Sostenibilità

Non chiamateci catastrofisti

Parla Marigrazia Midulla, da dodici anni in trincea per il clima

di Redazione

«Non vogliamo trasmettere solo paura: siamo ancora
in tempo per fare qualcosa. L’opinione pubblica è diventata molto più attenta e sensibile. E fa pressioni
sui governi, che non possono rischiare di perdere consensi. Come dimostra il caso dell’Australia»
«La nostra grande paura sui cambiamenti climatici è quella di suscitare solo timore. I veri anticatastrofisti siamo noi. Sappiamo che c’è la possibilità di eventi catastrofici e di eventi climatici fuori controllo, ma oggi siamo ancora in tempo per fare qualcosa e per questo vorremmo stimolare i cittadini a chiedere ai politici quei provvedimenti che nell’immediato potrebbero comportare anche dei sacrifici, ma che avranno alla lunga degli enormi benefici sia dal punto di vista ambientale che del benessere». Mariagrazia Midulla è la responsabile del Programma Clima ed energia del WWF e “pioniera” della campagne sui cambiamenti climatici, iniziate con l’associazione già una dozzina di anni fa. La sua prima partecipazione ai negoziati internazionali fu nel 2001. Da allora Midulla è stata quasi sempre presente ai negoziati con il WWF Italia e il Climate team internazionale. Team che si ritroverà al gran completo a Copenhagen.
Ecomondo: Quanto è cambiata in questi anni la percezione dell’opinione pubblica su questi temi?
Mariagrazia Midulla: Credo che prima ci fosse una percezione quasi istintiva del problema, e che si sia andata via via incrementando negli anni. Dieci anni fa era visto come un fenomeno possibile ma lontano, e si sono cominciati a vedere a poco a poco i segni dei cambiamenti del clima. Negli ultimi anni c’è stata un’accelerazione soprattutto a livello politico. L’opinione pubblica in qualche modo ha premuto sui politici e in alcuni Stati affrontare o meno i cambiamenti climatici ha determinato il successo o meno di forze politiche. Penso a quello che è successo in Australia, dove una siccità prolungata ha portato i temi ambientali al centro della competizione elettorale. Anche in Giappone il tema dei cambiamenti climatici è stato una delle chiavi che hanno contribuito alla vittoria della coalizione democratica. Ci sono altri Paesi dove governi in precario equilibrio non si comportano bene sul clima, e probabilmente parte del loro mancato successo elettorale è dovuto proprio al fatto che sono visti come “nemici del clima”, come il Canada.
Ecomondo: Il dietrofront di Obama, che prima fa un accordo a ribasso con la Cina e poi sembra voler tornare sui suoi passi rilanciando obiettivi ambiziosi per gli Usa, è indicativo del fatto che oggi chi non si impegna sul clima rischia un danno di immagine e un calo di consensi?
Midulla: Sicuramente c’è stata una grande sollevazione dell’opinione pubblica mondiale. E siccome Obama vuole essere il presidente degli Stati Uniti non isolati dal mondo ma “insieme” , non può non tenerne conto. Gli Stati Uniti di Obama non possono rischiare l’isolamento. L’opinione pubblica mondiale deve assolutamente impedire che ognuno si nasconda dietro le difficoltà dell’altro. Che gli Stati Uniti abbiano delle difficoltà, avendo anche aumentato a dismisura le emissioni sotto la presidenza Bush, è ovvio. Gli interlocutori devono di certo chiedere loro di ridurre fortemente le emissioni, ma anche capire qual è il punto critico, oltrepassato il quale ci sarebbe la rivolta interna del Senato e a quel punto si rischierebbe di non ottenere nulla. Anche la Cina ha dovuto tener conto della sollevazione mondiale, visto il ruolo autorevole che intende ricoprire, ma credo anche che abbia un forte interesse a che l’economia verde parta davvero.
Ecomondo: In che senso?
Midulla: La maggior parte del mondo ha interesse dal punto di vista energetico a che l’economia basata sulle fonti rinnovabili parta. Il petrolio sta finendo, su questo più o meno tutti i tecnici e gli scienziati concordano. Cina e India, economie emergenti, non possono più fondare il proprio sviluppo solo sui combustibili fossili. È necessario cambiare paradigma economico. Si tratta di una cosa difficile ma obbligatoria dal punto di vista ambientale, sennò rischiamo che la prossima generazione, a cominciare da quella che oggi è a scuola per intenderci, debba pagare un prezzo altissimo.
Ecomondo: Il WWF a Copenhagen…
Midulla: Il WWF sarà presente a Copenhagen con una delegazione molto folta, per un momento che speriamo sia storico. Il nostro obiettivo è che ci sia un accordo equo e legalmente vincolante, e questo è l’obiettivo del WWF e di tutto il movimento ambientalista mondiale che il 12 dicembre darà vita ad una manifestazione, “for a real deal”. Per un accordo vero e vincolante, basato sulle indicazioni del mondo scientifico.
Ecomondo: E l’Italia?
Midulla: L’Italia ha smussato la sua posizione molto rivendicativa dello scorso anno, anche perché il G8 in Italia, tappa importante e credo positiva del percorso verso Copenhagen, impone al nostro governo di essere coerente. Ma abbiamo paura che all’ultimo momento, nella stretta finale delle trattative, il nostro Paese non consenta una vera posizione negoziale europea, che vuol dire anche essere pronti a fare delle concessioni. Se mettiamo troppi paletti, come quelli che mette spesso il governo italiano, rischiamo di far crollare tutto.

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