Non profit

se i professionisti riscrivono il non profit

Notai, avvocati commercialisti sulla riforma civilistica

di Gabriella Meroni

Un disagio crescente, una fatica quotidiana, difficoltà oggettive: è riassunta in queste parole la situazione in cui si trovano i professionisti che si occupano degli enti non profit, stretti tra normative obsolete, di difficile interpretazione e anche, in molti casi, contraddittorie.
Un tentativo di modificare il quadro è stato più volte messo in atto, immaginando un riordino complessivo del settore dal punto di vista civilistico; negli anni scorsi il Parlamento ci aveva provato con le due Commissioni presiedute dall’allora sottosegretario alle Finanze Roberto Pinza, commissioni che avevano prodotto documenti condivisi, poi per diverse ragioni abbandonati.
Ora, complice l’interesse registrato da parte del mondo politico, ci provano gli Ordini professionali milanesi – commercialisti, notai e avvocati – con l’intento di agevolare lo sviluppo del non profit. Prima tappa di questo percorso è il convegno in programma venerdì 27 novembre al tribunale di Milano proprio sul tema «Riforma del non profit: situazione attuale e possibili scenari futuri», promosso dalla commissione Pubblica utilità sociale ed enti non profit dell’Ordine dei commercialisti e dall’associazione Ethicando, in collaborazione con il Consiglio notarile di Milano e l’Ordine degli avvocati, sempre di Milano.
«L’idea è proprio quella di fare il punto della situazione per poi proporre al legislatore un possibile percorso di riforma», spiega il notaio Monica De Paoli, tra i relatori del convegno. «La base di partenza potrebbe proprio essere il lavoro della commissione Pinza, che modificava, tra l’altro, la procedura per il riconoscimento della personalità giuridica uniformandola in sostanza a quella prevista per le società, in un’ottica di maggiore trasparenza, accessibilità e accountability». Le norme attuali, infatti, oltre a essere poco efficienti sono anche applicate diversamente sul territorio. «Un altro punto sensibile riguarda l’esercizio di attività commerciali da parte di enti non profit», continua De Paoli, «finora privo di disciplina codicistica. L’idea sarebbe quella di applicare anche a questi enti lo statuto dell’imprenditore, ovviamente adattandolo alla natura non lucrativa di associazioni, fondazioni ecc.».
Insomma un lavoro non da poco, ma necessario, perché, spiega ancora Monica De Paoli, «in Italia si è proceduto negli ultimi anni a colpi di leggi speciali, che hanno sempre riguardato aspetti fiscali, senza occuparsi di una riforma organica dal punto di vista civilistico degli enti non profit. D’altra parte il Codice è stato vago fin dalla sua origine, nel lontano 1942: non definisce in positivo associazioni e fondazioni, tanto che il loro profilo è stato tradizionalmente individuato per sottrazione rispetto ad altre figure, quali le società o la comunione».
«Se a ciò si aggiunge», continua il notaio, «che le leggi speciali (onlus, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale e così via) hanno di volta in volta definito, limitandoli, gli ambiti di operatività degli enti che vogliono usufruire delle agevolazioni fiscali previste dai suddetti provvedimenti, si capisce l’urgenza di una riforma organica».
In Parlamento sono state presentate due proposte di legge delega in merito: alla Camera il pdl porta la firma dell’onorevole Michele Vietti, al Senato un altro testo è stato depositato dalla senatrice Maria Leddi. Entrambi i provvedimenti, però, per ora rimangono al palo.


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