Non profit

Staminali cordonali: un tesoro che finisce spesso in pattumiera

La donazione solidale del cordone ombelicale

di Chiara Cantoni

In Italia oltre il 90% dei cordoni ombelicali, al momento del parto, finisce dritto nella spazzatura. Insieme alle speranze di cura per migliaia di pazienti affetti da gravi patologie (leucemie, linfomi, malattie immunologiche), trapiantabili con le cellule staminali contenute in quel lembo di tessuto. Per colmare il vuoto informativo e promuovere la donazione del sangue da cordone, il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella ha tenuto a battesimo la campagna nazionale Le cellule staminali cordonali: risorsa biologica per l’intera umanità, realizzata da Adoces (Federazione delle associazioni donatori cellule staminali) e Fnco (Federazione nazionale collegi ostetriche).
«Oggi, le 19 biobanche pubbliche italiane conservano 25mila unità di sangue cordonale: per coprire il fabbisogno del paese ne servirebbero 75mila», spiega Licinio Contu, genetista e presidente Adoces. «Con forti disomogeneità nella distribuzione dei 260 centri di raccolta e di operatori accreditati: su 20mila donazioni registrate al 2008, 15mila riguardano il Nord, 3.500 il Centro, 1.500 il Sud». Manca la conoscenza e mancano le competenze. Da qui, la distribuzione capillare nelle maternità e nei consultori di 80mila opuscoli per le famiglie e 20mila guide per il personale medico. Insieme a corsi formativi rivolti alle ostetriche (il prossimo, il 21 dicembre a Napoli). Il messaggio è chiaro: la donazione, volontaria, anonima e gratuita, può salvare molte vite.
E la procedura non è neppure complicata. «Espresso il consenso, occorre un’anamnesi medica per escludere eventuali malattie», racconta la fiorettista Giovanna Trillini, volto della campagna Io dono, puoi farlo anche tu, promossa da Avis Marche. Alla nascita del secondo figlio, la campionessa olimpica ha donato il cordone del piccolo Giovanni. «Poiché l’Ostetricia di Sinigallia non è autorizzata a centro di raccolta, dopo il parto, il cordone è stato prelevato da un’ostetrica dell’ospedale di Fano e il sangue inviato alla banca tramite i centri trasfusionali delle due città».
In Italia, la legge consente di conservare gratuitamente in strutture pubbliche solo cellule a uso solidale (per tutti) e non autologo (riservate al proprio figlio), esportabili a proprie spese nelle banche private estere. «Le quali, annusato il business, hanno sguinzagliato presunti “informatori scientifici” per procacciarsi clienti paganti: 3mila euro al prelievo del cordone, dai 300 ai 500 euro annuali per lo stoccaggio. Una truffa che va contro ogni evidenza scientifica», dice Contu, snocciolando dati: «Esiste una probabilità su 75mila che il cordone conservato nella banca privata venga utilizzato: 74.999 vanno sprecati. Le 480mila donazioni solidali fatte fino al 2007 hanno salvato nel mondo 8mila pazienti, contro i 99 delle 780mila sacche lasciate invecchiare all’estero». Di più: «In caso di bisogno, il donatore solidale ha il 98% di possibilità di ritrovare nella banca pubblica il proprio sangue. Alle famiglie che rischiano di avere figli affetti da malattie genetiche, inoltre, è permessa la conservazione dedicata». Il ricorso al privato, dunque, è un abbaglio. Che però coinvolge 10mila mamme all’anno, spesso circuite per interessi impropri.


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