Non profit

La polveriera Pakistan

Un’autobomba al mercato di Peshawar fa 100 morti. La cronaca di una giornata di sangue e le analisi dei giornali

di Redazione

L’attentato proprio in coincidenza con l’arrivo del segretario di Stato Hillary Clinton in Pakistan. L’ennesima dimostrazione che in quell’area si gioca la partita più delicata per il presidente Obama.

Hillary Clinton arriva in Pakistan e al mercato di Peshawar esplode un’autobomba: 100 morti, molte donne e bambini. Il CORRIERE DELLA SERA in prima pagina pubblica una fotonotizia con un’immagine di una bambina insanguinata soccorsa da un uomo fra la disperazione della gente. La cronaca è affidata all’inviato Lorenzo Cremonesi. Questo l’incipit del pezzo di pag 17: «L’autobomba esplode con effetti devastanti tra le viuzze e le bancarelle del Peepal Mandi. È il vecchio mercato popolare del centro di Peshawar dove si trovano le sartorie, negozietti che vendono vestiti da donna, gioiellerie a buon mercato e botteghe di giocattoli. L’ora è quella di punta: la tarda mattinata. E il bilancio è subito da massacro. Dagli ospedali locali arrivano dati agghiaccianti: tra 90 e 100 morti. I feriti sono oltre 200. E il particolare più crudele, inevitabile, visto il luogo scelto dagli attentatori: i bambini uccisi sarebbero una quarantina, molti piccolissimi». L’analisi è invece affidata a Guido Olimpio “Colpiscono le città per umiliare la potenza Usa. Scrive il corrispondente dagli Stati uniti: «Questi attacchi hanno il sapore della sfida ai piani che sta studiando in queste ore la Casa Bianca. Una delle ipotesi da valutare e, sembra, approvata, è quella di concentrare i rinforzi americani a difesa dei centri abitati. Con le loro bombe i terroristi dicono: noi siamo già dentro». Ma chi sono gli attentatori? «…Per gli esperti i responsabili delle stragi di Kabul sono miliziani vicini al potente clan Haqqani che hanno stretto un patto con un network presente da tempo nella capitale. Dall’altro lato del confine si tratta di uomini legati alle formazioni integraliste finite nel mirino di Islamabad».

LA REPUBBLICA dedica agli esteri la fotonotizia: “I Taliban scatenano l’inferno più di 100 morti in Pakistan” (l’apertura è per le toghe: “I giudici si ribellano: basta insulti”). I servizi da pagina 18: una giornata di sangue che ha colpito l’Onu e i civili pakistani, con un messaggio chiaro: «non c’è altra via che quella del Corano letto in chiave integralista» scrive Giampaolo Cadalanu riferendo del doppio attentato a Peshawar (101 vittime a causa di un’autobomba) e a Kabul (12 morti). “Questo è solo l’inizio prepariamoci al peggio” è il titolo chiarissimo dell’intervista a Ahmed Rashid, giornalista e analista politico: «l’obiettivo degli attacchi è comune: influenzare le decisioni dell’Amministrazione Obama sulla regione. Demoralizzare la Nato e l’Unione europea e indebolire due governi già molto precari». Dobbiamo aspettarci più violenza in Afghanistan ma anche in Pakistan i Taliban andranno avanti, secondo Rashid. «A Kabul sarà peggio: ci saranno enormi violenze prima del voto, perché le elezioni appaiano come un fallimento». Da New York Federico Rampini riferisce la posizione americana: “Più soldati, ma solo nelle città pronta l’escalation di Obama”. Scrive Rampini che l’amministrazione sta decidendo sul che fare e si accinge a sostenere l’impegno dell’esercito pakistano stando però bene attenta che i fondi non siano deviati e usati a finanziare indirettamente il programma nucleare. Quanto alla presenza militare, pare si stia raggiungendo il compromesso evocato nel titolo e sintetizzato dal New York Times così: «McCrystal  nella città, Biden nelle campagne» (ovvero più militari nelle zone urbane come vuole il generale). Rimanendo sul New York Times, il quotidiano rivela che il fratello di Karzai sarebbe una spia della Cia. Lui dice di aver collaborato con civili e ufficiali americani ma di non essere coinvolto nel traffico di droga e di non ricevere denaro dalla Cia.

“Furia talebana su Kabul e Peshawar” è il titolo a sette colonne su otto del SOLE24ORE. Oltre alla cronaca dei drammatici fatti di ieri, il SOLE ospita un’analisi di Alberto Negri che commenta la «guerra» ormai in corso nell’area denominata «Af-Pak», ovveor la zona di confine tra i due stati saldamente in mano agli estremisti, che stanno attuando la «strategia del vietcong», ovvero non tanto battaglie da vincere in campo aperto ma logoramento dell’avversario finché questo, esausto, abbandonerà il campo. Come reagirà il “nemico”, ovvero gli Usa? In due modi diversi a seconda del paese. In Afghanistan, dice Negri, «bisogna difendere almeno le città» dove c’è l’«l’Afghanistan che del ritorno del Mullah Omar non ne vuole sapere». In Pakistan invece «la partita è più intricata» perché qui lo stato e i generali sono più organizzati «e vogliono una contropartita strategica: gli Usa devono diventare loro alleati almeno quanto lo sono dell’India».

Secondo l’analisi del pezzo “La Clinton arriva in Pakistan e i talebani fanno una strage” l’attentato a Peshawar e anche quello a Kabul dove è stata colpita una sede dell’Onu, hanno costretto il segretario di Stato americano  a tenere per se stessa quello che aveva detto ai giornalisti che viaggiavano con lei in aereo, ovvero che stava andando in Pakistan per «voltare pagina» nei rapporti tra Pakistan e Stati Uniti. Ma anche, fa notare IL GIORNALE, a farle ripetere qui vecchi concetti tipici del linguaggio della politica estera americana:«In Pakistan gruppi estremistici brutali e tenaci uccidono gente innocente e seminano il terrore. E’ anche la nostra battaglia vi daremo l’aiuto che serve».    

IL MANIFESTO dedica all’attentato di Peshawar una pagina, “Bomba nel mercato, una strage di donne” a firma di Marina Forti sottolinea come l’azione della milizia taleban di Darra Adamkhel sia proprio condotta contro le donne. «Sono in gran parte donne e bambini le vittime dell’ennesimo attentato in Pakistan» che ha per ora un bilancio di 100 morti e 150 feriti di cui alcuni molto gravi. Che le donne sono l’obbiettivo lo si evince da altri due fatti. Il luogo dell’attentato un intrico di viuzze dove sorgeva un grande mercato frequentato solo da donne «perchè è il mercato dei tessili, stoffe, mercerie». Infine il fatto che «un rappresentante dell’associazione dei negozianti della zona ha detto che lui e altri colleghi avevano ricevuto minacce dai taleban che chiedevano di bandire le donne dal mercato».  Nel frattempo da sottolineare che proprio ieri è atterrata a Islamabad, capitale del Pakistan, Hilary Clinton. La visita naturalmente però è passata in secondo piano dopo gli avvenimenti di Peshawar. Resta solo una certezze: «ha un solo precedente in Pakistan per numero di vittime» quello sulla folla che festeggiava Benazir Bhutto e «è il più sanguinoso mai registrato» nel paese.

“La furia dei taleban” è il titolo di apertura di AVVENIRE, che nelle due pagine interne titola “il Pakistan ha paura”. Un boxino punta l’attenzione sull’escalation di violenza dei taleban dall’8 ottobre allla doppia offensiva di ieri (a Peshawa e a Kabul), in un crescendo che punta a farsi «azione dimostrativa». Fabio Carminati in un pezzo di commento vede «inquietanti parallelismi strategici con il format di Al Qaeda in Iraq», con il «salto di qualità» dato dagli obiettivi civili, per creare paura ed esasperazione e le azioni spettacolari: «farneticanti lezioni di strategia».

“Inferno taleban, strage in Pakistan e attacco all’Onu”. Il primo titolo dell’edizione di oggi è sul doppio attentato in Pakistan e Afghanistan, anche se la prima parte del giornale è tutta italiana, dall’accellerazione sulle intercettazioni all’Irap, all’epilogo della vicenda Marrazzo. «Lo scacchiere Afghanistan-Pakistan, ribattezzato “Alf-Pak” dall’amministrazione Obama, è in piena fibrillazione e i due Paese sono sempre più collegati» scrive Syed Saleeem Shahzad per LA STAMPA da Islamabad. «Dopo gli assalti agli uffici del’Onu e dell’Università della capitale, ieri è toccato a Peshawar, città strategica sulla strada per Kabul». In Afghanistan il clima è surriscaldato in vista delle elezioni del 7 novembre. Ieri i taleban hanno attaccato una foresteria che ospitava funzionari dell’Onu, che tra l’altro saranno impegnati a sorvegliare sulla regolarità del voto. Accanto alla cronaca LA STAMPA pubblica la rivelazione-bomba del New York Times: Ahmend Wali Karzai, il fratello del presidente afghano, non solo è sospettato di essere coinvolto nel traffico di oppio ma risulta anche sul libro paga della Cia da almeno otto anni. L’intelligence americana lo pagherebbe per una serie di servizi tra cui il reclutamento di forze paramilitari che operano al servizio della stessa Cia nella zona di Kandahar. «Le rivelazioni gettano anche ombre sui reali sforzi che l’America sta compiendo per combattere il traffico d’oppio, una delle principali fonti di finanziamento dei taleban», scrive LA STAMPA.

 

E inoltre sui giornali di oggi:

FAMIGLIA
CORRIERE DELLA SERA – Via Solferino dedica al tema della famiglia l’editoriale di oggi firmato da Isabella Bossi Fedrigotti: “La famiglia dimenticata”. Secondo la giornalista la famiglia è ignorata non solo nel dibattito politico ma anche «dal punto di vista economico, nel senso che sono spariti dall’agenda i provvedimenti tesi a sostenerla». Perché questa dimenticanza? «la risposta che la può dare forse il diritto romano secondo il quale il matrimonio è per prima cosa un contratto che, come tutti i contratti, costringe i contraenti a delle responsabilità. Ma parlare di responsabilità nel paese dell’eterna giovinezza oggi pare a volte quasi un affronto». Politica e media in testa.

NOMADI
CORRIERE DELLA SERA – In periferia di Milano alcune aree saranno riforestate e recintate. Il CORRIERE titola: “Milano, muri di terra antinomadi”: «Si torna alla terra. Piccoli cumuli, lungo le strade. Per recintare i campi e impedire l’accesso a macchi­ne, camper, roulottes, accam­pamenti, baracche, tende. E si spera che non accada quel che già avvenne qualche an­no fa in un paese della provin­cia, quando gli «indesiderati» si presentarono con piccole ruspe per riaprirsi la strada. L’ultima battaglia di Milano contro i nomadi prende corpo all’estrema periferia della città, confine Ovest. Là dove si sistemano, spesso, gruppi di sinti siciliani. Il Comune sgombera. Loro si spostano e tornano. Ogni mese (più o meno) la stessa storia. Il pro­getto, ora, sono le barriere di terra, per proteggere quelli che un tempo erano campi agricoli e oggi sono soltanto prati abbandonati. Le barriere costeranno 400 mila euro. Si chiederanno fondi al ministero. Verranno alzate dove, da anni, si combatte una battaglia a bassa intensità. Tra gruppi di zingari, rom o sinti, e cittadini. Sembra una partita a scacchi, ma è una contesa impastata di rab­bia e paura che attraversa le periferie. Come in Via Idro, a Nord Est di Milano: gli abitanti vivono circondati da allarmi laser, sbarre, inferriate a porte e finestre. Roba da terri­tori occupati. Dicono: «Ogni giorno furti, scippi, auto spac­cate. Subiamo minacce. È un ghetto».

 

POLIZIA
LA REPUBBLICA – In 40mila ieri hanno partecipato a una manifestazione nel centro di Roma. Ragioni della protesta unitaria, i tagli alle forze armate che mettono in crisi la loro operatività (e fanno nascere seri dubbi sulla intenzione di assicurare seriamente la sicurezza dei cittadini). Contestato anche Brunetta che qualche mese fa criticò i poliziotti panzoni. Dal Viminale l’ammissione che le finanze sono allo stremo: debiti per un miliardo. Sono stati tagliati dall’attuale governo 263milioni di euro…

 

CORRUZIONE
LA REPUBBLICA – Focus su come è cambiata la corruzione in Italia. Ovvero le tangenti dopo Tangentopoli. Non ci sono più le valigette piene di denaro: favori e imbrogli hanno preso il loro posto. Ma le indagini contro il fenomeno continuano. Oggi le mazzette si chiamano Porsche in uso, appartamenti messi a disposizione, agevolazioni economiche, ma non è che cambi la sostanza. Dice Francesco Greco, un dei pm di Tangentopoli: «nel 1993 indagavamo sui falsi in bilancio, dieci anni dopo sull’aggiottaggio, nel senso che la nostra attenzione è passata dall’industria alla finanza

 

MICHELLE OBAMA
SOLE24ORE – Dopo il Nobel al marito, consacrazione anche per la moglie del presidente, anche se in questo caso più glamour. È proprio Michelle Obama infatti la cover girl di questa numero di Glamour, la rivista patinata che per la prima volta mette in copertina una first lady. Michelle è indicata addirittura come «il mentore ideale» delle ragazze americane, il modello cui ispirarsi. Lei ci mette del suo: «I miei modelli sono state le persone della mia vita. Mia madre, mio padre, gi insegnanti… Non le star dello spettacolo, dunque, ma persone reali». Evvai.

 

EDITORIA
ITALIA OGGI – Lo stato pagherà gli editori dei giornali in base ai dati delle vendite e non secondo la tiratura. Il pezzo “Editoria, nuovo schema sugli aiuti” pubblicato nella sezione media, approfondisce il nuovo regolamento che sarà operativo dal 1 gennaio 1011 e che ieri è stato approvato dal consiglio dei ministri.
Secondo quello riportato dall’articolo, le linee fondamentali della normativa sono la netta semplificazione delle procedure e delle vie d’accesso ai contributi diretti e al credito agevolato, l’introduzione del criterio della vendita, la trasformazione delle cooperative in cooperative editoriali ad anche il sostegno all’occupazione giornalistica.

 
BANCHE
ITALIA OGGI –  Il Governatore della Banca d’Italia scrive alle sei grandi banche Italiane. Secondo l’articolo “Draghi Mette fretta alle banche” il Governatore ha preso carta e penna per dire ai banchieri che gli stipendi e i bonus dei supermanager «sono ancora troppo alti e soprattutto che gli istituti di credito non si sono ancora adeguati ai nuovi principi stabiliti dal Fsc in risposta alle richieste del G20 di Pittsburgh e alle regole di vigilanza stilate da Via Nazionale nel 2008». Tra le varie frasi di Draghi selezionate nell’articolo, ITALIA OGGI dà rilevanza a questo diktat:« Le retribuzioni variabili dovranno ridursi significamene o azzerarsi in caso di performance inferiore alle previsioni o negativa». Secondo l’articolo, i controlli saranno severi.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.