Famiglia

32.400 fuori famiglia

Pubblicati i nuovi dati su affido e comunità mentre continua la conferenza di Napoli

di Benedetta Verrini

Quanti sono i bambini fuori famiglia? La domanda gira da anni, almeno da quando la legge 149 del 2001 ha stabilito la chiusura degli orfanotrofi.
La risposta adesso arriva dall’approfondita ricerca del Centro nazionale di Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza che, raccogliendo in un Quaderno (il n.48) l’intero bilancio di applicazione della famosa legge, porta sul tavolo della Conferenza nazionale di Napoli un numero certo: 32.400, di cui 16.800 in affido e 15.600 in strutture residenziali.

Un tris di cifre che dice molte cose: prima di tutto, i minori che a vario titolo si trovano allontanati dai loro genitori sono in aumento, da 25mila totali nel 1999 a 32mila oggi. Per la prima volta in assoluto, però, la misura dell’affidamento familiare supera la residenzialità: il numero degli affidi passa da 10.200 (anno 1999) a 16.800, registrando un + 64%.

L’accoglienza in comunità, d’altra parte, invece di assottigliarsi ha mantenuto la posizione: da 14.945 minori ospitati nel 1998 a 15.600 oggi. I posti lasciati liberi per l’affido, in effetti, sono stati colmati da un fenomeno emergente, quello degli stranieri non accompagnati, che cominciano a rappresentare una parte importante, se non a volte maggioritaria, degli ospiti delle comunità. Tra il 1998 e il 2007 l’incidenza di minori stranieri sul totale degli accolti nei servizi residenziali è balzata dal 18% al 31%, in altri termini poco meno di 1 bambino su 3. Si tratta, stando ai dati, della più macroscopica trasformazione che l’operatività dei servizi ha dovuto affrontare nell’ultimo decennio, soprattutto in quelle regioni in cui si registrano i picchi massimi di incidenza straniera – Lazio (53%), Marche (61%) e Toscana (51%), Friuli Venezia Giulia (69%).

La 149, la legge nata per affermare il “diritto del bambino a una famiglia”, ha vinto o perso?
La risposta sta nell’introduzione del quaderno: nata l’indomani sia di una legge significativa che voleva fondare il sistema integrato dei servizi (la 328), sia di una riforma costituzionale che di fatto limitava in modo sostanziale la portata di questo cambiamento fortemente atteso (la riforma del Titolo V), la 149 è rimasta “senza porto”.

Poi ha incontrato altri problemi collaterali: l’esigibilità dei diritti subordinata alle disponibilità economiche dei comuni; la mancata definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in campo sociale; la mancanza della banca dati dei minori adottabili; la latitanza del Piano Infanzia, atteso dal 2004.
Ma chi sono, e come sono finiti in affido o in comunità, questi 32.400 minori?
La risposta arriva dal monitoraggio, che restituisce un quadro certamente multiproblematico per le politiche sull’infanzia del domani.
L’Italia dell’affido è spaccata in due. Nel senso che al Nord si fa, al Sud no. L’affidamento è la scelta d’elezione per Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Provincia di Bolzano, Liguria, Toscana, Lazio, ed Emilia-Romagna. In tutte le Regioni del Sud, senza esclusione alcuna, prevale l’accoglienza nei servizi residenziali.
Nelle comunità si registra una “forbice anagrafica” con due estremi: i piccolissimi e i ragazzi prossimi alla maggiore età. L’incidenza della scelta residenziale riguarda il 60% dei minori in fascia 0-2 anni e il 58% dei 15-17 anni.

Molto critica, sempre nelle strutture residenziali, è la situazione degli stranieri (che attualmente rappresentano il 14% del totale dei minori fuori famiglia) perché almeno 1 su 2 è un minore non accompagnato, dunque privo di prospettive di rientro in una famiglia d’origine.

Per quanto riguarda le modalità di allontanamento dalla famiglia, bisogna sottolineare che l’affidamento giudiziale risulta assolutamente prevalente rispetto a quello consensuale: se nel 1999 l’affidamento giudiziale interessa i tre quarti degli affidati, nel 2007 passa a interessare l’80% degli stessi, ovvero 4 bambini su 5. “Riteniamo che tale situazione derivi in parte anche dalla lunga durata degli affidamenti”, sottolineano gli autori del monitoraggio, “l’affidamento consensuale che si protrae oltre i 2 anni diventa infatti giudiziale, essendo soggetto al nulla osta del tribunale per i minorenni”.

Quali strutture?
La 149 ha portato alla chiusura definitiva di tutti gli istituti socioassistenziali, che a fine 2000 ospitavano ancora 7.575 bambini e ragazzi.
Attualmente, pur nelle diversità e specificità regionali, le tipologie di offerta più uniformemente diffuse risultano, in tutte le Regioni e Province autonome per le quali si dispone del dato, le comunità familiari e le comunità educative.
Accanto a queste esperienze di offerta di servizio, si segnalano, però, alcune tipologie che sebbene più localizzate presentano significativi alti valori di incidenza in specifici territori: alloggio ad alta autonomia nella Provincia di Bolzano (49%) e in Campania (25%); comunità multiutenza in Emilia-Romagna (38%); comunità di tipo educativo e psicologico in Liguria (23%).

Rapportando il numero di strutture di accoglienza ai bambini che sono in esse accolti, si ravvisano accoglienze medie più alte  nelle comunità familiari (5 bambini), nelle comunità educative (6 bambini), negli alloggi ad alta autonomia (5), nelle strutture di pronta accoglienza (12, dato fortemente condizionato dal valore del Lazio), comunità educativo e psicologico (8).

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