Non profit
Ma il sussidio non è più uno scandalo
Parla Mamadou Cissoko, anima del Roppa
Per il più grande network di contadini locali, anche l’Africa deve seguire il modello Ue «Il movimento contadino africano non chiede all’Europa di smantellare i sussidi ai propri agricoltori». Sta tutta in questa frase la differenza fra quello che pensano gli agricoltori africani e chi li difende nei forum internazionali sulla cooperazione allo sviluppo, da Bono alle principali ong europee. A pronunciarla è Mamadou Cissoko, fondatore e anima del più grande network di agricoltori africani, la Roppa – Rete delle organizzazioni contadine e dei produttori agricoli dell’Africa Occidentale. E la sua posizione non si discosta da altri network regionali in Africa, come l’Eastern african farmers federation.
«Non esiste agricoltura senza sussidi», continua Cissoko. «Se gli Stati africani vogliono che i contadini continuino a coltivare la terra devono introdurre delle politiche di sostegno nei loro confronti, costruire mercati regionali all’interno del continente e proteggerli dal dumping. L’obiettivo primario per l’Africa non è vendere i propri prodotti agricoli in Europa, ma arrivare alla sovranità alimentare». Secondo Cissoko «è lo Stato, dovunque, a dover garantire la sicurezza alimentare. Troviamo normale che l’Unione europea sostenga i propri agricoltori» afferma, «lo stesso dovrebbe valere in Africa».
A spiegare perché per l’Africa non vale è Pasquale De Muro, professore di Economia dello sviluppo umano all’università di Roma Tre: «In Africa le politiche nazionali di sostegno all’agricoltura sono state smantellate all’inizio degli anni 80 su input della Banca mondiale. Da allora non c’è più stata una vera politica di sostegno all’agricoltura». Quattro anni fa il Malawi, sull’orlo di una crisi alimentare, ha invertito la rotta. Il governo ha ricominciato a dare sussidi ai contadini poveri: due sacchi di fertilizzante e uno di semi a prezzi “politici”. Ha bloccato le esportazioni di mais per creare una riserva strategica e ha deciso di intervenire direttamente per fissarne il prezzo. Il risultato? Quattro anni fa, come ha scritto Il Sole 24 ore, la produzione di mais era di 1,25 milioni di tonnellate, circa 2 milioni meno del necessario per restare al di sopra del livello di sussistenza. L’anno dopo il deficit si era trasformato in un surplus di mezzo milione di tonnellate, poi di un milione. Quest’anno e il prossimo la produzione in eccesso dovrebbe essere di 1,5 milioni di tonnellate. Con il Ghana, il Malawi è l’unico Paese africano dove gli affamati diminuiscono, e secondo il ministro delle Finanze, Goodal Gondwe è merito dei sussidi se lo Stato è riuscito a evitare la crisi e a ridurre dal 60 al 45% la popolazione sotto la soglia di povertà.
Secondo Cissoko, è «la crisi dello Stato» che impedisce ad altri Paesi africani di fare come il Malawi. «I governi sono troppo deboli. Abbiamo bisogno di Stati più forti per riprenderci la responsabilità di decidere le nostre politiche agricole», afferma il fondatore di Roppa. Secondo De Muro, invece, qualcuno potrebbe farcela: «Paesi come l’Uganda, il Mali, il Burkina Faso potrebbero seguire l’esempio del Malawi». Intanto la posizione di Roppa trova consensi anche in Europa. Coldiretti ha instaurato una partnership con la rete di agricoltori dell’Africa dell’Ovest che prevede la collaborazione su progetti ma anche l’elaborazione di posizioni comuni.
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