Papandreu («a rischio la sovranità popolare») solo a pag 37 in Economia, in un pezzo dedicato in prima battuta all’avvertimento del governatore della Banca d’Italia titolato “Draghi: mercato ancora vulnerabile”: «a spaventare i mercato, in ribasso in Europa per il terzo giorno consecutivo, è stata ancora la Grecia, che per la prima volta negli ultimi 10 anni ha visto il giudizio sul suo debito sovrano scendere sotto la A a BBB+. La borsa greca ha perso quasi il 4%, dopo il 6% di martedì…il dissesto dei conti, con un debito stimato al 12,7% nel 2009, e un debito pubblico che viaggia oltre il 120% nel 2010,  “minaccia la sovranità nazionale della Grecia” per la prima volta da quando è tornata la democrazia nel 1974, ha avvertito il premier Papandreu». Quanto al piano di risanamento a parlare sulla versione on line del quotidiano è il ministro delle Finanze: «Di fronte alle preoccupazioni internazionali il ministro delle Finanze della Grecia ha ribadito che il governo farà “tutto quello che sarà necessario” per ristabilire la credibilità sui bilanci del paese, procedendo a una riduzione del deficit e a mettere sotto controllo il debito. Con una conferenza stampa, George Papacostantinou è tornato infatti sulla situazione delle finanze pubbliche dopo che mercoledì Fitch ha declassato il rating sui titoli della Grecia, mentre in precedenza Standard & Poor’s aveva messo sotto osservazione il paese per possibili declassamenti. Papaconstantinou ha precisato che il piano di risanamento di medio termine, nell’ambito del Patto Ue di stabilità e di crescita, verrà presentato alla Commissione europea a gennaio, dopo esser stato discusso in Parlamento. Indicherà «chiaramente le modalità, il calendario, la strada per un ritorno alla normalità dell’economia».

LA REPUBBLICA che apre sulla magistratura (“Magistrati in rivolta contro Alfano”) dedica la foto notizia all’allarme mercati: “Debito, anche la Spagna declassata. La Grecia: a rischio la nostra sovranità”. I servizi alle pagine 2 e 3: l’allarme sui debiti pubblici continua a far tremare i mercati mondiali. Ieri la Spagna è stata declassata da Standard & Poor («una scelta obbligatoria alla luce del pronunciato e persistente deterioramento delle finanze di Madrid») e ne è derivata molta tensione sui mercati (nonostante l’intervento di Obama: il peggio è passato). Più preoccupante la situazione greca: il rapporto deficit-pil è schizzato a 12,7% e c’è forte tensione sociale. Per il premier Papandreu, «la crisi può rappresentare una minaccia per la coesione e la sovranità nazionale». La Ue ha dato un mese di tempo all’esecutivo ellenico per rafforzare la finanziaria ritenuta troppo morbida. Su un altro fronte, quello di Dubai, procede a rilento la rinegoziazione dei 26 miliardi di debito di Dubai World. Una buona notizia invece giunge dall’Irlanda: dopo una finanziaria pesantissima può cominciare a sentirsi fuori pericolo… In appoggio Elena Polidori riferisce l’allarme di Draghi, secondo il quale la situazione rispetto a un anno fa è migliorata ma persistono elementi di forte preoccupazione: Dubai «ci rammenta che i mercati restano insolitamente vulnerabili alle turbolenze… è necessario uscire dalle misure di sostegno al settore finanziario introdotte a partire dal 2007». Il dossier ricostruisce invece la mappa della paura, ovvero i paesi (dagli Emirati ai Paesi Baltici) in particolare difficoltà: una lunga lista in cui protagonista è lo spettro del debito pubblico, ovunque cresciuto in modo esponenziale. Senza una adeguata crescita quel debito potrebbe diventare insostenibile. Particolare preoccupazione la destano i paesi dell’est Europa e alcuni emergenti in cui lo sviluppo si basava soprattutto sui capitali dall’estero e sulla disponibilità di credito a basso prezzo, entrambi fatto scomparsi dall’orizzonte. Il commento di Lucio Caracciolo (“La sindrome cinese”) spiega che la Grecia sarebbe in ginocchio, senza la protezione dell’euro, che però non è illimitata. Lo sa bene Papandreu che sta continuamente avendo contatti con la Cina. Obiettivo?  Convincerla ad acquistare 25 miliardi di bond greci. In cambio però i cinesi (che stanno sempre più diversificando il credito accumulato nei confronti degli Usa) vogliono alcuni asset strategici. Ad esempio il porto del Pireo. Sarebbe uno sbocco sul Mediterraneo e il mercato europeo…

“Dopo Dubai e la Grecia ora scricchiola la Spagna”  è il titolo che IL GIORNALE ha scelto per la sua analisi sui contagi della crisi che dagli Emirati è arrivata a farsi sentire anche in Europa. Un pezzo pubblicato nella prima pagina della sezione economia con molti dati e previsioni. Ma soprattutto con un outlook negativo per Dubai  e per  la Grecia. Per quanto riguarda l’Emiro, IL GIORNALE avanza l’ipotesi che i debiti a rischio siano quasi il doppio dei 26 miliardi di dollari che Dubai World intende ristrutturare. «Si parla di quasi 47 miliardi di dollari, una cifra che coinvolgerebbe anche altre società finora rimaste ai margini della temuta insolvenza». Tradotto in parole semplici, ci potrebbero essere altre società che potrebbero annunciare la propria impossibilità ad onorare le scadenze. Per quanto riguardo la Grecia, nonostante le rassicurazioni del ministro delle finanze George Papaconstantinou che non c’è un rischio default, l’analisi del GIORNALE mette in evidenza un rischio sistema paese: «Con un debito pubblico a quota120% sul Pil, un’economia industriale debole, una scarsa propensione al risparmio, il governo ha ben poche possibilità di manovra».

Un anno di tempo alla Grecia per riportare sotto controllo il deficit: lo dice la Bce e questa in sintesi è la notizia che il SOLE24ORE mette in prima pagina e a cui dedica l’apertura. Papandreu dal canto suo ha garantito il «massimo impegno» per evitare il concreto rischio default del paese. La situazione non è rosea: la Bce ha di fatto emesso un «ultimatum» e stabilito che non accetterà più titoli di stato greci finché il governo non accetterà di mettere mano a dolorose riforme. I toni del SOLE sono drammatici: si parla di «disastro», «tonfo della borsa» di Atene, «minaccia alla sovranità del paese», mentre addirittura Fitch (la prima agenzia a declassare la Grecia a BBB+) mette «in dubbio che la Bce farà tutto il necessario per salvare la Grecia». In taglio basso, una ricaduta italiana, anzi lombarda (e un piccolo scoop del SOLE): “Il cerino greco in mano al Pirellone” è il titolo, e nell’articolo si riferisce che «a garanzia di un prestito obbligazionario emesso dalla Regione nel 2002 c’è per 115 milioni di euro proprio un bond della Grecia». Se il paese finisse in default, la Lombardia ne soffrirebbe parecchio.

AVVENIRE tratta la notizia in economia, ma con un lancio in prima pagina dal titolo “Il debito della Grecia fa paura all’Europa. Rischio contagio?”. Il pezzo parte dalla definizione della situazione greca data dallo stesso primo ministro Papandreu, «siamo nel reparto di terapia intensiva» e poi spiega nel dettaglio il «babau» che si nasconde dietro al rating BBB+ che la Fitch ha rifilato ai greci, che dal 1 gennaio 2010 impedirà alle banche greche di usare i propri bond come garanzia presso la Bce. A rischio quindi i prestiti europei, con una Ue assolutamente non intenzionata a salvare uno stato membro. AVVENIRE, in una intervista all’analista economico Harry Tzanis, dell’agenzia di stato Ana, azzarda la similitudine con l’Argentina: «Non scherziamo», replica lui, «nessuna banca europea permetterà che si verifichi un’eventualità del genere».

“Grecia e Spagna. Nell’Ue scatta l’allarme debito”, pezzo di apertura ed editoriale in prima pagina de LA STAMPA sulla crisi nei due Paesi europei. La Grecia ha un disavanzo pubblico insostenibile al punto da mettere in dubbio la capacità del suo governo di procedere con regolarità a pagare gli interessi e rimborsare i titoli di Stato, scrive nell’editoriale Franco Bruni. La causa è una spesa pubblica senza controllo e un gettito delle imposte diminuito dalla crisi economica. Nel pezzo di cronaca all’interno, LA STAMPA riporta le dichiarazioni del premier greco Giorgio Papandreou: la «sovranità» è minacciata «per la prima volta dal 1974», da quando il Paese tornò alla democrazia. Ma «il governo è pronto a fare tutto il necessario» per porre sotto controllo «l’enorme deficit». L’Ue ha teso una mano alla Grecia, ma il governo ha fatto sapere che «conta sulle proprie forze». In un pezzo di analisi LA STAMPA parla di un nuovo aspetto della crisi economico-finanziaria: «Dopo la crisi dei mutui facili americani (i subprime), la caduta del mercato immobiliare, soprattutto in America, e il tonfo delle Borse mondiali, ora gli investitori temono di scoprire un nuovo lato oscuro della crisi: la bolla di bond e titoli di Stato. Cioè quei prodotti che finora venivano considerati un porto sicuro per i risparmiatori che vogliono dormire sonni tranquilli». Il problema dei titoli di Stato della Grecia, i Sirtaki Bond, è molto sentito anche in Italia, dovrebbero essere circa un milione le posizioni italiane che hanno investito in obbligazioni dello Stato ellenico.

E inoltre sui giornali di oggi:

BERTONE SU AL JAZEERA
CORRIERE DELLA SERA – Per la prima volta un segretario di stato vaticano parla su un network arabo. Ecco cosa ha detto Bertone ad Al Jazeera: «Bisognerebbe assicurare a ciascuno la sua libertà di culto, dialogando e lavorando assieme per aiutare chi ha più bisogno: la Chiesa promuove il bene delle persone senza distinguere per la loro religione». Ha poi rivolto «un augurio di pace e di serena e solidale convivenza per tutti».

RU486
AVVENIRE – La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della determina dell’Aifa che dà il via libera alla pillola per l’aborto chimico è il titolo di apertura del quotidiano della Cei. Il titolo è “Ru486, rischio Babele”, con un «ultimo strappo» nell’occhiello e la prospettiva «paradossale» di una prassi diversa in ogni Regione. Nell’inserto èVita, sotto il titolo “ingiustizia è fatta” si ripercorre il «discutibile iter della pillola» e si dà conto della ricerca pubblicata di recente dalla Health Tecnology Assessment, fatta da una equipe di medici britannici su 1877 donne (il più grande campione mai valutato): la metà che ha abortito chirurgicamente risceglierebbe quella modalità, a tre mesi dall’intervento; la metà che ha abortito farmacologicamente no.

LEGA
LA STAMPA – “La lega sbaglia, Cristo non è un arma ideologica”. Nelle pagine di politica LA STAMPA pubblica un’intervista a Giorgio Vittadini, fondatore della Compagnia delle opere. Della Lega dice: «non la demonizzo» è «il partito che forse più di ogni altro ha un rapporto reale con il popolo». Del cristianesimo: «non può essere un’ideologia». Del crocifisso: «non può essere il segno di una battaglia ideologica». Un altro punto che Vittadini contesta è la «distinzione fra un “noi” e “gli altri”, alla quale segue la paura dello straniero». La Lombardia è sempre stata un crogiolo di popoli. E su Tettamanzi: «la forza di Milano, storicamente, è stata quella di abbracciare tante diversità in un’identità cristiana, questo ci sta dicendo il cardinale».

ABRUZZO
LA REPUBBLICA –  La rabbia di Bertolaso per i ritardi con cui alcune aziende si sono presentate all’appuntamento della consegna delle case… ancora 18mila sfollati sono senza tetto. Colpa di 15 ditte inadempienti. I tempi di consegna slittano al gennaio prossimo. 14mila sono gli aquilani sulla costa (il 60% in case in affitto). In appoggio la storia del conservatorio: progettato da un architetto giapponese, sarebbe costato 1,5 milioni di euro (di cui 500mila messi dal Giappone). Invece di realizzarlo sono stati costruiti tre capannoni provvisori. Costo complessivo? Sei milioni…

EDITORIA
ITALIA OGGI – La norma sui contributi ai giornali sarà cambiata con il mille proroghe di fine anno. La vicenda dei tagli ai contributi pubblici ai giornali sembra risolta. E il merito sarebbe tutto di Fini, che ieri ha fatto, secondo la ricostruzione dell’articolo “Tremonti fa dietrofront sui giornali”  da mediatore tra alcuni direttori di giornali e il ministro. E lo ha fatto senza troppe vie istituzionali, anzi lo ha fatto in viva voce. Scrive ITALIA OGGI: «Fini, alla presenza dei direttori, ha alzato la cornetta e messo in viva voce Tremonti, che ha assicurato un intervento urgente per riconfermare il sistema dei contributi i giornali, anche se con alcune correzioni». E quali sarebbero? Secondo il quotidiano dei professionisti, mentre in passato i finanziamenti venivano assegnati sulla base di diritti soggettivi acquistati nel tempo dalle testate, dal prossimo anno verranno concessi direttamente dal ministero dell’economia.

PROCESSI
LA STAMPA – “Il maxi assegno di Previti”. Con un assegno di 17 milioni di euro l’avvocato ed ex ministro della difesa Cesare Previti ha chiuso la vicenda Imi-Sir, per la quale era stato condannato per corruzione, scrive LA STAMPA a pagina 5. Con l’assegno nelle casse di Intesa Sanpaolo, subentrata negli anni all’Imi, Previti evita il rischio di un nuovo processo, questa volta per riciclaggio, in relazione ai 34 miliardi di lire che secondo le ricostruzioni dei magistrati avrebbe ricevuto come «ricompensa» per la sentenza che impose a Imi il pagamento ai Rovelli di quasi mille miliardi di lire.
  
CROCE ROSSA

LA REPUBBLICA – “Assunzioni facili e conti fuori controllo. Il crac della Croce Rossa”. La Cri è l’unica organizzazione del suo genere che dipende direttamente dal governo. Il quale versa nelle sue casse circa 160 milioni di euro l’anno (l’80% va in stipendi). Commissariata 4 volte negli ultimi anni (l’attuale commissario, Francesco Rocca, avrebbe dovuto concludere il mandato a novembre: è stato prorogato per un altro anno), la Cri è vista come un paraministero….

IMMIGRAZIONE
IL MANIFESTO – Apertura del giornale dedicata alla morte di Sher Khan.  «Lo hanno trovato sotto i portici di piazza Vittorio, a Roma, morto di freddo. Mohammad Muzaffar Alì, detto Sher Khan, rifugiato politico pakistano, 52 anni, era un “maledetto” irriducibile. Protagonista della storica occupazione dell’ex Pantanella alla fine degli anni ’80, è stato attivista per i diritti degli immigrati. Da qualche anno era ufficialmente un clandestino». Il commento è a pagina 6, affidato ad Anna Maria Rivera: «Sher Khan non era un marginale, era un capopopolo, un oppositore (…) Aveva partecipato a ogni corteo, lotta, occupazione di case, lui che una casa non l’avrebbe mai a avuta e sarebbe morto di sconforto e di freddo un marciapiede di piazza Vittorio. Era un ribelle nato, Sher Khan, perciò un rompiscatole, perciò destinato  a frequentare prigioni e lager per migranti.  (…) Perfino nel corso dell’ultimo soggiorno a Ponte Galeria si era dato da fare: aveva organizzato un’assemblea e uno sciopero della fame, e li aveva resi pubblici. (…) Chiediamoci tutti, e non retoricamente, che razza di paese sia quello che riserva un tale trattamento a un perseguitato politico, oltre tutto bisognoso di cure. Che città sia quella che lascia che migrati, marginali e poveri muoiano per strada di freddo.

MINE ANTIUOMO
AVVENIRE – Primo piano ed editoriale sul messaggio che il Papa ha inviato alla seconda conferenza di esame sulla convenzione di Ottawa, che mise al bando le mine antipersona, in vigore dal 1999. La conferenza si è appena chiusa in Colombia, ma «ha poco attratto i riflettori della cronaca», scrive Fulvio Scaglione, «più glamour la conferenza di Copenhagen». Dieci anni dopo l’hanno firmata 165 paesi, sono state distrutte 42,3 milioni di bombe, ma ancora ogni anno muoiono 7mila persone e mancano ancora 39 paesi (tra cui Usa e Russia). Il messaggio inviato da Benedetto XVI appunto «fa appello a tutti gli Stati affinchè riconoscano le deplorevoli conseguenze umanitarie delle mine anti-persona». La conferenza ha riconosciuto per la prima volta che il diritto delle vittime all’assistenza fa parte dei diritti umani. Il progetto di sminamento dell’Onu ha calcolato una spesa di 600 milioni di dollari fino al 2010 ma finora ne ha raccolti solo 24. Alla conferenza hanno fatto annuncio di impegno l’Australia, con 91 milioni di dollari per i prossimi 5 anni, e l’Olanda, con 30 milioni di euro nei prossimi due anni. In un’intervista il sottosegretario Mantica, che ha guidato la delegazione italiana a Cartagena, dice: «a Cartagena è stato siglato l’impegno a bandire tutte le armi che più possono danneggiare i civili. Sulle bombe a grappolo c’è un consenso di massima, ma sulle armi leggere la questione diventa molto più difficile».


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