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Mafia, il “papello” in prima pagina

Ecco le richieste della mafia allo Stato: i dubbi e i misteri di un documento in fotocopia

di Franco Bomprezzi

Il “papello” esiste davvero o è una colossale bufala? Oggi i giornali tirano fuori la fotocopia di un foglietto scritto a mano con le richieste allo Stato che Totò Riina avrebbe elencato per contrattare la cessazione della guerra di mafia nei primi anni ’90. La magistratura è cauta ma lavora attorno alle nuove rivelazioni. In ballo la credibilità dello Stato, il ruolo giocato dalla politica e dai servizi segreti, una nuova spiegazione della morte di Borsellino. Ecco come i giornali trattano il tema.

Il CORRIERE DELLA SERA di oggi apre con “Mafia, i misteri del papello”. Il figlio di Vito Ciancimino, Massimo, ha consegnato ai magistrati la copia di un documento (il “papello”) che elenca le richieste della mafia allo Stato per interrompere la stagione delle stragi. Si tratta di 12 richieste che secondo la versione di Giovanni Brusca sarebbero state elaborate da Totò Riina. Questi i punti: 1/revisione sentenza del maxi processo, 2/ annullamento del decreto 41 bis, 3/revisione legge Rognoni-La Torre, 4/riforma legge pentiti, 5/riconoscimento benefici dissociati – come per le brigate rosse- per condannati di mafia, 6/arresti domiciliari dopo 70 anni, 7/chiusura super carceri, 8/carcerazione vicino le case dei familiari, 9/niente censura posta familiari, 10/misure prevenzione –rapporto con familiari, 11/arresto solo fragranza (e non flagranza, ndr) reato, 12/levare tasse carburanti come ad Aosta. In allegato i nomi dei politici (Virginio Rognoni e Nicola Mancino). Giovanni Bianconi firma l’analisi (“La fotocopia e i dubbi”): «Al secondo piano del palazzo di giustizia si respira aria di prudenza. Perché quel pezzo di carta è arrivato dopo mesi di tira e molla con chi l’ha fatto recapitare: Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso Vito, principale e controverso testimone nell’inchiesta sui contatti tra boss e istituzioni avviati a cavallo delle stragi mafiose del ’92. E perché manca ancora l’originale sul quale poter fare perizie e ulteriori accertamenti per provare a stabilirne la provenienza. Ciancimino jr dice che sopra c’è un post-it vergato dal padre in cui è scritto che fu conse­gnato «spontaneamente» all’allora colonnello dei carabinieri Mario Mori, ma un foglietto ade­sivo si può applicare e riapplicare ovunque». Altri dubbi: «Come sanno bene i magistrati. Alcuni dei quali, per fare un altro esempio, sono rimasti perplessi leggendo che nel ’92 i capima­fia avessero in mente una legge sulla dissocia­zione da Cosa Nostra, sul modello di quella varata per gli ex terroristi. Un’idea comparsa in alcuni colloqui intercettati solo molto tempo dopo, e che sarà tentata da qualche capomafia che al tempo del papello era libero, seppure latitante. Pure Riina e Provenzano erano fuori, sembra­vano imprendibili e stavano mettendo in ginocchio lo Stato a suon di bombe; curioso che già immaginassero una via d’uscita da detenzioni ancora lontane. Anche la richiesta di chiudere le carceri speciali risulta un po’ strana, se scritta prima della strage di via D’Amelio, quando i boss detenuti erano ancora nelle prigioni ordinarie». Il CORRIERE ospita anche due reazioni. Quella dell’ex ministro della Difesa Virginio Rognoni (“Contatti? Mai saputo nulla e non ero più ministro”) e quella dello stesso Massimo Ciancimino che dice: “«Punti improponibili. Così papà li corresse»” e poi precisa: «La cosa che più gli stava a cuore (a Vito Ciancimino, ndr.) era l’aggiustamento del maxi processo. Gli altri punti erano troppo».

LA REPUBBLICA che apre sulla politica (“Scudo fiscale, l’allarme di Draghi) riserva il taglio centrale per “Magia, ecco il papello con 12 richieste dei boss”. Rivedere i maxi processi, abolire legislazione sui pentiti, rivedere la confisca dei beni, abolire il decreto sul 41bis, rivedere la Rognoni-La Torre chiudere i supercarceri e via chiedendo fino all’ultimo punto (defiscalizzare la benzina in Sicilia). Erano queste le richieste di Totò Riina per non fare più stragi. Era il 1992. Il papello era fra le carte Vito Ciancimino e suo figlio Massimo l’ha dato ai giudici: è l’indizio che trattative tra mafia e stato ebbero luogo. In altre carte citati potenti politici di allora: Nicola Mancino, Virginio Rognoni. In una breve, si dà conto del colloquio di 3 ore durante il quale l’ex ministro Claudio Martelli ha confermato agli investigatori quanto ha detto ad Annozero: Paolo Borsellino sapeva della trattativa tra Stato e mafia. Avrebbe anche detto di non aver compreso, fin qui (c’è da credergli?), la rilevanza della comunicazione di Liliana Ferraro (all’epoca direttore degli affari penali della giustizia). In tema di mafia, l’’intervento di Roberto Saviano, “Io, la mia scorta e il senso di solitudine”. Parte dalle considerazioni che il capo della mobile di Napoli ha fatto qualche giorno fa (Saviano non ha diritto alla scorta, in sostanza aveva detto), per sottolineare l’impressione di una rottura fra le forze dell’ordine e rivendicare l’orgoglio di chi racconta la camorra per sconfiggerla…

Tutt’altra versione per IL GIORNALE: “Il papello di Reina? Falso clamoroso” è il titolo a pag. 2 del pezzo a firma di Gian Marco Chiocci che scrive: «Eccolo, dopo 17 anni il papello. In straordinaria coincidenza con l’offensiva delle procure su Berlusconi, le tardive rivelazioni di ministri e magistrati, la comparsa di nuovi e illuminati pentiti, la puntata a tema di Annozero, finalmente su internet vede la luce il documento sulla «trattativa». O meglio l’«allegato» a quel papello. Si tratta di un manoscritto  di Vito Ciancimino che niente ha  a che fare con l’agognato originale vergato – così si è sempre detto – da Riina o Provenzano. E’ il foglio d’accompagnamento con le correzioni alle richieste iniziali  di Cosa nostra allo Stato per far cessare le stragi  del ’92». Chiocci continua la spiegazione dopo la pubblicazione sul sito de L’Espresso: «Sembra la pietra tombale per i carabinieri del Ros e per chi attraverso loro avrebbe intavolato una trattativa con Cosa nostra per interrompere le stragi, tentativo andato a vuoto se è vero che di lì a poco, dopo l’attentato  a Giovanni Falcone, morirà anche Paolo Borsellino. La prova del nove che mancava alla procura di Palermo. Ma i carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno di fronte alle rivelazioni de L’Espresso allargano le braccia e al GIORNALE ribattono: «Adesso denuncio tutti – dichiara Mori – resto basito. Perchè mai in vita mia ho visto quel documento pubblicato su internet, mai Vito Ciancimino me lo ha consegnato, mai ho avuto conoscenza di quei 12 punti e delle correzioni, così leggo, di Ciancimino. Per me è un falso clamoroso, è tutta una montatura. E il tempo lo dimostrerà». E infine ancora Mori dice: «Ma com’è possibile che in un momento così delicato per le inchieste il documento finisce subito pubblicato anziché restare nel segreto dell’inchiesta?».

IL SOLE24ORE apre sulla Banca del Sud e dedica un richiamo in prima pagina alla vicenda del “papello”. A pagina 19 l’articolo non aggiunge particolari rispetto alla cronaca stretta. Il titolo: “Mafia, ai pm la copia del papello”. Nell’articolo Martelli, che sta all’origine della storia con le sue dichiarazioni ad Annozero precisa. «Avevo parlato in numerose interviste dei miei dubbi sulla formazione del governo Amato nel 1992».

Richiamo fotografico in prima pagina, su AVVENIRE, e all’interno pezzo che titola “Patto Stato-mafia. I papelli ai giudici”. Un semplice pezzo che riassume l’inchiesta dell’Espresso cui segue la sintesi delle dichiarazioni di Claudio Martelli ieri ai pm, secondo cui Borsellino sapeva della trattativa fra stato e boss. Sentita ieri anche Liliana Ferraro, ex direttore degli affari penali al ministero della Giustizia e ora stretta collaboratrice di De Gennaro al Cesis: ha confermato questa tesi ma ha spiegato di non averla mia rivelata prima perché era nota anche ad altri soggetti istituzionali.

Il papello trova spazio in prima pagina de LA STAMPA: “Cosa nostra voleva benzina esentasse – Il papello di Riina affidato ai pm”, con un articolo dello storico cronista di cose di mafia de LA STAMPA Francesco La Licata. Oltre a elencare i contenuti del documento,  La Licata ne ricostruisce un po’ la storia : «E’ un misero foglio di carta, alquanto sgualcito, dove in caratteri a stampatello sono stati stilati dodici punti di richieste. Un foglio che, al bar Caflish di Mondello, Massimo Ciancimino prese dalle mani del “messaggero”, il medico mafioso Nino Cinà, per consegnarlo al padre. Operazione eseguita alla presenza del famigerato “signor Franco”, il mediatore dei servizi segreti ancora anonimo. Un semplice foglio di carta che ha tenuto in allerta per anni un esercito di investigatori. La caccia al “papello”, infatti, è in atto da quando il pentito Giovanni Brusca ne rivelò l’esistenza per dar forza all’ipotesi (allora era tale) che fra Stato e mafia si fosse svolta una trattativa che aveva visto protagonisti da un lato il capo di Cosa nostra, attraverso i buoni uffici dell’ex sindaco Vito Ciancimino, dall’altro il generale Mario Mori. Non si sa ancora – neppure i due processi celebrati a carico di ufficiali dei carabinieri hanno risolto l’enigma – se il Reparto operazioni speciali dell’Arma abbia agito per iniziativa propria, o se in qualche modo abbia avuto una qualche sollecitazione e copertura politiche. Il documento pervenuto alla magistratura palermitana è corredato da un post-it, con una annotazione attribuibile alla grafia di Vito Ciancimino che precisa: “Consegnata copia al col. dei CC Mori, del Ros”. Dal momento che Mori, ma anche il colonnello De Donno, altro polo della trattativa, hanno sempre negato di aver mai ricevuto il “papello” di cui parlò Brusca, spetterà ai magistrati stabilire se il post-it sia certamente da mettere in relazione al foglio oppure a una qualsiasi altra “cosa” che Ciancimino abbia consegnato ai carabinieri».

Al papello il MANIFESTO dedica solo l’articolo a pagina 5 di Sara Menafra “Ecco il «papello» di Riina. Dodici le richieste allo Stato”. «Il papello con le richieste della mafia allo stato c’è» è questa la notizia. Infatti Massimo Ciancimino ha consegnato mercoledì la prova che sconfessa le dichiarazioni del generale Mario Mori che negava l’esistenza di una trattativa. Ciancimino confermando la trattativa ha avvalorato l’ipotesi che «Paolo Borsellino sia stato ucciso con la complicità di apparati dello stato e proprio perchè aveva scoperto l’esistenza di quella trattativa  ed era intenzionato ad interromperla». Un’ipotesi questa per altro confermata anche dall’ex ministro della giustizia Claudio Martelli. Adesso le indagini devono continuare per capire «chi fosse il referente politico a cui Mori avrebbe dovuto riportare le richieste della mafia».
 
E inoltre sui giornali di oggi:


SUDAN
CORRIERE DELLA SERA – “Sette cristiani crocefissi in Sudan”. Gian Guido Vecchi raccoglie la testimonianza di un vescovo, Monsignor Hiiboro Kussala, che a Radio Vaticana durante il Sinodo in corso ha raccontato di un assalto a una chiesa da parte di guerriglieri addestrati da al Qaeda: «Il 13 agosto i ribelli sono entrati nella chiesa della mia parrocchia ed hanno preso tante persone in ostaggio. Mentre fuggivano nella foresta, ne hanno uccise sette: li hanno croci­fissi agli alberi». La crocifissione dei sette parrocchiani di monsignor Kussala non è un orrore isolato, «si verificano tanti drammi come questo», e d’altra parte «tutti questi gruppi hanno fucili, armi: credo ci sia la volontà di lasciare il Sud Sudan in difficoltà perché non abbia quella pace necessaria per preparare il referendum».

ABORTO
LA REPUBBLICA – S’intitola “La crociata di Spagna” il focus di R2 che dà conto della manifestazione contro Zapatero che si svolgerà domani a Madrid. Sono attesi due milioni e mezzo di persone per dire no all’aborto e alla norma che il premier spagnolo ha recentemente introdotto (la possibilità per le 16enni di abortire senza il consenso dei genitori). In prima fila ci sarà Aznar. In appoggio l’intervista ad Angela Vallvey, scrittrice e femminista, che critica la possibilità di abortire data alle ragazzine senza l’intervento e il consenso dei genitori. Nella, legge aggiunge, manca un programma per l’educazione alla contraccezione: «la vera modernità è mettere le donne in condizione di non abortire».

BANCA DEL SUD
IL GIORNALE – La pag.10 degli interni è dedicata alla banca del Mezzogiorno (banca del Sud è già un istituto registrato a Napoli) che il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, dice che «si ispira alla Francia, in particolare al Credit Agricole, perché nasce sul territorio». La ragione di questa novità: «Al Sud le banche raccolgono più denaro di quanto ne prestino e dunque è necessario un riequilibrio. La banca agirà come una struttura di servizio attraverso una rete di banche». Quando sarà attiva? «Il ministro intende affidare al Parlamento un ruolo attivo  nella definizione dell’istituto. E poi le poste potrebbero svolgere una funzione complementare e sussidiaria».

SOLE24ORE – “Tremonti: avrà poteri speciali di rilancio per le infrastrutture”. Una pagina spiega il funzionamento dei “trem bond”, titoli di risparmio emessi per il Mezzogiorno, “strumento innovativo per sostenere le imprese”. Si tratta di titoli di risparmio sotto varie forme con aliquota fiscale agevolata al 5%: « titoli di risparmio per l’economia del Mezzogiorno» la cui forma sarà «da definire» e andrà dai certificati ad altri titoli. Sarà un canale molto importante, ha detto il ministro, per lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno. I titoli potranno essere emessi dalla Banca del Mezzogiorno, ma anche da altri istituti di credito.  Positivo il commento di Ivanoe Lo Bello presidente di Confindustria Sicilia. Il commento della direzione: «l’idea di una banca etica che sia hub per i piccoli istituti già esistenti sul territorio è interessante, semmai rischia di avere un network un po’ fragile se gli sportelli di riferimento saranno poco più di 500, un piccola fetta sul totale, cospicuo, presente sul territorio. L’importante è che, alla lunga, questa iniziativa possa contribuire a creare, anche al Sud, una migliore capacità di valutazione del credito e di discernimento dei progetti effettivamente utili allo sviluppo. L’importante è che funzioni il mercato e che a nessuno venga in mente di trasformare questo progetto etico in un veicolo di gestione politica degli aiuti all’economia».

CLASS ACTION
ITALIA OGGI – “Una class action bidone”, titola in apertura il quotidiano giallo: il governo approva l’azione collettiva nei confronti della pubblica amministrazione, ma senza la possibilità di risarcimento del danno. Di fatto quindi «sarà solo uno strumento di stimolo per migliorare i servizi. Per attivare il servizio sarà obbligatoria una diffida preventiva e se l’ente non si adeguerà entro 90 giorni alla richiesta del ricorrente scatterà il giudizio davanti al Tar».

METALMECCANICI
IL MANIFESTO – “Contractors” è il titolo di apertura che si riferisce alla scelta di Fim e Uilm di firmare «con la Federmeccanica il nuovo contratto delle tute blu», questo, secondo il quotidiano comunista, «violando ogni regola della democrazia» perchè lo hanno fatto da minoranza imponendosi in maniera dittatoriale e sopratutto cancellando «i diritti di un milione e mezzo di lavoratori». Ma gli altri sindacati sono sul piede di guerra e annunciano scioperi.

IMMIGRAZIONE
LA STAMPA – “Nozze miste sempre più fragili”. I numeri dei matrimoni misti non sono incoraggianti. « Nel 2007 in Italia ci sono stati un quarto di milione di matrimoni. Un decimo, quello di coppie miste, secondo la classifica dei primi 15 Paesi di cittadinanza. Romania al primo posto, poi Ucraina, Brasile, Polonia, Russia, Moldova, Albania, Marocco e a seguire tutti gli altri. Nel 2007 ci sono stati oltre 50 mila divorzi e più di 80 mila separazioni, con un incremento tra l’1 e poco più del 2%. Il 10% sono di coppie miste. Tra le coppie miste separazioni e divorzi sono aumentati in sette anni di oltre il 70%. In sette casi su dieci è un italiano a separarsi da una donna straniera». Commenta la presidente del Centro per la Riforma del Diritto di Famiglia di Milano, Anna Galizia Danovi: «Il dissenso famigliare sta assumendo toni sempre più esasperati. Le coppie italiane prima e durante il matrimonio si confrontano poco. Per le coppie miste è pure peggio. Ci sono differenze di cultura, di lingua, di religione e di costume».

HOMELESS
AVVENIRE – In occasione della decima edizione della Notte dei senza dimora, che si celebra in concomitanza con la giornata mondiale di lotta contro la povertà, la Fiopsd, federazione degli organismi che si occupano di clochard, lancia l’allarme. In Italia sono in aumento: dai 50/75mila di due anni fa ai 150mila di oggi, che la Banca d’Italia stima essere addirittura 180mila. A peggiorare la situazione il decreto sicurezza, che prevede che gli italiani senza documenti devono dimostrare di risiedere in un alloggio compatibile con gli standard sanitari e istituisce il registro nazionale dei senza fissa dimora. I decreti attuativi dovrebbero arrivare a gennaio, ma intanto i comuni hanno già sospeso la concessione della residenza anagrafica, cioè la possibilità di eleggere a residenza una mensa per i poveri o un dormitorio o una via fittizia. E senza residenza, addio a tessera sanitaria, documenti, pensione. In teoria, spiega Paolo Pezzana presidente della Fiopsd – l’homeless illegale rischia arresto e processo. Per questo «molti si stanno tenendo alla larga dai centri di accoglienza e dalle unità di strada. Questo inverno potrebbe essere fatale a molti». E pure i volontari delle unità di strada non iscritti a un albo professionale rischiano. Di spalla intervista a Marco Quiroz, difensore civico della Provincia di Milano, che nel 1996 ideò la residenza anagrafica: «Non avrei timore di arrivare fino alla Corte costituzionale, c’è in ballo l’uguaglianza sostanziale di fronte alla legge». A chi obietta che il registro può essere uno strumento per aiutare, Quiroz replica: «Il cittadino deve essere aiutato dall’amministrazione a lui più prossima. Un registro nazionale a Roma, dov’è la prossimità per un milanese?».

BERLUSCONEIDE
LA REPUBBLICA – «Io sono buono e giusto, ma a volte i giornali sono troppo cattivi con me». Dalla Bulgaria, un premier versione Topo Gigio: «la cosa migliore è essere amati e io faccio di tutto per essere amato, non solo dai cittadini ma anche dai media. Sono una persona buona, forse troppo buona, sicuramente giusta e vorrei che questo fosse riconosciuto da tutti»…

ABRUZZO
CORRIERE DELLA SERA – “Azienda legata ai boss nei lavori per l’Abruzzo”: «Sono quattro i centri della Dia che avevano segnalato «collegamenti tra la società e personaggi ricon­ducibili alla famiglia mafiosa capeggiata dai fratelli Rinzivillo ». Ma questo non ha impedito alla Igc, Impresa Genera­le Costruzioni di Gela, di ottenere lavori per la ricostruzione del dopo terremoto in Abruzzo, nel cantiere di Bazzano. E adesso un rapporto della Direzione Investigativa Antimafia consegnato alla procura dell’Aquila denuncia l’infiltrazione delle cosche, sollecitando nuovi accerta­menti per scoprire in che modo la ditta sia riuscita ad aggirare le norme e ottenere gli incarichi. Verifiche che sono state estese anche alle altre commesse ottenute dall’impresa siciliana: la nuova metropolitana «M5» di Milano, la Tav tratta Parma-Reggio Emilia e due gallerie dell’auto­strada Catania-Siracusa».

BRASILE
LA STAMPA – Paolino Manzo ci racconta il fenomeno Lula, che in poco tempo ha portato a casa Mondiali di calcio, Olimpiadi  e ieri il seggio al Consiglio di Sicurezza Onu: «Il suo successo, però, non è casuale, ha una strategia ben precisa. E non può non essere spiegato se non si tirano in ballo quattro personaggi fondamentali.  (…) Il primo è il ministro degli Esteri Celso Amorim. Il suo motto è riassunto nelle parole di Hegel: “La quantità altera e cambia la qualità”. E i numeri gli danno ragione e mostrano il nuovo ruolo del Brasile nel mondo: 35 ambasciate nuove di zecca aperte dal 2003, la maggior parte in Paesi africani e caraibici, 45 paesi visitati da Lula negli ultimi tre anni. (…) Anche con la sinistra radicale però, grazie a Marco Aurelio Garcia, 68 anni, consigliere personale del presidente per la politica internazionale, Lula ha saputo imporsi. Laureato in filosofia e diritto, dal ’70 al ’79 esule prima nel Cile di Allende e poi in Francia, Marco Aurelio è un abile stratega e, grazie alla sua capacità di dialogare con tutti, copre le spalle a Lula in ambienti poco teneri con la socialdemocrazia, come per esempio il Forum Sociale Mondiale. L’italo-brasiliano Guido Mantega, nato a Genova 60 anni fa, è il terzo personaggio chiave dei successi di Lula. Ministro dell’Economia, keynesiano di impostazione, è stato lui il promotore delle politiche di espansione del credito che hanno consentito al Brasile di uscire prima e meglio degli altri dalla crisi, grazie al boom della domanda interna. In questa operazione di stimolo è stato aiutato da Alessandro Teixeira, presidente dell’Apex, l’agenzia brasiliana per la promozione degli investimenti e del commercio. Gaucho di Porto Alegre, è lui alla guida del principale motore dell’export verde-oro nel mondo, tassello decisivo del grande affresco che vede il Brasile di Lula alla conquista del mondo globale».


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