Mondo

Il fenomeno visto da un intellettuale. Volti di amici che non si sono arresi

Marco Revelli li segue con lo sguardo. Frammenti di un discorso di pace che si dipana di casa in casa.

di Marco Revelli

Macchie di luce sulle case grigie. È difficile non provare emozione alla vista di quei frammenti di arcobaleno che si diffondono, lungo percorsi bizzarri, difficili da decifrare, nel tessuto urbano, come per annunciare che il cielo non si è chiuso del tutto su di noi. Personalmente, da qualche tempo, le vado cercando con lo sguardo, come si cercano, tra una folla di sconosciuti, i volti amici. Ogni macchia colorata, un messaggio: dice che qualcuno non si è arreso. Che nella città, puntiforme, sparpagliato, il popolo della pace ci crede ancora. E comunque, alla guerra non ci sta. Hanno la forma delle bandiere, di una cosa, dunque, vecchia come il mondo. Ma non so se sono in senso proprio ?bandiere?: simboli cioè attorno cui gli uomini, in origine gli eserciti, avevano imparato ad aggrupparsi, per distinguersi (e spesso per contrapporsi) rispetto ad altri. Per riconoscere gli amici dai nemici. Per gridare con la forza dei colori la propria identità (per ogni identità separata, un colore diverso). Sono piuttosto una cosa del tutto nuova, per lo meno nella sostanza, e forse anche nella forma: intanto perché qui ci sono tutti i colori, insieme. Non uno da opporre a un altro, ma tutti, messi uno a fianco dell?altro, senza egemonia né sovrapposizione. Ed è già una bella differenza. Ma poi anche perché queste non aggruppano. Non raccolgono sotto di sé gruppi più o meno compatti. Stanno lì, disseminate (la disseminazione è il loro bello), una qua l?altra là, e in mezzo spazi più o meno grandi, vuoti, come fogli bianchi (anzi, di solito grigi) in attesa di essere scritti. Ecco, più che vessilli si direbbero fonemi: parole di un linguaggio che si articola e si dipana nelle città, combinandosi in un discorso polifonico, perché tante sono le possibili ragioni della pace, tante le culture che la propugnano, tante le sensibilità che la sostengono. E i destinatari sono tutti, nessuno escluso. Anche il modo con cui quei frammenti ottici di discorso arrivano nelle case, è diverso da quello seguito fino a ieri, nell?epoca della politica totale e delle identità di partito. Basta decifrare il discorso sulle facciate delle case: un ?nido? qua, con i balconi contigui addobbati, un altro reticolo a maglie larghe là, o una linea verticale, a segnare il vicinato di scala, poi un intero caseggiato vuoto, e il successivo punteggiato. Ci dice che la diffusione è quasi sempre avvenuta con il passamano (e il passaparola), lungo le catene di sant?Antonio dei rapporti informali di vicinato o di amicizia, o anche solo di conoscenza e di fiducia, secondo modalità casuali, nel silenzio assoluto dei media. Nell?omertà di quotidiani e tv. Possiamo intuire che magari il drappo è entrato in casa perché un parente, o un amico frequenta la parrocchia, o il figlio l?ha portato da scuola o dal centro sociale, o la badante l?ha ritirato alla Caritas…, o perché qualcuno è entrato in un negozio del commercio equo e solidale, ma più spesso semplicemente perché ha incontrato un altro che glielo ha offerto, così, come si offre un passaggio in macchina o l?indirizzo di un medico capace. Non perché un qualche ufficio di Segreteria ha deciso la mobilitazione, o un qualche Comitato centrale si è riunito. Evidentemente lavora così la pace. Per un?infinità di vie.


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