Mondo

Ambiente, il “tradimento” di Obama

Compromesso al ribasso nel vertice di Singapore, affossata la conferenza di Copenhagen

di Franco Bomprezzi

Un fallimento annunciato, ma non per questo meno grave. La conferenza di Copenhagen sull’ambiente nasce già morta dopo il compromesso sul rinvio di un accordo globale sulla riduzione delle emissioni inquinanti, un’intesa al ribasso siglata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel vertice con i leader di Asia e Pacifico. I giornali oggi registrano il fatto e i malumori europei.

“Clima, l’unica intesa è il rinvio”. Così il CORRIERE DELLA SERA che dedica al summit fra Obama e i leader di Asia e Pacifico che ha fissato un solo obiettivo politico per il vertice di Copenhagen. «I leader del mondo hanno rinunciato a concludere in dicembre a Copenhagen un accordo globale sul cambiamento climatico, ridimensionando le ambizioni del summit, che ora dovrà invece servire a raggiungere solo una «intesa politicamente vincolante». L’analisi è affidata a Paolo Valentino (“La grande ipocrisia nei mari del sud”): «Aveva altre scelte, il presidente americano? Nove anni dopo la fine dell’Amministrazione Clinton, Obama si ritrova prigioniero di un rovello simile a quello che paralizzò Al Gore. Grande patron dell’Accordo di Kyoto, il vicepresidente dovette arrendersi alla realtà dei rapporti di forza dentro il Congresso. E il Trattato non fu mai neppure portato all’esame di Capitol Hill. Anche Obama si è proclamato paladino della salvezza del pianeta. E anche Obama ha un problema con il Senato, che punta i piedi sulla legge per l’energia e il clima, già votata dalla Camera dei Rappresentanti. Ma a differenza di allora, si tratta di un Senato democratico. Che ha i numeri, ma non la volontà politica di andare contro le lobby e adottare limiti molto severi alle emissioni nocive. Con tutte le sue energie politiche e intellettuali risucchiate dalla battaglia sulla riforma sanitaria, il presidente del cambiamento non ha saputo o voluto dedicare la necessaria at­tenzione a quello del clima. Così, a Singapore, Barack Obama ha praticamente accettato senza fiatare un brutto compromesso, che però gli torna molto utile: dà infatti un po’ di tempo alla sua Amministrazione per cercare di mettersi alle spalle la Sanità e quindi lavorare sul fronte climatico per convincere i troppi senatori riluttanti. Non ha molto tempo però, al massimo i primi mesi del 2010, poi si entrerà nel cono d’ombra delle elezioni di Midterm e il Congresso avrà ben altro a cui pensare». Continua Valentino: «Ma la scelta di Obama di non battersi e non «guidare» ha molti risvolti nega­tivi. Offre per esempio un altro grasso alibi alla Cina, grande inquinatrice e grandissima forza frenante dell’intesa sul clima: ieri nel breakfast che ha por­tato all’intesa, il presidente Hu Jintao si è profuso in un’altra lezione ai Paesi più ricchi, sollecitandoli ad accettare tagli più profondi alle proprie emissioni. L’altro rischio che Obama corre è di incrinare il proprio prestigio e la pro­pria autorità morale su un tema che è tra le insegne della sua presidenza». Di fatto quindi il summit Onu fra 22 giorni in Danimarca dovrà servire solo da preambolo a ulteriori negoziati per la riduzione delle emissioni nocive. Dure le reazioni dall’Europa: “Per Parigi e Berlino il week end del disastro” esclusi dalla scelta, irritati dal compromesso.

“Clima, lo stop di Usa e Cina” è l’apertura di LA REPUBBLICA che nel sommario scrive “A Copenaghen niente tagli ai gas serra. Riferisce da Singapore, Federico Rampini: l’asse Usa Cina fa saltare l’accordo sulla lotta al cambiamento climatico. Le due superpotenze hanno blindato un’intesa che svuota il vertice danese e mette di fronte al fatto compiuto l’intera Europa. Volato a Singapore all’ultimo minuto, il premier danese Lars Rasmussen ha dovuto prendere atto che in Danimarca non sarà presa alcuna decisione operativa. L’obiettivo di ridurre del 50% le emissioni di anidride carbonica entro il 2050 è stato cancellato anche dal documento finale del vertice Apec. L’accordo regressivo mette in difficoltà Obama, eletto con la promessa della Green economy. Infatti intervistato, l’ecologo Barry Commoner, guru nel campo della ricerca per le energie pulite, è perentorio. Come riferisce il titolo: “Per Obama è un fallimento l’Europa resta da sola a combattere per l’ambiente”. «Amareggiato e deluso», si dice. «Il  pressing politico per la riforma sanitaria ha fatto mancare la spinta necessarie per ottenere un risultato sulla partita climatica. Obama ha così registrato un pesante fallimento: non è riuscito a prendere la leadership della green economy». Non perde le speranze, però: potrebbe anche essere l’Europa a continuare a tessere le alleanze internazionali necessarie. C’è bisogno di un anno in più, ma l’atmosfera non può aspettare. La differenza rispetto al passato è che oggi l’arresto è legato a ragioni tattiche. Il commento di Vittorio Zucconi ha un titolo che si spiega da sé: “Dalle promesse alla realtà”. Ovvero i 10 mesi di presidenza che hanno cambiato poco. «Il presidente in carica sta, giorno dopo giorno, scoprendo, o ammettendo dopo la scintillante retorica della sua campagna elettorale, quello che tutti i suoi predecessori avevano scoperto che cioè tra il promettere e il mantenere esiste, anche per la persona che si definisce come la più “potente del mondo”, un abisso. E che questo abisso pratico appare tanto più largo e profondo quanto più grandi erano le speranze suscitate e le promesse fatte».

La pagina 13 del GIORNALE è dedicata ai vertici fra i rappresentanti dei maggiori Paesi, in primis a quello Apec che ha riunito a Singapore i Paesi del Pacifico e poi al summit della Fao che si apre a Roma. Questo presentato da Mario Capanna, oggi presidente della fondazione diritti genetici, con l’esordio della nuova rubrica “Sottosopra”. Partiamo dalla riunione Apec in cui «Obama liquida il vertice di Copenhagen sul clima perché è impossibile trovare un accordo e quindi meglio rinviare le decisioni finali a nuovo appuntamento, forse nel 2010 a Città del Messico». «Copenhagen» scrive Carlo Lottieri «sarà l’ennesima tappa intermedia e non già come l’Europa vorrebbe la conclusione trionfale di una battaglia che da tempo il nostro continente combatte». L’altro vertice, come si diceva, è quello della Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite. Scrive Mario Capanna: «La fame nel mondo è in crescita: colpisce 1 miliardo e 20 milioni d persone. Si tratta della peggior crisi degli ultimi 40 anni. Com’è possibile?». «A mancare non è il cibo, precisa Capanna, la fame deriva dal fatto che i poveri non hanno denaro per acquistarlo né i mezzi per produrlo». La soluzione per il leader del 68 milanese è questa: «l’unica via di uscita è la costruzione di uno sviluppo agroalimentare autoctono che valorizzi le diversità di suoli, di climi, le colture e le culture, il microcredito e le biodiversità (il contrario di ogm). Come sostiene il comitato  internazionale di sovranità alimentare  che si riunisce a Roma a lato della Fao,  e con essa dialoga e interagisce». I Grandi hanno appalto anche di diritti umani, come evidenziato in un box di pag. 13. «Iran e San Suu Kyi sono stati questi i due temi che ieri hanno sottratto tempo e attenzioni alle questioni economiche sul piatto del vertice Apec di Sigapore. Per la prima volta  dopo 43 anni  un presidente Usa ha parlato al capo della Giunta militare  birmana. Obama ha chiesto la liberazione di San Suu Kyi. Quanto all’Iran Obama  è riuscito a strappare al presidente russo una linea più dura sull’Iran per assicurare scopi pacifici della programma nucleare».

L’affossamento di Copenhagen trova spazio su LA STAMPA in prima “Clima, Obama e Cina affondano Copenhagen” e in due pagine, alla 6-7. Il retroscena da Bruxelles di Marco Zatterin ha un titolo che non lascia dubbi: «Così è morta la conferenza di Copenhagen”: «Si discuterà a lungo sulla strategia in due fasi con cui, ieri a Singapore, il premier danese Lars Rasmussen ha definitivamente tolto dal tavolo della Conferenza su Clima l’ipotesi di firmare in dicembre un trattato degno di questo nome, un testo che prescriva impegni scolpiti nella pietra invece che un manifesto politico senza immediate conseguenze. Le fonti ambientaliste parlano di “naufragio” e di “eutanasia di un negoziato”, quelle diplomatiche invitano a credere che possa essere “un elettrochoc salutare”. (…) L’Europa è rimasta sola nel tentare di imbastire un accordo globale che avesse un senso, sola e con chiare difficoltà interne al momento di scrivere la cifra da pagare per sostenere le proprie ambizioni. Una cosa sono le parole, altra la voglia di firmare assegni in tempo di crisi. (…) Per evitare lo scacco totale, e lasciare la porta aperta, Rasmussen ha abbassato l’asticella. Il che, per l’Europa, è una notizia indigesta. Vuol dire cedere all’evidenza che gli sforzi compiuti non hanno convinto i grandi partner – e grandi inquinatori – internazionali».

E inoltre sui giornali di oggi:

WELFARE
CORRIERE DELLA SERA – Via Solferino anticipa i contenuti di un maxiemendamento alla finanziaria che il Governo presenterà alla Camera durante l’iter che comincia questa settimana: «Mini indennità di disoccupazione per i collaboratori a progetto che restano senza occupazione, aumentando quella attuale dal 20 al 30% del reddito percepito l’anno prima; premio per le agenzie private che ricollocano i cassintegrati; proroga degli sgravi sul salario aziendale; mini sanatoria per gli imprenditori che non hanno pagato i contributi previdenziali, i quali potrebbero farlo con un forte sconto (almeno il 60%)».

PEC
ITALIA OGGI – “Un sogno chiamato Pec” è il titolo su cui punta il quotidiano economico. Nell’editoriale Marino Longoni spiega che Pec sta per Posta elettronica certificata, e che «i tempi per la realizzazione sono strettissimi, ma la lista dei problemi irrisolti è di una lunghezza disarmante». In certe zone del paese infatti si viaggia ancora a 56 kbit, per quanto riguarda le imprese il 40% ne è privo e interi ordini, come quello sanitario che ne sono totalmente privi. «L’incandescenza della materia è resa palese anche dal caos dei prezzi ai quali vengono offerti i servizi di Pec per uso professionale. Si va da 0,5 a molte decine di euro. Un mercato impazzito. Per i prossimi giorni è previsto un taglio tecnico per risolvere i problemi più urgenti».

CUCCHI
LA REPUBBLICA – Due pagine di aggiornamento sulla morte del giovane romano. Che non venne visitato in caserma a Tor Sapienza dal 118. Una ammissione che mette in discussione la ricostruzione dei carabinieri che hanno avuto in custodia Stefano finché non è stato trasferito al bunker del tribunale. In appoggio un dossier sugli ultimi 7 anni in carcere: trenta vittime sospette. Il caso Cucchi non è isolato, insomma. Dal 2000 a oggi nelle carceri italiane sono morti 1531 detenuti. 150 solo quest’anno, di cui 63 suicidi. La fonte è Ristretti orizzonti che auspica un approfondimento nelle sedi opportune per queste morti sospette.

VERTICE FAO
SOLE24ORE – Il SOLE ospita in prima pagina un intervento del presidente della Commissione UE Barroso sulla fame nel mondo, visto che oggi si apre a Roma il summit Fao sulla sicurezza alimentare. «Stiamo fallendo nella lotta alla fame», ammette Barroso, nonostante lo stanziamento di 20 miliardi di dollari deciso al G8 dell’Aquila. Che fare allora? Primo, Barroso consiglia di puntare sulla biodiversità come antidoto ai cambiamenti climatici e «rete di sicurezza contro le perite causate dal clima, dai parassiti e dalle malattie». Però non è sufficiente: «Ritengo sia necessari per la sicurezza alimentare creare un gruppo intergovernativo di esperti in grandi di monitorare la situazione su scala mondiale». Insomma, l’ennesima commissione… Ma anche «stanziamenti concreti e  maggiori investimenti agricoli in tutto il mondo».

ACQUA
LA STAMPA – “L’acqua verso il privato. Riforma a rischio stangata” è il titolo di un pezzo a pagina 9 che prende spunto dal fatto che oggi alla Camera arriva «il decreto legge sugli obblighi comunitari, che contiene all’articolo 15 la privatizzazione della gestione dell’acqua. In poche parole, il servizio idrico potrà essere affidato a un privato tramite gara pubblica o in via straordinaria senza gara ma col parere dell’Antitrust. Un provvedimento che esaspera la privatizzazione light varata negli anni Novanta con la legge Galli e rivoluziona quanto fatto un secolo fa da Giolitti con la municipalizzazione degli acquedotti. Ma l’attuale maggioranza non ci sente a fare marcia indietro: quindi niente stralcio dell’articolo 15. Una manna dal cielo per chi fa affari con l’acqua, come le lobby dell’oro blu che contano nelle loro fila ex municipalizzate come l’utility romana Acea, la ligure-piemontese Iride e l’emiliana Hera fino a multinazionali come Veolia e Suez. Un mondo che solo in Italia conta 252 imprese idriche per un fatturato totale che supera i 2,5 miliardi di euro».

NON PROFIT
SOLE24ORE – Nell’inserto Affari privati la pagina del volontariato apre oggi con un focus sulle barriere che limitano l’attività sportiva ai disabili. Esame di bilancio per fondazione Abio, che vede calare le proprie entrate addirittura del 40% nel 2008 rispetto all’anno precedente.

PAPA WOJTYLA
IL GIORNALE – Dalle stanze vaticane Andrea Tornielli a pagina 19 annuncia “Wojtyla santo subito: oggi i cardinali decidono”. «In Vaticano la riunione dei porporati che si deve pronunciare in favore dell’eroicità delle virtù del Papa polacco. Si prevede un voto favorevole, poi mancherà solo la firma di Ratzinger: Giovanni Paolo II sarà proclamato beato nel 2010».

BAMBINI SOLDATO
LA STAMPA – Le pag. 10-11 sono dedicate a un’inchiesta di Domenico Quirico sui bambini soldato: «Dal Ruanda al Perù, dalla Bosnia alla Liberia, 250mila di loro combattono in prima linea. Ci sono una ottantina di guerre di tutti generi in corso nel pianeta, per lo più conflitti etnici, insurrezioni, guerriglie che coinvolgono soprattutto civili. I macelli contemporanei hanno infranto l’antico tabù che di secolo in secolo ha per lo più difeso i piccoli. Negli ultimi venti anni hanno ucciso due milioni di bambini, ne hanno feriti cinque milioni, hanno trasformato altri dodici milioni in rifugiati, fuggiaschi, spesso orfani».


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