Non profit
Il boom delle eredità senza eredi
Gian Paolo Barbetta: «105 miliardi da qui al 2002»
di Redazione
Centocinque miliardi di euro: a tanto ammontano i lasciti di chi non ha eredi che potrebbero convergere sul non profit sino al 2020. Di questi 23 solo in Lombardia. Sono i risultati di una ricerca commissionata da Fondazione Cariplo e che confluirà nel nuovo Osservatorio, messo online dal 7 novembre (vedi box). Un’opportunità per il terzo settore, che però dovrà fare la sua parte. Lo spiega chiaramente Gian Paolo Barbetta, docente di Economia politica in Cattolica e responsabile dell’Osservatorio.
Vita: Come si giunge a questa stima?
Gian Paolo Barbetta: Stefano Cima e Paolo Canino hanno aggiornato i dati di una precedente ricerca incrociando i tassi demografici proposti dall’Istat e l’indagine sulla ricchezza fatta dalla Banca d’Italia. I 105 miliardi di euro sono il patrimonio delle persone che nei prossimi anni moriranno senza eredi diretti. Non è detto che vadano finire tutti al non profit, ma rappresentano un’opportunità.
Vita: Cosa vuol dire per la Fondazione Cariplo e per il terzo settore?
Barbetta: Per la Fondazione Cariplo è la conferma di una tendenza: abbiamo creato le fondazioni di comunità proprio per dare al potenziale donatore uno strumento che semplifica la sua azione filantropica, agisce nel suo territorio e gli garantisce una continuità nel tempo. Non ha bisogno di mettere in piedi la sua propria fondazione potendosi avvalere di una gestione professionale delle risorse effettuando al contempo una donazione mirata. Per il non profit, invece, significa dotarsi di strumentazione professionale che consenta di intercettare queste potenzialità.
Vita: A cosa sta pensando?
Barbetta: Si tratta di arrivare ai notai, agli avvocati, ai commercialisti, alle loro associazioni professionali, alle banche che fanno amministrazione di patrimoni. Soggetti che hanno qualcosa da dire al potenziale donatore senza eredi diretti che magari chiede suggerimenti e a cui i soggetti non profit possono dire: «Ci siamo anche noi». Le fondazioni di comunità stanno cominciando a muoversi in questo senso. Lo stesso possono far le organizzazioni di terzo settore. Non c’è competizione: le fondazioni raccolgono per poi dare al non profit.
Vita: E sulle altre ricerche di prossima pubblicazione, cosa può dirci?
Barbetta: Una riguarda la cultura dell’inclusione e della coesione sociale nelle periferie, un’altra il problema dell’abbandono scolastico da parte di studenti italiani e stranieri. Facciamo delle analisi per avviare strumenti operativi.
Vita: Quali ad esempio?
Barbetta: Nel primo caso, cultura e periferie, ci stiamo rendendo conto che sempre più problemi di emarginazione sociale possono essere determinati dall’esclusione culturale. Dunque accanto ai classici interventi sociali, sono possibili ed auspicabili altri strumenti di tipo culturale. Nei prossimi giorni avvieremo un primo bando sull’utilizzo delle biblioteche di pubblica lettura per azioni a favore della coesione sociale. Una filosofia di intervento ispirata del resto dalle numerose esperienze citate nella ricerca. Il bando sarà sperimentale anche perché è in collaborazione con la Fondazione Vodafone.
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