Non profit
Con 200 chili di grano mi pago una pizza
«La crisi del settore e la speculazione ci mangiano vivi. E per gli allevatori è lo stesso»
di Redazione
Sono qui a San Casciano dei Bagni, incantevole borgo toscano, aspettando che il sole asciughi la terra e mi permetta di terminare le semine. Ieri Fosco, straordinario “stradino” e filosofo del paese, mi ha regalato tre magnifici funghi porcini: «Speriamo bene, Agostino! Va male per l’agricoltura quando si semina così tardi». Nessun politico in piazza – qui sono di casa -, sono tutti a Roma alle prese con il vertice alimentare della Fao.
Volevo andare anch’io, vi è una tenda montata dai rappresentanti dei contadini davanti all’ingresso della Conferenza per denunciare la crisi del settore e la speculazione che ci mangia vivi. Gli agricoltori la scorsa settimana per protesta hanno irrigato i campi con 200mila litri di latte. Anche gli allevatori sono disperati, il prezzo del latte pagato alle stalle è calato in un anno del 40%. Il costo medio di mungitura è intorno ai 48 centesimi al litro, viene acquistato a 27 centesimi mentre sugli scaffali un litro di latte costa ben 1,35: vi è un ricarico di oltre il 350% dalla stalla al supermercato.
Il grano duro da aprile 2008 ad oggi è calato di oltre il 65%, da 52 euro al quintale a 14, ma il costo della pasta aumenta sempre, come la speculazione. La gente vede i prezzi del cibo che salgono e non le sa queste cose, nessuno glielo dice. Un breve trafiletto su Repubblica e sul Corriere della Sera. Un passaggio veloce su qualche tg, e poi il silenzio. Molte aziende hanno chiuso, altre chiuderanno. A rischio – sostiene la Coldiretti – ci sono 60mila aziende e quasi 250mila occupati. Ieri sono andato a mangiare una pizza e ho pagato 25 euro. È come se avessi portato alla trattoria 200 chili di grano (dico 200) e in cambio ho ricevuto una pizza, una birra e un caffè.
La speculazione finanziaria internazionale, nella crisi mondiale delle Borse, ha preso di mira la cenerentola delle attività lavorative: l’agricoltura. Il lavoro più antico, faticoso e bello e del mondo è ormai analizzato e trattato come un business. La terra è bassa, si deve chinare la schiena, ma è bello veder crescere un campo di grano e sapere che darà da mangiare a te e ad altri. Ora tutto questo sta per finire. La grande finanza ha elaborato una strategia perfetta bilanciando costi e ricavi dei pochi agricoltori europei rimasti sfruttando nel contempo l’agricoltura dei Paesi emergenti. Sul fronte europeo agiscono sulle leve del costo delle sementi, del gasolio, dei concimi, dei fitofarmaci e del famoso (e non voluto!) premio Pac e fanno sì che i ricavi coprano a malapena le spese di produzione ottenendo comunque le entrate per la vendita dei loro mezzi di produzione.
I Paesi in via di sviluppo, invece, pagano pochissimo la mano d’opera, impiegata senza mezzi di protezione, sicurezza sul lavoro e igiene, così da importare in Occidente grano e latte di bassa qualità a prezzi bassissimi e fare – loro sì – dumping nei confronti degli agricoltori europei. Per colpa dei loro mezzi d’informazione, ironia della sorte, gli agricoltori europei sono invece accusati di non saper stare sul mercato e voler essere assistiti.
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