Cultura

E la Ebadi disse: Riscriviamo i libri di storia

Un incontro a Milano con il Nobel iraniano

di Redazione

«Bisogna avere il coraggio di sostituire le pagine dedicate alla guerra con quelle in cui si racconta la pace». Davanti a una platea
di ragazzi Shirin ha tenuto banco. Ecco le sue parole Shirin Ebadi si avvicina al palco mentre una voce dalle cuffie per la traduzione simultanea anticipa a noi ascoltatori che l’intervento sarà in lingua parsi. Siamo a Milano: la Ebadi è l’ospite più attesa della due giorni «Science for peace», organizzata dalla Fondazione Veronesi. Con lo sguardo fiero e orgoglioso ma non per questo meno umile l’ospite comincia il suo intervento scandito dalla musicalità della lingua persiana e dalla dolcezza della sua voce, composta e misurata che nasconde ma rivela allo stesso tempo una passione per i diritti umani, nelle parole e nelle azioni concrete. «Immaginare e costruire un mondo di pace». E il tema viene subito sviluppato.

Pace, non assenza di guerra
«Pace non significa assenza di guerra, questo è un concetto che valeva nei secoli scorsi, ma non permette di capire quello che sta accadendo oggi. Dobbiamo trovare una definizione più adeguata, altrimenti sbagliamo strada. Bisogna guardare la realtà da un altro punto di vista: che differenza esiste tra morire per un colpo di fucile o per la mancanza di acqua potabile? Cosa c’è di diverso tra l’essere catturati da un esercito straniero o finire in prigione per aver scritto un articolo contrario al regime del tuo Paese? E vagabondare perché ti hanno bombardato la casa è forse peggio che dormire sotto i ponti perché sei troppo povero? Sono tutte condizioni inaccettabili, diverse nella forma ma uguali nella sostanza. La pace è un insieme di condizioni in cui l’uomo può vivere liberamente e con assoluta dignità. La guerra cancella in un solo colpo tutte queste condizioni. Ma anche la povertà, la miseria e la mancanza di libertà riescono a ottenere lo stesso malefico risultato. Tra i primi obiettivi di sviluppo ci deve essere quello di eliminare la povertà estrema cambiando il modello di consumo. In questo la scienza può aiutare, prevedendo il futuro e rispondendo alle esigenze attuali. Il compito degli scienziati è guidarci su questa strada, per avere una pace durevole e sostenibile. Mettendo insieme il rispetto per la democrazia e il senso di giustizia sociale si potrà garantire la sicurezza. Oggi assistiamo a una globalizzazione che ha reso globali anche la guerra e la pace e non basta vivere in un Paese libero da guerre per sentirsi al sicuro. Queste parole sembrano un sogno», commenta Shirin. «Ma molte conquiste dell’umanità sono nate dai sogni».
Notevoli le parole del premio Nobel che con serenità, nonostante quanti l’hanno ostacolata e ancora la ostacolano nel suo impegno civile, dimostra come si può reagire con intelligenza e coraggio alla gravità delle circostanze in alcuni contesti. Con altrettanta serenità, la Ebadi risponde ai commenti e alle domande del pubblico e coglie l’occasione per esprimere un parere sui libri di storia, proponendo di riscrivere le pagine che studiamo tra i banchi: mettere sulla carta storie di pace e non più di guerre che sono contenute in parecchie pubblicazioni e ipotizzare cosa sarebbe accaduto se non ci fosse stata violenza.

Vivete con un obiettivo
Si rivolge soprattutto a noi giovani: «Vivete con un obiettivo. Un obiettivo non è diventare professori universitari: quando lo diventerete non ne avrete più uno. Fate che il vostro compito sia quello di diminuire i dolori umani ogni giorno». Simbolico sentire queste parole da chi è vittima di intimidazioni e riceve minacce di morte ogni giorno. La Ebadi abbassa la voce e lo sguardo e, dopo una pausa piena di emozione, riprende il filo: «Sono abituata a queste minacce. Ma questo non è importante. L’importante è non fermarsi mai, altrimenti la vita perde ogni senso. Io ho un obiettivo».

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