Non profit

Tremonti di lotta e di governo

Il ministro dell'Economia appoggiato da Bossi divide e imbarazza il centrodestra

di Franco Bomprezzi

Dietro il caso Tremonti i giornali di oggi registrano le tensioni reali nel centrodestra rispetto alle scelte da fare per rilanciare l’economia senza aumentare il debito pubblico.

Le tensioni  nel governo sul CORRIERE DELLA SERA di oggi occupano le pag da 6 a 9 con un richiamo in prima: “Bossi: Tremonti vice. Arriva il no del Pdl”. Spiega Paola di Caro: «Chiuso ad Arcore per curarsi dalla scarlattina, il premier riceve in mattinata Bondi, Verdini e La Russa, coordinatore di quel Pdl che forse per la prima volta si mostra davvero tale, perché si muove compatto e unito nel pronunciare un no chiaro e forte all’ipotesi di promozione a vice premier di Tremonti». E la Lega? «Bossi non teme «destabilizzazioni» dall’incontro. «Noi ci stabilizziamo da soli, Berlusconi non è mica cretino» assicura il Senatùr. E al termine del vertice, è la Russa ad affermare che si è discusso «di politica economica, del partito, delle regionali e del Governo». «Non vi aspettate cose drammatiche» scandisce il ministro. Alla domanda se durante il vertice si sia parlato dell’eventuale promozione del ministro dell’Economia, La Russa risponde: «Non è stato questo il tema della discussione». Poi aggiunge: «Ma voi siete sicuri che è quello che ha chiesto Tremonti?». Poco dopo i vertici del Pdl diffondono una nota ufficiale. «Nel corso dell’incontro con il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi – si legge – è stata espressa piena condivisione della politica economica del governo. In particolare si è concordato sulla necessità espressa dal presidente Silvio Berlusconi di coniugare e di contemperare due esigenze altrettanto valide, soprattutto nel momento in cui si intravedono alcuni segnali di miglioramento della crisi economica, e cioè l’esigenza inderogabile del rigore, da tutti condivisa, e quella della ripresa dello sviluppo economico. Tutto ciò – conclude – in coerenza con gli impegni programmatici assunti da questo governo e dalla maggioranza che lo sostiene di fronte agli elettori». Nel Retroscena però Marco Galluzzo parla di un “Berlusconi sulla linea dura: basta deleghe in bianco”: «Le cose, raccontano ad Arcore, sono messe più o meno così: non basta più che Tremonti sconfessi di avere mai chiesto una vicepresidenza. Si può an­che perdonare che si sia schierato in modo plastico con il partito di Bossi e non con il suo proprio, con il Pdl. Si può sorvolare su tutto, una cosa che pe­rò d’ora in poi non può essere più ac­cettata è una delega in bianco sulla linea del ministero di via XX settembre. Non significa collegialità, dice lo stesso Berlusconi, che all’autonomia del suo ministro tiene come alla conservazione dello schieramento attuale del governo. Però, continua il Cavaliere, d’ora in poi non sarà consentito che il programma dell’esecutivo e l’ultima decisione sulle strategie di politica economica vengano interpretati in modo unico e solitario. Non siamo alla sfiducia, ma non ci siamo nemmeno lontani. Nella riunione con Verdini, Bondi e La Russa la decisione di non convocare subito il partito per adottare una decisione formale sulla politica economica viene considerato come un gesto di generosità». Al confronto interno al governo è riservato anche il fondo di Francesco Giavazzi “Come coniugare rigore e crescita”: «Giulio Tremonti fa bene a resistere al partito della spesa ma, poiché non rie­sce ad arginare la caduta del reddito, il debito cresce comunque: era sceso al 104% del Pil, tornerà al 118 fra un anno. A questo pun­to serve una svolta. Occorre capire che per mantenere stabile il debito, il rigore fi­nanziario deve essere co­niugato con politiche che accelerino la crescita. La pressione fiscale, che all’inizio del decennio era scesa verso il 40%, è tornata sopra il 43: la riduzione delle tasse sul lavoro e sulle imprese è quindi la prima condizione. Ma poiché il nostro debito è quasi il doppio di quello tedesco, non ci possiamo permettere di seguire la signora Merkel e semplicemente tagliare le tasse. Interventi come l’eliminazione dell’Irap debbono essere parte di un pac­chetto di misure che ne compensino (in tempi bre­vi) le conseguenze sul defi­cit e soprattutto ne amplifi­chino gli effetti sulla cresci­ta. Tra le molte cose che si potrebbero fare: accelerare l’aumento dell’età della pensione ripristinando lo spirito delle norme Maroni cancellate dal governo Prodi; pagare i debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese private. Si stima ammontino a 60 miliardi, un aiuto che vale quasi il doppio della eliminazione dell’Irap (e senza effetti sul debito, poiché sono spese già contabilizzate). Allineare la tassazione delle rendite finanziarie a quanto si fa in Europa. Avvicinare le tasse ai cittadini, cioè diminuire le imposte destinate allo Stato e sostituirle con tasse locali che hanno un enorme vantaggio: i cittadini possono prima decidere come destinarle e poi controllare la qualità dei servizi forniti. Due esempi. Ripristinare l’Ici al di sopra di un reddito minimo e rimuovere il vincolo di legge sulle tasse universitarie consentendo agli atenei di modularle sul reddito familiare, con borse di studio per i meno abbienti. Si chiama federalismo fiscale? Bene, allora cominciamo ad attuarlo subito».

“Il Pdl: no a Tremonti vicepremier”: LA REPUBBLICA apre sulla spaccatura all’interno del partito di maggioranza. “Bossi insiste, ma i ministri insorgono. Berlusconi in difficoltà” è l’occhiello che dovrebbe servire a spiegare una frattura forse incomprensibile per molti italiani. Due pagine, la 6 e la 7, per affrontare il nodo che è tutto politico. “Bossi vuole Tremonti vicepremier il Pdl fa muro: serve collegialità” è il titolo del pezzo di Rodolfo Sala. Che riferisce delle fibrillazioni, delle insistenze e dei messaggi non troppo trasversali (Bossi: il premier dovrebbe dire ai suoi «di darsi una bella calmata») e della sintesi finale: «coniugare e contemperare due esigenze altrettanto valide… e cioè quella del rigore e quella della ripresa». Puro politichese per dire basta all’ipercontrollo economico di Tremonti che governa anche i fondi provenienti dallo scudo fiscale (un copione già visto: la critica di assenza di collegialità è quella che motivò le dimissioni di super Giulio nel precedente governo Berlusconi). Mentre in filigrana riemerge la grana Veneto (Matteoli: «una partita non chiusa»). Al retroscena si dedica Francesco Bei: “«Un diktat a casa mia, è inaccettabile» sfogo di Berlusconi contro il ministro”. Il premier, furioso anche perché il divo Giulio ha bocciato l’eliminazione dell’Irap, starebbe pensando a sostituti: «io prendo un Draghi, un tecnico qualsiasi e lo mando a casa», avrebbe detto con la consueta eleganza (nei confronti del governatore di Bankitalia)… In un’altra pagina LA REPUBBLICA riferisce che mentre  a Roma si litiga, a Milano si fa pace: Tremonti ha pranzato nel capoluogo lombardo con Giuseppe Guzzetti, patron di Acri e con Alessandro Profumo e Corrado Passera, ad di Unicredit e di Banca Intesa. Scopo del pranzetto? Fare pace dopo le critiche del ministro ai banchieri che non avevano usato i suoi bond… «Un incontro  cordiale», a seguito del quale ce n’è stato un altro inaspettato. Quello di Domenico Siniscalco, oggi responsabile per l’Italia di Morgan Stanley, nel 2004 sostituto di Tremonti dopo la spallata di Fini.

L’attenzione del SOLE24ORE si concentra oggi, quanto al caso Tremonti, più sull’incontro che quest’ultimo ha avuto a Milano con i principali banchieri che sul guazzabuglio politico. Su questo fronte, come spesso accade, il quotidiano di Confindustria si smarca affidando il commento in prima pagina a Stefano Folli. Il quale mette insieme le vicende di Tremonti e Bersani e titola il pezzo “Spericolate vite parallele per Giulio e Pierluigi”: «Cosa unisce i due personaggi del momento?» è l’attacco, che previene la domanda del lettore. Ecco qui: «Entrambi guardano alla società e ai processi economici» con obiettivi opposti, l’uno per tirare fuori il Pd dalla crisi l’altro per sottrarre il centrodestra all’egemonia di Berlusconi, ovvero «nutrono entrambi un’ambizione alta: quella di essere gli uomini del domani nei rispettivi campi». Ovviamente per questo il loro futuro è incerto e pieno di incognite, tuttavia per Folli «l’uno e l’altro hanno capito che la loro partita politica comincia ora» nel crepuscolo dell’era berlusconiania, e «possono piantare le fondamenta politiche del domani» per salvare il sistema.

Le manovre di palazzo per dare o no i galloni da vice premier a Tremonti, il pressing continuo sul taglio dell’Irap da parte di Emma Marcegaglia, l’inizio al Senato dell’esame sulla Finanziaria che qualcuno vuole di rigore per poi procedere con il federalismo come vogliono Lega e Tremonti, oppure allargare i cordoni della borsa a favore delle imprese: temi che secondo il pezzo di ITALIA OGGI “Tremonti, una conferma di rigore” fanno parte di un cerchio che si sta per chiudere. Tanta carne sul fuoco della politica,  ma dopo tutto,  quello  di cui si discute oggi è solo l’antipasto. «Ben presto» scrive ITALIA OGGI «il dibattito politico andrà a parare su uno dei temi più scottanti attualmente sul tappeto. Quello delle convenzioni milionarie delle Regioni con la sanità privata che interessano fior di politici e imprenditori».
 
Sotto al titolo “Baraonda politica”  che apre la copertina del GIORNALE e che annuncia i contenuti in 4 civette, la pagina 3 (la 2a è pubblicitaria) titola “E adesso Berlusconi commissaria Tremonti”. Adalberto Signore spiega cosa è successo al vertice di ieri ad Arcore fra il Premier, Sandro Bondi, Ignazio La Russa, e Denis Verdini. «Il Cavaliere avverte che la politica economica la decide il Premier perché è quello che ci mette la faccia davanti agli elettori. La linea è netta: nessun ministro avrà deleghe in bianco. Berlusconi quindi annuncia che andrà avanti con il taglio dell’Irap». Adalberto Signore legge fra le righe e scrive: «La tentazione di Berlusconi: assumere l’interim» e anche che «Tremonti nel caso si andasse al voto rischierebbe  seriamente una sorta di sfiducia implicita del PdL e forse è anche per questo che l’inquilino di via XX settembre sembra aver tirato il freno a mano». Sullo stesso tono Feltri nel suo editoriale che a proposito del duello Berlusconi –Tremonti nota: «Il no è stato netto e così motivato: l’Economia sono io, ha detto Silvio. Vietata ogni replica. Tremonti non ha replicato e pare nemmeno commentato. E’ un uomo che capisce al volo e sa stare al mondo». Sembra dire “dalle parole ai fatti” il pezzo di Francesco Forte “ Prima dell’Irap via le spese inutili” perché «mai come ora le imprese hanno bisogno di ossigeno per uscire dalla crisi. Gli aiuti non devono però peggiorare il debito». In evidenza un box  con le parole della Marcegaglia «gli sconti già a Gennaio».

IL MANIFESTO ha solo un piccolo richiamo in prima pagina con una foto che ritrae Tremonti e Bossi dal titolo “Maggioranza a pezzi Pdl e Lega litigano sul caso Tremonti”. Si riassumono i temi dell’articolo a pagina 6 così «Febbre alta nel centrodestra. Berlusconi a casa con la scarlattina convoca il vertice Pdl. Il ministro dell’economia incontra gli odiati banchieri». L’articolo nelle pagine interne a firma di Matto Bartocci dal titolo «”Papi” a casa con la scarlattina e nel governo la febbre è altissima» si legge: «(…) Il comunicato anodino diffuso al termine dell’incontro dei tre coordinatori del Pdl (Bondi, Verdini, La Russa) con Silvio Berlusconi nasconde a stento l’aria di bufera nella maggioranza. Tutto il Pdl è schierato con il suo presidente e fondatore. Mentre dall’altra parte della barricata resiste l’asse padano Tremonti – Lega. In mezzo c’è un premier invisibile, chiuso nella sua villa di Arcore subito dopo il viaggio “blindato” nella dacia di Putin. Secondo i comunicati ufficiali Berlusconi è affetto da una “leggera forma di scarlattina” (…) Di fatto il premier non c’è e crescono le fibrillazioni (…)». E continua «(…) Ieri Tremonti è rimasto a Milano, dove ha incontrato gli “odiati” banchieri e anche l’amministratore delegato di Morgan Stanley Italia Domenico Siniscalco (…) Tremonti è in difficoltà e cerca sponde in un mondo bancario alle prese con decisioni finanziarie importanti (appese tra l’altro alle decisioni delle fondazioni CariVerona e CariVenezia). E giovedì a Roma, per la giornata del risparmio, sarà uno dei protagonisti insieme a un altro suo “avversario” come il governatore di Bankitalia Draghi. Il titolo dell’incontro è quanto mai congeniale al “leghista” di via XX Settembre: “Risparmio ed economia reale: la fiducia riparte dai territori”».
 
“A Tremonti mai più deleghe in  bianco” l’articolo a pagina 11 dell’AVVENIRE di Arturo Celletti che sottolinea l’ormai insanabile spaccatura tra il Ministro dell’Economia e il premier Silvio Berlusconi. «È davvero una partita complicata, dall’epilogo ancora non chiaro. Dove, ora dopo ora, il fastidio del governo verso Tremonti è sempre più evidente». Il casus belli è il rigore ormai asfissiante con cui il ministro gestisce i fondi, banalmente «non chiedetemi soldi perchè io non posso darveli». La linea del governo, a parte la Lega che invece sostiene il ministro e lo vuole vicepremier, è semplice: «si al rigore, ma insieme allo sviluppo e al rispetto del programma elettorale». Berlusconi è già sul piede di guerra e, dopo aver escluso la possibilità che Tremonti possa diventare vicepremier, minaccia una sostituzione in corsa con Giancarlo Giorgetti, ambiente lega, alla guida del tesoro. La mossa zittirebbe il Carroccio e farebbe fuori Giulio Tremonti. Naturalmente Berlusconi cerca di spingere Tremonti a fare un passo indietro ma il panorama è complicato e tutto può accadere.


“Berlusconi dice no a Tremonti”. LA STAMPA apre sulla schermaglia fra Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi, con relative ambiguità e malintesi. Ignazio La Russa: «Siete sicuri che quello che chiede Tremonti è diventare vicepremier?». «Qualcuno del giro berlusconiano già prevede che l’intera vicenda si concluderà in una bolla di sapone» scrive Ugo Magri da Roma. Giorno dopo giorno lo scontro «verrà degradato al livello di “equivoco”, di semplice malinteso». «Quando l’ufficio di presidenza del Pdl si riunirà come da programma, il 5 novembre prossimo, ben altri saranno i temi su cui dilaniarsi, cominciando dalle candidature per le prossime elezioni regionali. Dove tra Lega e Pdl la tensione cresce a vista d’occhio, l’accordo sulle presidenze è parecchio lontano, lì davvero può scorrere il sangue». Intanto il ministro dell’economia fa pace con le banche: “Tremonti alla pax bancaria” titola una pagina a parte sull’incontro avvenuto ieri a Milano con le fondazioni e le banche, le prime rappresentate da Giuseppe Guzzetti (Fondazione Cariplo)  e il vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona, le seconde da Alessandro Profumo e Corrado Passera.

 

E inoltre sui giornali di oggi:

BERSANI
IL MANIFESTO – Il titolo principale e la vignetta-copertina de IL MANIFESTO è dedicata all’elezione del segretario del Pd Vauro disegna un Bersani simil Lenin nella vignetta dal titolo “Pd La nuova grande guida – Pierlenin Bersani”, nel sommario che richiama gli articoli alle pagine 2,3 e 4 si legge: «Votano in tre milioni e Bersani è segretario. Il nuovo ciclo inizia a Prato con un discorso agli artigiani. La sua elezione accelera l’addio di Rutelli al Pd: “andrò con Casini, ma non subito, non da solo”. A sinistra si discute dell’opposizione. È l’ora delle alleanze? Vendola e Ferrero al manifesto parlano del che fare». La posizione di Vendola e Ferrero è riassunta dai titolo dei due articoli intervista a pagina 4. Vendola: «In Puglia apriamo all’Udc. Se resto io non sarà trasformismo» recita l’occhiello per il titolo «Facciamo asse sul lavoro Così riparte l’alleanza». Mentre per Ferrero «Bene se rompe il bipolarismo» per il titolo: «Al governo insieme? Sarebbe un inganno».

AVVENIRE – “Bersani eletto leader del Pd «In campo forze nuove»” è il titolo della pagina di AVVENIRE dedicata alla vittorie di Pierluigi BERSANI alla corsa per la leadership del Pd. Oltre all’articolo di Roberta D’angelo che racconta la cronaca delle prime ore da segretario di Bersani molta attenzione è data alle linee politiche che il “nuovo” Pd deciderà di seguire, le sfide che lo attendono e il rischio scissioni. Molto interessanti dei box, in alto a destra, in cui vengono riportate le dichiarazioni di tutti quei protagonisti esterni al pd che hanno però un’importanza strategica pesante. Si comincia con Di Pietro «Bersani dica se preferisce dialogare con noi o con Berlusconi, dalla sua scelta dipenderà il futuro dell’alleanza a 360 gradi» a cui si affianca Cesa dell’Udc che spinge, dopo il successo delle primarie «ora ci auguriamo di trovare un interlocutore serio con cui definire azioni cominci per incalzare il governo». Poi è la volta della maggioranza «sappiamo bene chi è Bersani: post-comunista, emiliano, dal taglio abbastanza tranquillo. Quindi mettiamo nel conto, ma è tutto da scoprire, un’opposizione puntigliosa» sottolinea Cicchitto seguito a ruota da Schifani che si è congratulato auspicando che «si possa instaurare un clima di confronto costruttivo tra le parti, in particolare sulle grandi riforme».

MARINO

LA STAMPA – “Quel liberal nordista di Marino”. Un editoriale in prima pagina di Lucia Annunziata analizza il fenomeno “Ignazio Marino” e offre un’interpretazione dei risultati ottenuti nel voto del centrosinistra di domenica. «Supercittadina, giovane, professionale, nordica» è la fascia di elettori che ha votato per Marino. Non dissimile da quello che negli Usa è chiamato urban radical, che anche in elezioni sfortunate come quelle del 2004 ha costituito la roccaforte del consenso democratico». Marino ha raggiunto il 20% tra i giovanissimi, dai 16 ai 24 anni, per poi diminuire fino al 10% tra gli elettori di mezza età e gli anziani. Secondo Annunziata il voto al “laico” Marino è la vera novità di queste primarie: «ha aggregato il mondo delle identità e dell’intellighenzia giovanile, femminile, urbana», «questo consenso porta dentro il Pd un nuovo pezzo di piattaforma politica quale finora non era mai così distintamente emersa». Sarà una complicazione, ulteriore, nella futura gestione? «Possibile» scrive Annunziata «come è anche possibile che questo voto “terzo” sia utile a scardinare il confronto a due che spesso ha bloccato il Pd, preso in mezzo alle sue due anime ex comunista ed ex cattolica».

 
ULTRAS
CORRIERE DELLA SERA – Duro j’accuse di Fabio Capello sulla prima dello sport: “«Schiavi degli ultrà»”. Sostiene il mister della nazionale inglese: «Da noi si può insultare chiunque senza che vengano presi provvedimenti adeguati. Certi striscioni non dovrebbero più entrare negli stadi e invece spuntano come funghi a ogni partita, così come gli oggetti vietati. E chi sfascia i treni la domenica, il giorno dopo è già libero. perché succede? Serve più coraggio da parte delle società e delle autorità. E mi domando ancora perché così tante limitazioni? Perché un tifoso non può andare a vedere certe partite?. Ma che razza di libertà è questa? Non siamo nel terzo mondo…il declino è tanto evidente quanto inesorabile».

POLITICA & AFFARI
LA REPUBBLICA – “Firenze, la cupola del cemento arrestato ex capogruppo del Pd”. inchiesta dei giudici mette sotto accusa lui, il presidente della Commissione urbanistica, Antongiulio Barbaro, Pd, e molti altri professionisti per associazione a delinquere, corruzione, falso e abuso d’ufficio. Avevano costituito una società che ha ottenuto e gestito il monopolio delle ristrutturazioni urbanistiche. Nella società due geometri del comune che se necessario facevano qualche ritocchino ai permessi. In tutto sono 24 gli indagati.

ABRUZZO
IL GIORNALE – Ieri al Pirellone è stata presentata una iniziativa della Regione Lombardia. Formigoni si è prefissato di raccogliere 2milioni di euro mettendo all’asta opere di Giovanni Frangi, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino e Ugo Riva. Si tratta di serigrafie e uno sbalzo. Prezzo base 20mila euro. Le prime 18 sono state acquistate da AltariIfi Milano, Kiwanis international, Auchan Rozzano, Avis, Carbotermo Milano, Consorzio Bpm Impresa Pizzarotti Parma, Dompè Milano, Expo 2015 Milano, Finlombarda Milano, Fondazione Istituto Nazionale dei tumori Milano, Ferrovie Nord Milano, Gdm costruzioni, Ieo Milano, il quotidiano La provincia di Cremona, Liuni Milano, Provincia di Lecco, Viscolube Lodi. La presentazione di ieri è stata aperta dalla proiezione del documentario di Renzo Martinelli, lo stesso che ha realizzato il film su Barbarossa, che ha illustrato le attività dei volontari nelle zone terremotate.

SICUREZZA MILANO
IL MANIFESTO – La pagina milanese de IL MANIFESTO è dedicata alla manifestazione annunciata per domani in corso Buenos Aires, questa sera ci sarà un’assemblea al Naga per chiedersi se “Si può ancora essere antirazzisti a Milano?”. Nell’articolo intitolato «In corso Buenos Aires per cacciare i rifugiati» si legge: «La toponomastica non è scienza, è solo un interessante elenco di vie, eppure, ogni volta che la politica si ferma a meditare su ciò che accade in corso Buenos Aires, si ha come la certezza che è proprio lì, in quel luogo, che Milano riesce a dare il peggio di sé (…)» e prosegue. «L’annuncio del presidio non è passato inosservato per via del tono del volantino un po’ lugubre che lo annuncia: fatto l’elenco dei disagi – “pisciano, cagano, fanno sesso” – i cittadini invitano le istituzioni a cacciarli prima che ci pensino “ragazzi giovani ed esuberanti” a “risolvere il problema con quattro bastoni”. Faranno la loro comparsa personaggi come Mario Borghezio e Max Bastoni (Lega) e Carlo Montalbetti (agitatore di comitati ragionanti che da una vita cerca di coniugare le ragioni della sicurezza con chissà che cosa… visto che siamo sempre nella stessa tragica situazione)».

PETROLIO
ITALIA OGGI – Perché il prezzo della benzina è salito da 35 dollari di marzo agli 80 di oggi? Nel pezzo “Il caro petrolio è frutto di truffe finanziarie” scritto dall’ex sottosegretario del governo Prodi, Mario Lettieri, e dall’economista Paolo Raimondi, il caro petrolio è dovuto a fatti speculativi perseguibili ma che non sono stati perseguiti.
Considerando i costi di base di produzione e di trasporto contestualizzati in un periodo dove la domanda e il consumo mondiale di petrolio sono diminuiti, il prezzo al barile «oltre i 60 dollari» sostengono i due esperti, «è tutta speculazione». E chi è il responsabile? Riverendosi a uno studio prodotto dal James Baker III Institute dell’American Rice University intitolato “Che è nel mercato dei future petroliferi e come questo è cambiato” i due esperti scrivono:«l’analisi individua nella liberalizzazione sancita da una legge del Congresso del dicembre 2000 e nel conseguente arrivo in massa dei non commercial tradres, gli operatori-speculatori non coinvolti nella produzione o nella commercializzazione del petrolio fisico, le cause della bolla del prezzo del petrolio. Costoro hanno subito superato gli operatori tradizionali, muovendo il 55% del totale dei futures a di altri derivati stipulati e portando il rapporto di 7 a 1 tra i barili di carta e quelli reali trattati sul Nymex di New York». Allarmante il fatto che nonostante i dirigenti della Commodity Futures Trading Commission abbiano ammesso la capacità dei derivati di influire sul prezzo del petrolio e che nelle sedi internazionali si è spesso espressa l’intenzione di riformare il sistema, questo meccanismo è tuttora in funzione sui mercati mondiali.


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