Non profit

Nessuno vigila più sul fumo

A meno che il Parlamento non vari subito una legge ad hoc si passerà ai controlli fai-da-te

di Lorenzo Alvaro

Il Consiglio di stato stabilisce, confermando la sentenza del Tar del Lazio, che non spetta ai titolari dei locali pubblici vigilare sul rispetto delle regole in materia antifumo. Ribadita la sentenza di primo grado che aveva dichiarato, su ricorso della Silb (Associazione italiana imprenditori locali da ballo) parzialmente illegittima la circolare ministeriale del 2004 che aveva investito i gestori delle attività commerciali dell’onere di vigilare sull’applicazione del divieto di fumo. La notizia è divulgata dal quotidiano economico Italia Oggi. Il fatto è che, come spiega Marilisa Bombi, «il comma 5 dell’art. 51 della legge antifumo  3/2003, che individua le sanzioni applicabili nel caso d’infrazione, non contiene la disciplina relativa ad eventuali obblighi nei confronti dei soggetti preposti alla vigilanza».
Dunque da oggi, non potendo essere una circolare a stabilire cosa si possa o meno fare e sopratutto chi possa o meno far rispettare una norma, prerogativa solo della legge, la responsabilità ricade esclusivamente sul buonsenso e sull’educazione dei cittadini. Il Consiglio dei Ministri ha tentato un ricorso in appello che è risultato naturalmente inutile. Marilisa Bombi spiega inoltre che è l’articolo 3 della Costituzione a vanificare la circolare quando afferma che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge». L’esito è dunque che il divieto rimane: nei luoghi pubblici non si può, per legge, fumare. Ma nessuno, a parte i pubblici ufficiali, può far rispettare la regola. Il rischio che si configura è dunque il ricorso massiccio, in caso di infrazione, alle segnalazioni di privati cittadini stile far-west. Come dimostrare poi l’effettivo configurarsi del reato e chi si debba occupare dei fermi in attesa delle forze dell’ordine non è dato saperlo.





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