Non profit
Anoressia, non la solita campagna di prevenzione
I sorprendenti risultati di un progetto nazionale Jonas
Un intero anno scolastico a fianco di ragazzi, insegnanti e famiglie. Obiettivo: prevenire i disturbi del comportamento alimentare e dare uno spazio di espressione ai soggetti coinvolti. È il fortunato progetto «Alimentare il desiderio», realizzato da un’équipe di psicoterapeuti di Jonas onlus. Che delineano il ritratto inedito di una generazione.
Sei città importanti e diverse tra loro: Bologna, Genova, Milano, Pesaro, Roma, Trieste. Ben 20 scuole, 2.800 ragazzi, 250 insegnanti, 500 genitori. Quasi un migliaio di ore di lavoro, in gran parte volontario, per realizzare un progetto nazionale («Le buone pratiche di cura e la prevenzione sociale dei disturbi del comportamento alimentare», promosso dai ministeri della Salute e Gioventù), ma soprattutto per dialogare, raccogliere paure, speranze, fragilità degli adolescenti di oggi. È il lavoro che Jonas onlus, il Centro di clinica psicoanalitica per i nuovi sintomi fondato da Massimo Recalcati, ha realizzato nell’anno scolastico 2008-2009. «Siamo entrati nelle classi con un approccio inedito», spiega la responsabile del progetto, Francesca Dionigi, «senza fare interventi d’informazione o di educazione alimentare. Abbiamo rovesciato la prospettiva, spiazzando i ragazzi e portandoli a riflettere, attraverso un dibattito, sui modelli culturali che incoraggiano la diffusione del disagio anoressico-bulimico. Abbiamo cercato di accompagnarli verso un nuovo concetto di identità, non omologante, lontano da quel culto dell’immagine del corpo che fa coincidere l’estrema bellezza con l’estrema magrezza».
La risposta dei giovani è stata diversa dai cliché. «Si parla spesso di adolescenti spenti, privi di valori», prosegue la Dionigi, «eppure anche questi ragazzi sono soggetti impegnati in una ricerca. I temi sono sempre gli stessi: la percezione del corpo, i problemi con i genitori, le relazioni con l’altro sesso, le domande sul futuro». Non molto diversi dagli adolescenti di ogni tempo, si direbbe. «Esattamente», conferma la dottoressa, «ma con una differenza fondamentale. Per loro sono venute meno le risposte della tradizione: i valori, gli ideali, la stabilità della famiglia, le figure di riferimento. Senza tutto questo, i ragazzi sono più fragili. E i problemi diffusi come gli attacchi di panico, la bulimia e l’anoressia, le dipendenze non sono altro che l’esito patologico di questa grande solitudine».
E proprio perché «i ragazzi chiedono all’adulto di essere un interlocutore stabile, che li aiuti a trovare risposte ai quesiti fondamentali della vita», alcuni degli incontri di Jonas sono stati “allargati” ai nuclei familiari. «Le famiglie ci hanno chiesto di attrezzarsi per comprendere i disturbi alimentari», spiega Dionigi, «imparando a riconoscere i segnali di allarme». Il progetto ha appassionato anche molti insegnanti e ha portato alla stesura di buone pratiche nelle scuole. Alla sua conclusione, molti istituti hanno chiesto a Jonas di proseguire il percorso, che si potrà realizzare solo grazie a nuove risorse. I risultati, nel frattempo, sono stati presentati a una platea internazionale al seminario «I giorni dispari», che si è svolto a Todi il 16 e 17 ottobre.
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