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Una croce su Strasburgo

L'Italia non si divide nella protesta contro la sentenza della Corte europea sul crocifisso a scuola

di Franco Bomprezzi

La Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha accolto il ricorso di una famiglia di Abano Terme contraria alla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche. La sentenza ha suscitato immediate e quasi unanimi reazioni di segno contrario. E i giornali di oggi aprono con questo argomento.

“La Corte europea: via i crocifissi”, titola il CORRIERE DELLA SERA di oggi. Che mette in evidenza anche la protesta del Governo e l’invito del Vaticano ai cristiani ad «alzare la voce». Le proteste di Roma e della Santa sede sono anche il cuore del pezzo di apertura di pag 2 a firma di Giulio Benedetti: «La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo accogliendo il ricorso presentato da una cittadina italiana. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini in una nota annuncia che «il governo ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo». Se la Corte accoglierà il ricorso, il caso verrà ridiscusso nella Grande Camera (organo della Corte chiamato a pronunciarsi su un caso che solleva una grave questione relativa all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione o dei Protocolli, oppure un’importante questione di carattere generale). Qualora invece il ricorso non dovesse essere accolto, la sentenza diverrà definitiva tra tre mesi, e allora spetterà al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa decidere, entro sei mesi, quali azioni il governo italiano deve prendere per non incorrere in ulteriori violazioni. Il Vaticano ha espresso «stupore e del rammarico» per una sentenza «miope e sbagliata». Netta la presa di posizione della Cei che boccia la sentenza parlando di «visione parziale e ideologica». Il CORRIERE a pag 3 dà poi spazio alla voce della famiglia padovana (lei però è finlandese) che ha vinto la causa: “«Adesso temo i talebani cattolici»” dice nel titolo Massimo Albertin, che poi aggiunge: «Dicono che sono un fanatico, ma è solo un modo per ribaltare la verità. Ho fatto una battaglia civile. Se io a casa insegno ai miei figli che l’uomo è figlio dell’evoluzione, e poi a scuola un professore sostiene invece che siamo tutti figli di Dio, quel crocifisso che sta alle sue spalle gli conferisce una autorità superiore alla mia. Un’ingiustizia ». Il dottor Albertin, medico dell’ospedale di Abano, ha una famiglia bella e unita. Per via di quella firma, gli insulti su blog e forum se li becca Soile («Torna tra le renne, str…»). Da oltretevere parla invece il presidente del pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, il cardinale Kasper: «Questa decisione è molto strana, non esprime laicità, ma ideologia, un laicismo che si fa intollerante».

 “Via i crocifissi dalle scuole”: la sentenza della Corte europea guadagna l’apertura anche di LA REPUBBLICA. I giudici accolgono il ricorso di una coppia italiana e i partiti si schierano contro. Sia il Pdl che il Pd. Per il ministro Gelmini «nemmeno qualche Corte europea ideologizzata riuscirà a cancellare la nostra identità… la presenza del crocifisso non significa adesione al cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione». Per Bersani, «il buonsenso è vittima del diritto». Critico anche Fini: «mi auguro che la sentenza non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni, che è valore diverso dalla negazione propria del laicismo più deteriore del ruolo del Cristianesimo nella società e nella identità italiana». Di decisione sbagliata e miope parla il Vaticano, di «visione parziale e ideologica» parlano i vescovi italiani. Accanto a una intervistina a Massimo Albertin, il medico che vive ad Abano Terme che ha fatto il ricorso alla Corte e che naturalmente si dice soddisfatto della decisione  («lo Stato italiano dovrà tenere conto di questa sentenza»), Paolo Griseri firma un pezzo intitolato “Torna l’Italia di guelfi e ghibellini «Nelle aule anche i bronzi di Riace» che descrive le reazioni «da crociata» da parte di amministratori locali, presidi, sindaci. Solo in pochi gioiscono. Ad esempio la Rete laica bolognese che propone di esporre i simboli più rappresentativi della cultura italiana, i bronzi del titolo appunto. Per il resto posizioni molto simili. Voce fuori dal coro è quella di don Arrigo Chieregatti: «è una sentenza salutare. Ogni credo deve avere il coraggio di relativizzarsi». Intervistato da Orazio La Rocca, il cardinale Giovan Battista Re esprime grandi perplessità e stupore: «si parla di un simbolo che non può non essere emblema di umanità condivisa universalmente». Il commento alla vicenda è affidato a Stefano Rodotà, “La battaglia su un simbolo”. La sentenza non sminuisce l’importanza della religione, scrive, anzi la esalta per quanto riguarda il diritto dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni e la libertà religiosa degli alunni. «Viviamo in tempi in cui la difesa della libertà religiosa non può essere disgiunta dal rispetto del pluralismo».

Interessante davvero il lavoro del SOLE24ORE sulla sentenza europea. Interessante soprattutto per le opinioni che ospita: Luca Diotallevi, Emma Bonino e la musulmana Karima Moual. Nell’ordine, Diotallevi, docente di sociologia all’università Roma Tre, è categorico: «staccare i crocifissi dalle aule è un atto di imperialismo culturale», ovvero una condiscendenza alla visione francese del laicismo, che esclude ogni simbolo religioso. Non è l’unica, secondo Diotallevi, perché esporre un simbolo religioso e lasciare comunque libertà assoluta di credo, come avviene in Italia, significa che quel Dio «è un Dio buono» che non si impone e lascia appunto liberi. Emma Bonino ovviamente è categorica nel senso opposto: «i luoghi pubblici sono di tutti», dice, «e credo che anche molti cattolici abbiano molte difficoltà a difendere il crocifisso e ciò che rappresenta». Karima Moual dal canto suo scrive invece che «non credo che siano i simboli a minacciare l’autorità laica dello Stato», e dopo aver fatto riferimento al caso della Turchia che si spaccò sul velo islamico o no nelle università, conclude osservando che «il filo che separa la laicità dal laicismo è diventato così sottile da non riuscire più a tutelare quel pluralismo che caratterizza la laicità stessa». Come al solito il SOLE si distingue poi per un bell’infografico su quel che succede negli altri paesi europei: in Francia sono vietati tutti i simboli religiosi, in Germania c’è libertà assoluta (chi vuole mette la croce, chi non vuole no), in GB la scuola pubblica è da sempre religiosa o non religiosa, e nella prima ovviamente la croce c’è, nella seconda no; in Spagna c’è dappertutto ma è messa in discussione, un po’ come in Italia, anche se non c’è ancora stata la sentenza europea. Per Stefano Folli infine la sentenza di ieri «rischia di incoraggiare la Lega nella sua diffidenza verso l’Europa» vista come «la matrigna» che depreda i nostri valori.

ITALIA OGGI entra nel merito della decisione della Corte di Strasburgo con un articolo  “Il crocifisso non può stare in classe” pieno di commenti da parte di vari rappresentanti solo del mondo cattolico tra cui quello del portavoce del Vaticano padre Federico Lombardi «La religione dà un contributo prezioso per la formazione e la crescita morale delle persone, ed è una componente essenziale della nostra civiltà. E’ sbagliato e miope volerla escludere dalla realtà educativa»; quello della Conferenza Episcopale «Fatto salvo il necessario approfondimento delle motivazioni, in base a una prima lettura sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologia. Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso che non è solo un simbolo religioso ma anche culturale»; e quello di Monsignore Vincenzo Paglia (padre spirituale della Comunità di Sant’Egidio) «A me pare che si parta da un presupposto che, a mio avviso, è una debolezza umanistica oltre che religiosa del tutto evidente. Anche perché la laicità non è l’assenza di simboli religiosi, semmai la capacità di accoglierli e di sostenerli».
 
 Feltri alla fine ha titolato il suo editoriale su IL GIORNALE “I giudici bevono troppo” con riferimento alla Corte di Strasburgo e alla sua decisione in materia di esposizione di crocifissi nelle scuole italiane. Ma, pensiamo, che abbia avuto la tentazione di titolare “Strasburgo, un manicomio” come scrive  più avanti nel suo pezzo. «E’ evidente. Siamo in presenza di un problema psichiatrico oltre che politico e religioso. Non vorremmo essere irriguardosi nei confronti dell’istituzione ma c’è il sospetto che a Strasburgo giri troppa birra, vi è la certezza che il tasso alcolico della corte è talmente elevato da richiedere l’intervento degli infermieri. Se chiudessimo il manicomio di Strasburgo?». Feltri arriva a questa conclusione considerando che «La stupidità della sentenza è aggravata  dall’ignoranza dei valori del cristianesimo, simboleggiato non soltanto dall’oggetto “stravagante” dinanzi al quale milioni e milioni di europei si ritrovano e si riconoscono, ma da mille elementi visivamente apprezzabili. Gli estensori del documento avrebbero dovuto  bandire anche i campanili,  le cattedrali, i monasteri, tutta roba che si erge in luogo pubblico e quindi esposta al turbamento dei fanciulli». In copertina occhieggia il pezzo del vaticanista Andrea Tornielli che ha intervistato Vittorio Messori che ha detto «Allora togliete le foto di Napolitano» che spiega «Non esiste solo il sentimento religioso, ma pure quello politico. Anche questo può essere offeso». E ancora «Questa sentenza  è un peccato contro la storia. Il crocifisso non dà fastidio neppure ai musulmani italiani».

Non è l’argomento di apertura, ma alla sentenza della Corte di Strasburgo IL MANIFESTO in prima dedica il commento di Dario Fo “Croce via”, un richiamo a piè di pagina con foto «La corte di Strasburgo: “Via quel crocifisso dalle scuole italiane” Il Vaticano insorge. Bersani: è tradizione» e la vignetta di Vauro intitolata: “Ue: via le croci dalle scuole”, mentre il dialogo tra i due personaggi recita: “La Gelmini si oppone”; “Dice che non saprebbe più dove inchiodare i precari!”. Scrive Fo che la sentenza: «Scandalizza enormemente i cattolici apostolici romani. Ma non i cristiani. Perché ci sono anche i cristiani non apostolici romani che non fanno del predominio del simbolo della croce il loro valore essenziale. Naturalmente è tutt’altro che offensiva per chi è ateo e non ha religione come me, e tantomeno la sento offensiva per chi professa un’altra religione (…) Esplode l’ira del Vaticano, il governo di centrodestra accusa, balbettano dall’opposizione democratica: “È una questione di cultura, di tradizione». Allora apriamo anche il libro nero di questa cultura e tradizione. Il cattolicesimo della Chiesa romana nasconde dietro il crocifisso interpretato come riscatto, una cultura e una storia di violenze, sopraffazioni, guerre. (…) Se è la “nostra cultura”, come dichiarano l’intrepida Gelmini e il “pontefice” Buttiglione che accusa la sentenza di Strasburgo di essere “aberrante”, perché non raccontano il lato oscuro della croce come simbologia del potere? Invece è come se continuassero a dire: lo spazio del visibile, dell’iconografia quotidiana della realtà è mio, lo gestisco io e ci metto le insegne che voglio io. È questo che è sbagliato (…)».
  
La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo conquista ovviamente l’apertura di AVVENIRE, sotto il titolo “I sette giudici del crocifisso”. Fin dall’occhiello la sentenza è definita «sconcertante», mentre l’editoriale in prima pagina di Francesco D’Agostino parla di «algido laicismo» e «prova di accecata sentenziosità» di giudici che con le loro «sentenze contro l’Europa e il suo spirito» rendono la stessa Europa «sempre meno amabile». Nelle due pagine di servizi, innanzitutto spazio al coro di reazioni indignate contro Strasburgo della Chiesa, delle associazioni e della politica: Per la Cei la sentenza è «ideologica», per il portavoce della Santa Sede è «miope e sbagliata» perché il crocifisso è «patrimonio storico del popolo italiano», come ribadito dal Concordato e dal Consiglio di stato nel 2006, che riconobbe in esso un simbolo della tolleranza e del rispetto reciproco, quindi con valore educativo anche in un orizzonte laico. AVVENIRE precisa anche che la Corte di Strasburgo non è espressione dell’Unione europea e interpella due esponenti di altre religioni: Souad Sbai, attivista araba, parla di «offensiva nichilista» e Giorgio Israel, intellettuale ebreo, di un «attacco ai simboli giudaico cristiani accanto a una singolare tolleranza per i simboli islamici». A lanciare una provocazione-bomba però è il giurista Riccardo Chieppa, che dice: «se il crocifisso dovesse essere bandito dalla scuola pubblica italiana, si presenterebbe con maggiore gravità la giusta pretesa, inderogabile, dei genitori non contrari a un sentimento religioso di scegliere una scuola conforme ai propri principi e il contestuale dovere per lo Stato di adeguarsi direttamente, con contributi che rendano effettivo tale diritto. In caso di inadempienza sì che la corte di Strasburgo dovrebbe occuparsi seriamente di risarcimenti».

“Via i crocifissi dalle scuole”. L’edizione di oggi apre con la sentenza di Strasburgo. Oltre alla cronaca e alle reazioni politiche (critiche bipartisan da Fini e Bersani, mentre il sottosegretario di Rifondazione Ferrero plaude), LA STAMPA pubblica l’intervista al marito di Soile Lautsi, Massimo Albertin. Medico a Padova, è membro dell’Unione atei e agnostici razionali. «In tutta questa vicenda è sempre uscito il nome di mia moglie ma è una battaglia che abbiamo condotto insieme alla quale sono stato io a dare materialmente inizio» spiega. «Lo abbiamo fatto in nome dei nostri figli che erano bambini», «ora sono felici quanto noi per il traguardo raggiunto». Dei figli dice ancora: «crescendo hanno capito la nostra scelta e l’hanno condivisa tanto che nessuno dei due è battezzato, sono atei. Non hanno giocato in patronato, questo è vero, ma non mi pare lo considerino un vuoto incolmabile». “Si distrugge tutto in nome della laicità” è il controcanto dell’intervista a Maria Stella Gelmini: «Le radici dell’Italia passano anche attraverso i simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi».

E inoltre sui giornali di oggi:

INFLUENZA A
LA REPUBBLICA –  18 decessi, 250mila contagiati. La pandemia accelera secondo l’Istituto superiore di sanità. La conferma dall’Oms. È urgente vaccinare le persone  a rischio, compresi i bambini. Fazio incontrerà le regioni e farà il punto sulle vaccinazioni. Nel frattempo continua l’assedio al pronto soccorso.

IL MANIFESTO – Richiamo in prima “L’immunologo: non c’è allarme In Italia le vittime arrivano a 18, quasi la metà sono in Campania” e articolo a piè di pagina 4 dove si riporta l’intervista al professor Giuseppe Remuzzi del Mario Negri di Bergamo che assicura sull’evoluzione del virus «è sotto controllo e il vaccino dà buoni risultati». L’immunologo nel titolo dell’articolo dice: «Non c’è pericolo ma donne incinte e bambini malati vanno vaccinati» e da lui arriva la critica a «questa sorta di federalismo delle direttive sanitarie, le cure devono essere uguali e somministrate contemporaneamente da Aosta a Pantelleria».

LA STAMPA – “L’Oms attacca i medici: devono vaccinarsi”. «Irresponsabile», così Gregory Hartl, portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità, definisce chi fa parte delle categorie a rischio e non vuole vaccinarsi. Le associazioni di consumatori, scrive LA STAMPA, chiedono le dimissioni del viceministro alla salute Ferruccio Fazio: «Abbiamo registrato una totale mancanza di trasparenza e di corrette informazioni sull’influenza A, sia per quanto concerne la diffusione del virus e la sua letalità, sia sui tempi di vaccinazione delle popolazioni» scrivono fra gli altri Federconsumatori, Movimento Consumatori e Adiconsum, che definiscono grave soprattutto «che siano state diffuse notizie non veritiere sul vaccino: secondo quanto affermato da Fazio avrebbe dovuto essere disponibile da ottobre per le categorie a rischio ma ad oggi non è presente nelle quantità necessarie». Sulla distribuzione, scrive LA STAMPA, è uno «scaricabarile» di responsabilità fra Fazio e Regioni. «Noi possiamo fare ordinanze» ha detto il primo «ma poi sull’organizzazione e la gestione delle vaccinazioni dei pazienti, le regioni sono sovrane». Enrico Rossi, della Conferenza Stato-Regioni: «è il ministero che deve informare e anche coordinare», il viceministro «ci dica quali Regioni sono virtuose e quali no». La Croce Rossa, da parte sua, dice che i suoi camion, che prelevano i vaccini dai depositi di Milano e Pomezia della Novartis, li distribuiscono dove le Regioni indicano.

LEVI STRAUSS
LA REPUBBLICA –  Jean Daniel firma un ricordo dell’antropologo che «meglio di altri ha saputo concettualizzare l’alterità, la differenza, il confronto, la genesi dell’Io dall’Altro». Un pensiero denso e importante che ha rinnovato molti campi del sapere, facendo leva su un principio soprattutto: il funzionamento delle società e persino delle culture si regge su strutture inconsce. Seguono due pagine a firma di Marino Niola e Umberto Galimberti.

CORRIERE DELLA SERA – Dalla prima pagina con rimando alla 22 (apertura della sezione Cultura) l’”Addio al maestro dell’antropologia” è celebrato con una pagina siglata da due firme eccellenti, Bernard Henry-Levi e Cesare Segre. Ricorda Segre: Claude Levi-Strauss «con Maritain e Focillon fondò L’Ecole libre des hautes Etudes e con Roman Jakobson trasformò gli studi di linguistica». Aggiunge l’allievo Henri Levy: “«Solo adesso il XX secolo è definitivamente concluso»”.

IL MANIFESTO – È dedicata alla morte del grande antropologo la foto di copertina e il titolo principale de IL MANIFESTO “Un cuore selvaggio”. «È morto a Parigi il grande antropologo Claude Lévi – Strauss. Aveva compiuto cent’anni e attraversato tutti i pregiudizi del secolo, cercando sistematicamente l’ordine nel caos. I suoi studi hanno sfatato i luoghi comuni sul pensiero magico, dimostrando come tutte le società risolvono fondamentalmente allo stesso modo i loro interrogativi».

LA STAMPA – Il quotidiano di Torino affida a Silvia Ronchey il ricordo. «L’ultimo grande maestro del nostro tempo», lo definisce lei. «Con il passare degli anni, ogni giorno di più provo la sensazione di usurpare il tempo che mi resta da vivere e penso che niente giustifichi più il posto che occupo ancora su questa terra» aveva dichiarato lui, quando di anni ne aveva 97. «Il pensatore che ha segnato il Novecento mettendo in questione non solo la centralità della cultura occidentale, ma anche quella dell’uomo nel sistema vivente» scrive Ronchey «forse voleva che, in quel sistema, la sua vita durasse cent’anni, non sono uno di più».

DROGA
IL GIORNALE – Apre con  la notizia dei test antidroga in Parlamento. Da lunedì via gli esami sugli onorevoli, però saranno facoltativi. Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega alla lotta alla droga che,  dopo la vicenda Marrazzo, torna chiedere, e questa volta ottiene, i test in aula. Non sarà prelevato sudore come fecero le iene , ma si tratta di un esame di urine che può esser effettuato dal 7 al 12 novembre. Il Codacons osa: «Renderli obbligatori».

FAMIGLIA
CORRIERE DELLA SERA – Dopo l’articolo di Maurizio Ferrera che il 2 novembre aveva denunciato la poca attenzione sostanziale del governo nei confronti della famiglia, il CORRIERE torna sul tema con un’intervista al sottosegretario Giovanardi (“famiglia priorità, il governo dia un segnale forte”: «Ho sollecitato al premier il quoziente familiare. Mi ha detto che l’impegno c’è, ma mancano i fondi») e un intervento a firma del presidente del Forum delle associazioni familiari, Francesco Belletti: “«Quoziente familiare, risorse subito»”.  

LAVORO
SOLE24ORE – “Il non profit a caccia di manager”: presentati i dati dall’osservatorio Sodalitas-Hay Group in base ai quali il 60% dei dipendenti e collaboratori delle non profit italiane è laureato e ha meno di 45 anni, anche se il 43% è assunto a tempo determinato o a progetto. Ci sono poi anche nuove figure professionali che sbarcano nel terzo settore, come il Buzz Manager, ovvero un incaricato di divulgare una campagna sociale in modo “virale” nei blog o nei social network.

ITALIA OGGI – Buone notizie per le agenzie private che ricollocano i disoccupati. Secondo il pezzo “Sacconi premia chi trova lavoro» saranno previste delle defiscalizzazioni per incentivare le agenzie di collocamento private a trovare un lavoro ai disoccupati. «E’ una delle proposte» scrive l’articolo «che Sacconi è deciso a presentare nell’ambito di un pacchetto di emendamenti alla Finanziaria. Probabilmente nel prossimo passaggio alla camera, e dunque nel giro di un paio di settimane. La copertura arriverà dallo scudo fiscale».

IL MANIFESTO – “Stipendi a picco, economie fragili” è il titolo dedicato al rapporto Onu che lega deflazione salariale e crisi globale. «Se c’è una cosa che sparisce dai media durante una crisi economica è proprio l’elemento che potrebbe limitarne i danni: il salario. E non scompare solo dalle notizie; letteralmente evapora anche dalle tasche dei percettori (i lavoratori dipendenti). In effetti ce ne siamo accorti un po’ tutti, da qualche anno a questa parte. Mancava la conferma “scientifica”, che arriva ora da uno studio pubblicato ieri dall’International Labour Organization dell’Onu (Ilo). Il testo – Rapporto sul salario mondiale: aggiornamento 2009 – non lascia spazio all’ottimismo di maniera. (…) Non bastano infatti i fumosi “segnali di ripresa economica” per risollevare la domanda solvibile di beni (…) Tradotto per i liberisti di casa nostra: se i potenziali compratori di merci non hanno un soldo in tasca, i vostri incrementi di produzione produrranno un risultato opposto: ovvero più crisi». Nell’articolo si riporta anche la posizione del Wto sulla precarietà contrattuale «(…) persino il Wto consiglia i diversi paesi di “stabilizzare il lavoro”. Non tanto per una questione di “giustizia sociale”, quanto perché “l’economia informale rappresenta un ostacolo alla costruzione del valore aggiunto della produzione e alla competizione”. Ci guadagnano anche gli stati, che raccolgono più entrate fiscali da poter usare per “mitigare gli shock esterni”. Ossia per “stimolare l’economia” quando – come ora – arriva la crisi. I “comunisti” sono arrivati a comandare il Wto?»

4 NOVEMBRE
AVVENIRE – In occasione della festa delle Forze armate, AVVENIRE raccoglie tre storie di “trincee di pace” che raccontano come i soldati in missione all’estero poi attivino  sul territorio una rete di solidarietà che continua nel tempo ad accompagnare le persone incontrate in missione. Tre i focus: Kosovo, Libano e Afghanistan. Qui per esempio con i fondi di privati italiani hanno aperto una sartoria che dà lavoro a 300 donne. 


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