Cari enti del terzo settore, purtroppo ci risiamo. Un grande ente sottrae la gestione di un progetto consolidato, finanziato dalla legge 285/97, ad un piccolo ente. Dov’è la notizia, vi chiederete? La formula del bando pubblico adottata per l’assegnazione della gestione è un modello consolidato di partecipazione per chi ne ha i titoli e trasparenza nei risultati. Quindi? Siamo di fronte al comprensibile malumore di un piccolo ente che, dopo sei anni di continuità nella gestione di un progetto, dalla nascita ad oggi, viene scavalcato in graduatoria? Secondo noi c’è qualcosa di più.
C’è una legge, la 285/97, che vuole valorizzare le realtà dei territori per impostare servizi più vicini alle comunità locali. Ci sono condizioni dove questo è avvenuto, al Municipio XI di Roma e precisamente al Centro per bambini e genitori, la ludoteca municipale Ludomagicabù. C’è un Ufficio di coordinamento 285 che ha visto realizzato il sogno di un progetto innovativo; c’è una comunità di bambini e bambine cresciuto in questo servizio con i genitori; c’è una rete territoriale di servizi educativi strutturata e consolidata intorno allo stimolo di questo progetto; c’è una rete di scuole che, insieme alla Ludomagicabù, svolgono attività continuativa per tutto l’anno scolastico; c’è l’arcipelago dell’associazionismo locale entrato in contatto con il mondo dei servizi; c’è il riconoscimento della Ludomagicabù anche a livello nazionale, come best practice segnalata dal Centro nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza. Crediamo che con i 70 mila euro annui per la gestione del progetto più di questo non si possa fare! Eppure al bando pubblico si sono presentate nove strutture.
Come mai tanto accanimento nel mondo del terzo settore? Non siamo di fronte a un appalto milionario della sanità e neppure ad un ente estraneo alle relazioni istituzionali. Inoltre negli stessi locali si svolge, in orario antimeridiano, anche un servizio per l’infanzia gestito dallo stesso ente. Quale convivenza possibile con i futuri “sfrattatori”? Ci sembra di respirare un’area malsana, nella quale con la mancanza dell’ossigeno economico, garantito dalla Giunta comunale precedente per alcuni enti, sono venute a mancare le basi rispettose della concorrenza. Quello che fino ad oggi aveva garantito la differenza tra gli appalti sanitari (sembra ricchi di mafie e di scandali) da quelli sociali non era solo l’aspetto economico, ma anche una certa attenzione etica, una capacità di saper separare le pressioni istituzionali dagli interessi degli enti e soprattutto di non voler essere complici della logica al massacro competitivo. Ciò che è successo, che mette a rischio la nostra continuità operativa dopo 12 anni, vorremmo sia utile per generare un dibattito che sappia rimettere al primo posto la collaborazione, il rispetto dell’operato altrui, la trasparenza delle scelte.
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