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Tremonti: «Viva il posto fisso»
Ampio spazio sui giornali di oggi alla sorprendente affermazione del ministro dell'Economia
Ancora una volta il ministro dell’Economia Giulio Tremonti spariglia le carte e conquista il titolo di apertura dei giornali. Oggi è il turno della rivelazione: meglio il posto fisso della flessibilità come valore. Reazioni in ordine sparso da destra a sinistra. Vediamo.
- Oggi la rassegna stampa si occupa anche di:
- L’AQUILA
- ABORTO
- RELIGIONE
- IMMIGRAZIONE
- GIORNALISTI
- TRENI
“Tremonti e l’occupazione: «Il posto fisso, un valore»”, è il secondo titolo del CORRIERE DELLA SERA di oggi sotto le motivazioni del no al Lodo Alfano. Ragiona Tremonti: ««La variabilità del posto di lavoro, l’incertezza, la mutabilità per alcuni sono un valore in sé, per me onestamente no. C’è stata una mutazione quantitativa e anche qualitativa del posto di lavoro, da quello fisso a quello mobile. Per me l’obiettivo fondamentale è la stabilità del lavoro, che è base di stabilità sociale». «Questo Paese ha meno bisogno della cogestione e più bisogno della compartecipazione da parte dei lavoratori nelle imprese», ha proseguito Tremonti. «La cogestione, come nascita di figure imprenditoriali miste, mi sembra meno positiva, mentre credo sia più positiva l’informazione sulla gestione dell’impresa. Il meccanismo compartecipativo può anche avere forme diverse. Per esempio, un favore fiscale sulla detassazione degli straordinari». Il commento è affidato alla penna del vicedirettore Dario Di Vico (“E il ministro spiazza la sinistra”): «Tremonti punta a scompaginare i ranghi della sinistra e lo fa, con una certa perfidia, alla vigilia delle primarie per la scelta del segretario Pd. Quando i favori della sinistra si sono spostati in direzione pro global e verso la società mobile, Tremonti e la Lega si sono tuffati a riempire il vuoto di rappresentanza sociale creatosi»…però «pur inneggiando al posto fisso e sbeffeggiando la mobilità sociale, Tremonti non pare avere intenzione di capovolgere la linea politica del lavoro del governo Berlusconi».
Titolone per il divo Giulio su LA REPUBBLICA: “Tremonti: sì al posto fisso”. Folgorato sulla via della progettualità esistenziale, il ministro dell’Economia spiazza sindacati e uditori professando il suo nuovo «credo al posto fisso. In strutture sociali e storiche come la nostra il lavoro a tempo indeterminato è la base su cui costruire un progetto di vita e di famiglia» (tanta è l’incredulità che persino i correttori di bozze si sono sbagliati e hanno lasciato nel testo l’espressione «a tempo determinato», ndr.). due pagine per dar conto del nuovo Tremonti-pensiero e delle reazioni politiche. «la flessibilità? Molto meglio il posto fisso… La variabilità del posto di lavoro come l’incertezza e la mutabilità per alcuni sono un valore in sé ma io onestamente credo di no». Il ministro ha anche attaccato il sistema che si basa sui fondi pensione: «Dipendono troppo dall’andamento di Wall Street, poi finisci a mangiare il kit kat nelle roulotte». Plaudono i sindacati, si divide il centro destra, lo attaccano gli industriali. Mentre l’opposizione commenta: «peccato che il suo governo faccia il contrario». Divertente il commento di Angeletti: «sembrava uno dei nostri iscritti». Da Sacconi un no comment, mentre Andrea Tomat, patron della Lotto e presidente di Confindustria Veneto dice: «non vedo possibili marce indietro nel sistema. Una maggior flessibilità di lavoro ha permesso maggiori opportunità di impiego». In appoggio intervista al ministro della Funzione Pubblica: “Brunetta: «Ricette del secolo scorso Giulio sogna una società di salariati»”. Non si può tornare indietro: «abbiamo vissuto la stagione del lavoro atipico come estrema conseguenza dell’egoismo del lavoro tipico, dell’egoismo degli insiders contro gli outsiders. Tutte le garanzie ai primi, protetti dal sindacato, tutte le flessibilità scaricate orribilmente sui secondi privi di rappresentanza. Ma la soluzione non può essere quella di far diventare gli outsiders degli insiders, perché il sistema non sarebbe in grado di sopportarne i costi». Meglio sarebbe dice con eleganza «spalmare le esigenze di flessibilità su tutte le forze lavoro occupate». A fianco un dossier informa che è di 3 milioni e 600mila persone l’esercito dei lavoratori instabili. Cresciuto negli ultimi 5 anni di 700mila unità (i precari sono il 15% degli occupati). Nel suo commento Luciano Gallino propone di chiedere a Tremonti di far seguire le parole ai fatti e avverte il Pd: «farsi sorpassare a sinistra da un governo di destra non è solo imbarazzante; può far perdere elettori».
Apre la prima pagina del GIORNALE la dichiarazione di Giulio Tremonti Il ministro delle Finanze a un convegno organizzato della Banca popolare di Milano sul tema “Partecipazione dell’impresa e azionariato dei lavoratori” arriva prima delle chiusura e ruba la scena senza i “soliti” numeri ma con un’affermazione: «La variabilità del posto fisso, l’incertezza, la mutabilità per alcuni sono un valore in sé, per me onestamente no». Non solo. «Un lavoro fisso è la base per impostare vita, lavoro, famiglia» e tutto ciò ha una base incontrovertibile: la Costituzione. Le reazioni dei vertici sindacali presenti al convegno, Bonanni, Epifani e Angeletti non si sono fatte attendere. Bonanni rilancia: «Chi è precario deve essere pagato di più e avere più tutele e garanzie di altri». Epifani smorza gli entusiasmi: «Chiedete un commento a Confindustria». Il GIORNALE raccoglie anche il commento di Pierluigi Bersani, candidato alle primarie del Pd di domenica, che dice: «Sarebbe il caso che Tremonti venisse in Parlamento domani (oggi ndr) quando si discute la legge salva precari e esprimere lì questo suo pensiero. Ma il posto lo intende a casa o al lavoro?». L’ultimo Tremonti-pensiero non piace al GIORNALE. Così a Marcello Veneziani il compito di “chiarire” che, come dicono titolo e occhiello in prima pagina “Viva il posto fisso ( senza fannulloni). Il precariato è una necessità, non un valore: società e famiglia hanno bisogno di certezze. A un patto, però: non scambiare la stabilità con la staticità e non fornire alibi ai parassiti. Intervista ad una storia di nicchia. Si tratta di Alberto Mingardi, trentenne giornalista che «firma editoriali per il Wall street journal e per una manciata di altri quotidiani internazionali. Qualche volta ha preso il tè con Margaret Thacher». Mingardi a un certo punto spiega: «La cultura del posto è diversa da quella del lavoro. Quest’ultima è ricerca, passione, coraggio, orgoglio. È apertura confronto col mondo. Il posto fisso è un residuo medievale, è lo Stato che distribuisce ai sudditi i suoi favori». L’ultimo Tremonti-pensiero non sarebbe sfuggito al ministro delle Finanze, ma sarebbe stato espresso ad arte, filo di una tela. Gian Battista Bozzo, infatti, scrive: «Dal meeting di Cl a Rimini Bonanni e Tremonti s’intendono bene. Proprio Tremonti è stato il promotore dell’incontro fra Bonanni, il segretario della Uil Angeletti e Umberto Bossi, una ventina di gironi fa. Mai prima d’ora il senatur aveva incontrato i leader sindacali, tranne Epifani che Bossi definisce “statalista”. La strategia è quella di indebolire la Cgil, mettendo in difficoltà anche la sinistra. Tanto che Giorgio Cremaschi leader ultrà dei metalmeccanici plaude alle parole di Tremonti. Sacconi sta lavorando intorno a un testo di legge sulla compartecipazione, su cui pesano i dubbi di Confindustria. Ma c’è chi pensa che, in cambio di sgravi fiscali, anche la Confindustria potrebbe trattare. Conviene: anziché dare 100 di aumento del contratto, l’azienda ne da 80 in busta e 20 in azioni detassate». Bozzo conclude la sua analisi non dimenticando che la Cisl ha una forte base nel pubblico impiego «Da via Po (sede della Cisl nazionale, ndr) dicono che si troverà la quadra».
A pagina 5 del SOLE24ORE il protagonista è Tremonti e la sua difesa del posto fisso. “Tremonti si schiera a difesa del posto fisso” è il titolo dell’articolo in cui si dà conto delle numerose reazioni alla frase del ministro dell’Economia, e che è perfidamente affiancato da un altro pezzo in cui si elencano gli impietosi numeri che invece ci mettono di fronte la «flessibilità forzata» dei lavoratori italiani: «per effetto della crisi», scrive il SOLE citando uno studio della Uil che prende in esame il periodo giugno2008/giugno 2009, «in un anno si sono persi 557mila posti di lavoro, in aggiunta ai 470 “a rischio” visto che sono in cassa integrazione». E in un anno e mezzo (gennaio 08/giugno 09) sono “caduti”, cioè non sono stati rinnovati, l’89% dei contratti a tempo determinato, che come si sa per il 64% sono stipulati a donne; non solo, nello stesso periodo oltre il 62% dei nuovi rapporti di lavoro attivati sono stati a tempo. Quindi non fissi.
“E Tremonti si iscrisse al sindacato”. ITALIA OGGI interpreta il nuovo Tremonti pensiero con un titolo e con un pezzo altamente ironico. «Meglio, molto meglio» scrive ITALIA OGGI «tornare al vecchio caro posto fisso, grande aspirazione delle mamme e dei papà di pargoli troppo a lungo costretti a restare ai margini del mondo del lavoro con impieghi sottopagati e ancora più precari. Pargoli magari ultratrentenni che vivono ancora con papà e mammà perché gli stipendi sono troppo bassi e incerti. E allora ecco il Tremonti che non ti aspetti, il ministro dell’economia che blocca la flessibilità messa in campo dal centrosinistra di Romano Prodi». Il resto dell’articolo è un susseguirsi di frasi anti liberiste di Tremonti che il giornale dei professionisti ha definito musica per le orecchie dei leader di Cgil, CIsl e Uil. «Luigi Angeletti» sostiene il pezzo, «che quasi non ci credeva, ha esultato: sembrava di sentire parlare un nostro iscritto». Il fatto che un ministro di centro destra sia elogiato dai sindacati non è una sorpresa. Secondo l’editoriale firmato da Cesare Maffi intitolato “L’elogio del posto fisso adesso viene da destra” «Nato socialista, Tremonti continua ad agire da socialista». L’imprinting socialista del ministro dell’economia non porterà i lavoratori lontano. «Il sistema americano, da Tremonti denigrato» sostiene l’editorialista «è quello che consente la maggiore mobilità sociale, laddove in Italia è un continuo piangersi addosso perché i figli non vanno avanti rispetto al livello sociale dei genitori».
“Tremonti è per il posto fisso” “Così non ci sono più chance di toglierselo dalle palle”. È la sintesi di Vauro nella vignetta del MANIFESTO di oggi, che dedica all’uscita del ministro l’editoriale in prima di Galapagos “La scoperta di Tremonti”: «A questo punto la palla torna al governo: a Tremonti e al ministro Sacconi, su tutti. Per anni hanno sostenuto come la flessibilità – in tutte le sue forme – era propedeutica allo sviluppo, a contrastare la concorrenza globale. Il risultato è stato un impoverimento del lavoro, il ritorno al dominio del capitale sul lavoro. Senza contare che un lavoro ipersfruttato e sempre ricattabile ha accompagnato una esaltazione del profitto e una compressione dei salari a livelli di sussistenza. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, esemplificato dalla crisi attuale. Il punto è che se solo alcuni paesi adottano forme di lavoro precario e flessibile, quei paesi vanno economicamente bene. Ma quando la precarizzazione e i bassi salari sono pratica comune, a rimetterci sono tutti. Perché – lo insegna anche l’economia liberista – non c’è equilibrio tra offerta di merci e domanda. E questo fa inevitabilmente esplodere la recessione. È quello che è accaduto negli ultimi anni: profitti crescenti-consumi calanti con il precipitare nella povertà (assoluta e relativa) di milioni di nuove persone. Sicuramente si potrebbero bilanciare gli squilibri con un’intensa operazione di distribuzione del reddito sotto forma di maggior welfare, ma anche questa ricetta semplice non è stata seguita. Anzi, con le privatizzazioni (perfino di monopoli naturali) si è data nuova linfa al profitto. Tremonti ci pensi. A meno che la sua vera intenzione non sia quella espressa dalla vignetta di Vauro». Una visione delle cose in qualche modo suffragata dall’inchiesta pubblicata a pagina 2-3 “La Brianza batte in testa”: “Viaggio nel nord dell’impresa diffusa dove quasi tutto si è fermato, le banche strozzano le aziende e tirano solo gli appalti pubblici”.
“La svolta” di Tremonti, AVVENIRE la chiama così, è lanciata in piccolo in prima pagina, con un “Da Tremonti l’elogio del posto fisso. «La mobilità non fa bene»”. Il pezzo di cronaca, nelle pagine di economia, sottolinea come l’uscita di ieri «si inserisce in un ragionamento più ampio del ministro pone l’uomo, la persona, al centro del sistema economico». Di spalla un pezzo su Brunetta che «si pente e fa retromarcia» sulla riduzione dell’orario di reperibilità per i dipendenti della Pubblica amministrazione in malattia. Con la riduzione della reperibilità da 11 ore a 4 nell’arco della giornata, si è impennato il numero di chi non è stato trovato in casa al controllo medico: +22%. E così si torna al vecchio.
“Tremonti: sì al posto fisso”, titola in prima LA STAMPA. L’apertura dell’edizione di oggi del quotidiano di Torino è tutta dedicata alla riabilitazione del posto fisso fatta dal ministro dell’Economia, con interviste a Giorgia Meloni, ministro dei Giovani, a Massimo Calearo (deputato Pd) e… al ragionier Fantozzi, alias Paolo Villaggio. Accanto alla cronaca un affondo di Francesco Spini ripercorre le uscite “socialiste” di Tremonti: «Si è scagliato contro gli economisti, ha punito i petrolieri, ha massacrato le banche, citando Marx e finendo per essere invitato alla Scuola del Partito comunista cinese». Dall’attacco alle banche un anno fa, alla Robin Hood tax, alla social card «che finirà nell’oblio tra disguidi e ritardi», ai Tremonti bond: LA STAMPA parla di un «duello infinito del ministro». La Meloni si dice d’accordo con Tremonti, anche se fa qualche distinguo: «Io credo che i giovani non desiderino entrare in un posto a vent’anni e uscirne a 65», «il lavoro, specie all’inizio può essere a tempo, ma a patto che costituisca ogni volta un gradino di un percorso che possa approdare, a un certo punto, a una stabilità». Durissimo il giudizio di Calearo: «Demagogia allo stato puro, da parte di un ministro dell’economia che dice il contrario di quello che fa, lancia messaggi populisti per oscurare le carenze della propria azione di governo: invece di lanciare l’ode al posto fisso, Tremonti dovrebbe rinnovare il contratto del pubblico impiego, defiscalizzare gli aumenti dei metalmeccanici… Ha una visione poco sociale e molto socialista», parlando delle Piccole medie imprese in difficoltà Calearo dice «Certo che se Tremonti facesse il suo lavoro e si occupasse un po’ meno di Alitalia e un po’ più di noi qualche speranza ci sarebbe. Serve un’azione combinata». Paolo Villaggio: «Mi sembra la solita sparata per conquistare elettori. Il ministro ha cercato di conquistare i Fantozzi, il 90 per cento degli italiani». «Oggi i Fantozzi sono ragazzi fino a 45 anni, hanno i jeans stracciati e sono ricoperti di tatuaggi, come il ragionier Ugo, hanno sempre pochi soldi e il terrore del futuro».
E inoltre sui giornali di oggi:
L’AQUILA
LA REPUBBLICA – Doppia pagina sui 12 avvisi di garanzia consegnati a costruttori, tecnici e funzionari del capoluogo abruzzese per il crollo della casa dello studente. Le ipotesi di reato sono di omicidio colposo e disastro colposo. Negli uffici della procura della repubblica ci sarebbe anche un dossier sulla protezione civile sui ripetuti inviti alla tranquillità lanciati a poche ore dal sisma.
ABORTO
AVVENIRE – Apertura del giornale dedicata al definitivo ok dell’Aifa alla RU486: “Via libera senza vere garanzie. È in agguato il Far West regionale”, dice AVVENIRE nel titolo di prima pagina. L’editoriale di Francesco Ognibene accusa l’Aifa di «giocare con le parole e con la vita umana più fragile»: il pezzo sottolinea la discrepanza tra le dichiarazioni di luglio, quando l’Aifa dichiarava che il ricovero in una struttura sanitaria, come previsto dalla legge 194, deve «essere garantito» «dall’assunzione del farmaco fino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza», e il comunicato stampa di ieri, in cui l’Aifa demanda alle Regioni le disposizioni per il corretto utilizzo del farmaco, in quello che Ognibene chiama un «federalismo abortivo che contraddice pesantemente le garanzie sbandierate a piena voce». In primo piano due dense pagine sul tema, sotto il titolo “Arriva l’ok. I dubbi restano”. Tutte le voci politiche – da Sacconi alla Roccella a Gasparri – riportate sono soddisfatte della decisione dell’Aifa; Lozano Barragan, presidente emerito del Pontificio consiglio per la salute, ieri ha fatto appello ai medici perché facciano obiezione di coscienza; il gruppo di studio GISAM-gruppo interdisciplinare studio aborto medico ha elaborato un documento informativo per le donne, che spiega come la sicurezza dell’aborto farmacologico sia veramente tale solo se tutta la procedura avviene in ospedale. Due pezzi interessanti: Basilio Tiso, direttore della Mangiagalli di Milano risponde così alla domanda sul cosa cambierà con la RU486: «Occorre tenere ricoverata la donna per almeno tre giorni, mentre ora la procedura abortiva si completa in sei: quindi penso che ne faremo a meno». Spiega cioè che per l’aborto farmacologico servono più tempo e più persone, che senza risorse aggiuntive questo andrebbe a scapito di altri servizi: «Ne vale la pena? A meno che si punti a portare l’aborto a domicilio». Di spalla un pezzo sulla sorprendente costanza degli aborti in Francia: 200mila casi all’anno, uno ogni tre bambini nati, il doppio della Germania. Le ragioni? Per AVVENIRE è la banalizzazione dell’aborto legata proprio alla RU486, scelta dal 30% delle donne che abortiscono e disponibile presso i centri di pianificazione familiare.
RELIGIONE
IL GIORNALE – Cinque pagine sul tema dello scontro sulla religione, due nelle pagine milanesi. Andrea Tornielli rilancia le parole del papa: «L’Europa è a rischio se dimentica le radici cristiane». Sempre Tornielli intervista il cardinal Martino che dice: « Gli immigrati devono integrarsi. Per la proposta dell’ora di religione islamica a scuola servono molti passaggi e prudenti considerazioni». Vincenzo la Manna torna sul no di Roberto Maroni all’idea di Urso. Intervento, a tutta pagina, di Giordano Bruno Guerri ottimista «Ma la libertà dell’Occidente sedurrà l’islam». A pag.47 Milano il titolo “Milano sarà la capitale della lotta ai kamikaze” annuncia il vertice in Prefettura con il ministro Maroni che vuole una norma ad hoc contro il terrorismo come è accaduta per Caserta per la camorra.
AVVENIRE – No all’ora di religione islamica nelle scuole italiane. AVVENIRE che il lunedì non è in edicola, torna oggi sul tema con l’editoriale di Giuseppe Dalla Torre. Si parli di Islam nell’ora di filosofia, storia, matematica ma ciò di cui hanno bisogno «i piccoli immigrati provenienti dall’Islam» è una conoscenza della nostra storia, della nostra cultura e anche della nostra religione per «favorire la comprensione del contesto culturale e sociale e quindi la loro integrazione». Al contrario verrebbe favorita la «ghettizzazione». Connessa a questo tema una breve che parla del boicottaggio di prodotti cristiani copti da parte dei musulmani d’Egitto. C’è Orascom, Avon, sette case farmaceutiche e l’invito a non comprare anelli di fidanzamento da gioiellieri copti.
IMMIGRAZIONE
IL MANIFESTO – “La rivolta dei clandestini” è il titolo dell’articolo a pag. 6 che racconta il presidio di 3mila africani arrivati da Castelvolturno a Roma in piazza Santi Apostoli. Chiedono l’estensione della sanatoria riservata solo a colf e badanti. Sono braccianti nelle campagne, fanno lavori durissimi, ma restano clandestini.
LA STAMPA – “I miserabili”: editoriale in prima pagina di Massimo Gramellini sul bambino morto a Napoli in una stamberga di venti metri quadri, i polmoni intasati dalle esalazioni di un piccolo braciere. Si chiamava Elvis, veniva da Capo Verde, aveva sei anni. «Da quando l’Enel aveva staccato la corrente che alimentava la stufetta elettrica, quel fuoco improvvisato e velenoso era diventato l’unica fonte di riscaldamento per tutta la famiglia. Non c’era altro calore, non c’era più cibo. Ed Elvis se n’è andato così, addosso alla madre agonizzante, la testa appoggiata al ventre da cui era uscito sei anni prima per la sua breve e infelice partecipazione alle vicende del pianeta Terra». «Mi sento totalmente inutile» scrive Gramellini «come giornalista e come essere umano, perché mi tocca raccontare ancora storie del genere, nel mio evoluto Paese. Ci riempiamo la bocca, io per primo, di parole superflue. Ci appassioniamo ai problemi di minoranze potenti e arroganti. E accanto a noi, in un silenzio distratto, si consumano le disfatte degli umili e dei mansueti».
GIORNALISTI
SOLE24ORE – Brutte notizie (per la stampa cartacea) da New York: il New York Times licenzierà 100 giornalisti entro la fine dell’anno. Si tratta dell’8% del totale e il taglio appena deliberato ne segue un altro che aveva “eliminato” 80 redattori. Singolare il metodo scelto: a tutti i componenti della redazione saranno offerti incentivi per lasciare la scrivania, e 45 giorni di tempo per decidere se accettare o no; se al 45esimo giorno non avranno deciso di andarsene almeno in 100, sarà la direzione a decidere chi sarà messo alla porta. Come dire: siete tutti uguali, cioè tutti inutili…
TRENI
LA STAMPA – “Colpa delle regioni se i treni dei pendolari sono lenti e sporchi”. Parla l’ad di Trenitalia Mauro Moretti, in un lungo colloquio in redazione a La Stampa. Lancia un’accusa contro le Regioni: sono loro a fare la differenza, «a stabilire quanto far pagare agli utenti e quanto porre a fiscalità generale. E così si fanno i contratti di servizio». «Noi siamo un’azienda che opera sul mercato» si difende l’ad dall’accusa di «un’Italia a due velocità, Frecciarossa e carro bestiame». Sulla Torino-Lione: «Spero che questa partita si sblocchi» e parla di «tempo speso» «per esaminare le varie soluzioni in modo partecipato». Sul debito di Trenitalia: «Abbiamo avviato la ricapitalizzazione, fatta conferendo asset interni, alcuni dei quali potranno essere venduti per migliorare la patrimonializzazione». L’ultima domanda de LA STAMPA è sul suo stipendio: l’ad di Trenitalia guadagna 650mila euro, più 150mila legati ai risultati.
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